Κεφ. η'.

ΛΑΚΥΔΗΣ

[59] Λακύδης Ἀλεξάνδρου Κυρηναῖος. οὗτός ἐστιν ὁ τῆς νέας Ἀκαδημείας κατάρξας καὶ Ἀρκεσίλαον διαδεξάμενος, ἀνὴρ σεμνότατος καὶ οὐκ ὀλίγους ἐσχηκὼς ζηλωτάς˙ φιλόπονός τε ἐκ νέου καὶ πένης μέν, εὔχαρις δ' ἄλλως καὶ εὐόμιλος. τοῦτόν φασι καὶ περὶ οἰκονομίαν γλισχρότατα ἐσχηκέναι˙ ἐπειδὰν γάρ τι προέλοι τοῦ ταμείου, σφραγισάμενος πάλιν εἴσω τὸν δακτύλιον διὰ τῆς ὀπῆς ἐρρίπτει, ὡς μηδέποτ' αὐτοῦ περιαιρεθείη τι καὶ βασταχθείη τῶν ἀποκειμένων, μαθόντα δὴ τοῦτο τὰ θεραπόντια ἀπεσφράγιζε καὶ ὅσα ἐβούλετο ἐβάσταζεν˙ ἔπειτα τὸν δακτύλιον τὸν αὐτὸν τρόπον διὰ τῆς ὀπῆς ἐνίει εἰς τὴν στοάν˙ καὶ τοῦτο ποιοῦντα οὐδεπώποτε ἐφωράθη.

Capitolo VIII

LACIDE

[59] Lacide, figlio di Alessandro, nacque a Cirene. Fondò la Nuova Academia 133* e successe ad Arcesilao. Fu uomo molto grave ed ebbe non pochi ammiratori; pieno di zelo fin dalla giovine età e povero, riusciva tuttavia gradito per i suoi modi e per la sua amabile conversazione. Dicono che nell'amministrazione domestica si sia comportato da uomo molto avaro: 134* ogni volta che avesse prelevato qualcosa dalla sua dispensa, richiudeva la porta d'ingresso col sigillo e gettava l'anello col sigillo dentro attraverso una fessura, per prevenire furti o asportazioni di quel che v'era depositato. Quei furfantelli di servi, notato il fatto, rompevano il sigillo e portavano via quel che volessero e nello stesso modo attraverso la fessura riponevano il sigillo nella camera. Pur ripetendo i furti, non furono mai scoperti.