[74] Διετέλουν δὴ οἱ σκεπτικοὶ τὰ τῶν αἱρέσεων δόγματα πάντα ἀνατρέποντες, αὐτοὶ δ' οὐδὲν ἀποφαίνονται δογματικῶς, ἕως δὲ τοῦ προφέρεσθαι τὰ τῶν ἄλλων καὶ διηγεῖσθαι μηδὲν ὁρίζοντες, μηδ' αὐτὸ τοῦτο. ὥστε καὶ τὸ μὴ ὁρίζειν ἀνῄρουν, λέγοντες οἷον Οὐδὲν ὁρίζομεν, ἐπεὶ ὥριζον ἄν˙ προφερόμεθα δέ, φασί, τὰς ἀποφάσεις εἰς μήνυσιν τῆς ἀπροπτωσίας, ὡς, εἰ καὶ νεύσαντας, τοῦτο ἐνεδέχετο δηλῶσαι˙ διὰ τῆς οὖν Οὐδὲν ὁρίζομεν φωνῆς τὸ τῆς ἀρρεψίας πάθος δηλοῦται˙





ὁμοίως δὲ καὶ διὰ τῆς Οὐδὲν μᾶλλον καὶ τῆς Παντὶ λόγῳ λόγος ἀντίκειται καὶ τῶν ὁμοίων.

[74] Gli Scettici erano continuamente impegnati a capovolgere tutti i dogmi delle scuole né essi mai si espressero dogmaticamente. Essi si limitavano a proporre e a riferire i dogmi degli altri senza mai accedere a definizioni, anzi senza neppure affermare che essi non facevano alcuna definizione. Sì che essi eliminavano anche il non definire e quindi non affermavano: «Nulla noi definiamo», 239* perché altrimenti con ciò stesso avrebbero dato una definizione. Essi dicono: «Noi proponiamo le teorie altrui per indicare il nostro atteggiamento non precipitoso, ma cauto», come se fosse loro possibile indicare ciò con un semplice cenno della testa. Per mezzo della sentenza: «Nulla noi definiamo», viene indicata la condizione spirituale dell'equilibrio (ἀρρεψία).
E così ugualmente, anche per mezzo dell'altra sentenza: «Non più (una cosa che un'altra)» o dell'altra in cui ad ogni proposizione è contrapposta una proposizione.