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| [69] Ἕρμιππος (FHG III. 42) δέ φησι Πάνθειάν τινα Ἀκραγαντίνην ἀπηλπισμένην ὑπὸ τῶν ἰατρῶν θεραπεῦσαι αὐτὸν καὶ διὰ τοῦτο τὴν θυσίαν ἐπιτελεῖν˙ τοὺς δὲ κληθέντας εἶναι πρὸς τοὺς ὀγδοήκοντα. Ἱππόβοτος δέ φησιν ἐξαναστάντα αὐτὸν ὡδευκέναι ὡς ἐπὶ τὴν Αἴτνην, εἶτα παραγενόμενον ἐπὶ τοὺς κρατῆρας τοῦ πυρὸς ἐναλέσθαι καὶ ἀφανισθῆναι, βουλόμενον τὴν περὶ αὑτοῦ φήμην βεβαιῶσαι ὅτι γεγόνοι θεός, ὕστερον δὲ γνωσθῆναι, ἀναρριπισθείσης αὐτοῦ μιᾶς τῶν κρηπίδων˙ χαλκᾶς γὰρ εἴθιστο ὑποδεῖσθαι. | [69] Ermippo 184* riferisce che egli curò una tal Pantea di Agrigento, cui i medici avevano tolto ogni speranza, e che per questo compì un sacrificio; quelli che erano stati invitati ad assistervi erano circa ottanta. 185* Ippoboto riferisce che egli, levatosi, si diresse all'Etna e, giunto ai crateri di fuoco, vi si lanciò e scomparve, volendo confermare la fama che correva intorno a lui, che era diventato dio. Successivamente fu riconosciuta la verità, poiché uno dei suoi calzari fu rilanciato in alto; infatti, egli era solito usare calzari di bronzo. |