[72] Πάντα τῶν σοφῶν εἶναι λέγων καὶ τοιούτους λόγους ἐρωτῶν οἵους ἄνω προειρήκαμεν˙ πάντα τῶν θεῶν ἐστι˙ φίλοι δὲ τοῖς σοφοῖς οἱ θεοί˙ κοινὰ δὲ τὰ τῶν φίλων˙ πάντα ἄρα τῶν σοφῶν. περί τε τοῦ νόμου ὅτι χωρὶς αὐτοῦ οὐχ οἷόν τε πολιτεύεσθαι˙ οὐ γάρ φησιν ἄνευ πόλεως ὄφελός τι εἶναι ἀστείου˙ ἀστεῖον δὲ ἡ πόλις˙ νόμου δὲ ἄνευ πόλεως οὐδὲν ὄφελος˙ ἀστεῖον ἄρα ὁ νόμος.




εὐγενείας δὲ καὶ δόξας καὶ τὰ τοιαῦτα πάντα διέπαιζε, προκοσμήματα κακίας εἶναι λέγων˙ μόνην τε ὀρθὴν πολιτείαν εἶναι τὴν ἐν κόσμῳ. ἔλεγε δὲ καὶ κοινὰς εἶναι δεῖν τὰς γυναῖκας, γάμον μηδὲ ὀνομάζων, ἀλλὰ τὸν πείσαντα τῇ πεισθείσῃ συνεῖναι˙ κοινοὺς δὲ διὰ τοῦτο καὶ τοὺς υἱέας.

[72] Sosteneva che tutto appartiene ai sapienti e lo dimostrava con gli argomenti che abbiamo precedentemente riportati. 127* Tutto appartiene agli dèi; gli dèi sono amici dei sapienti; comuni sono i beni degli amici. Tutto dunque appartiene ai sapienti. E per quel che riguarda la legge (secondo Diogene) non è possibile la vita di uno Stato senza la legge. Egli nega che senza una città (o costituzione politica) esista qualche utilità di un'ordinata comunità cittadina. La città è un'ordinata comunità cittadina; senza città non v'è utilità della legge; la legge s'identifica dunque con un'ordinata comunità cittadina. 128* Volgeva in ridicolo la nobiltà di natali, la reputazione e simili, giudicandoli appariscenti ornamenti del vizio. L'unica retta costituzione politica secondo Diogene era quella che regola l'universo. Ammetteva la comunanza delle donne, non riconosceva il matrimonio, ma la convivenza concordata tra uomo e donna. In conseguenza, anche i figli dovevano essere comuni.