[38] ἀνάγκη γὰρ τὸ πρῶτον ἐννόημα καθ' ἕκαστον φθόγγον βλέπεσθαι καὶ μηθὲν ἀποδείξεως προσδεῖσθαι, εἴπερ ἕξομεν τὸ ζητούμενον ἢ ἀπορούμενον καὶ δοξαζόμενον ἐφ' ὃ ἀνάξομεν.

Ἔτι τε κατὰ τὰς αἰσθήσεις δεῖ πάντα τηρεῖν καὶ ἁπλῶς τὰς παρούσας ἐπιβολὰς εἴτε διανοίας εἴθ' ὅτου δήποτε τῶν κριτηρίων, ὁμοίως δὲ καὶ τὰ ὑπάρχοντα πάθη, ὅπως ἂν καὶ τὸ προσμένον καὶ τὸ ἄδηλον ἔχωμεν οἷς σημειωσόμεθα.


Ταῦτα δεῖ διαλαβόντας συνορᾶν ἤδη περὶ τῶν ἀδήλων˙ πρῶτον μὲν ὅτι οὐθὲν γίνεται ἐκ τοῦ μὴ ὄντος. πᾶν γὰρ ἐκ παντὸς ἐγίνετ' ἂν σπερμάτων γε οὐθὲν προσδεόμενον.

[38] È necessario infatti che l'originario pensiero che giace in ogni singolo termine sia colto con immediatezza e non abbia bisogno d'ulteriore prova o dimostrazione, se è vero che dobbiamo avere un punto di riferimento per ogni quesito o dubbio o opinione.
Dobbiamo in ogni modo tener ferme le nostre sensazioni e, semplicemente, le immediate intuizioni o della mente o di un qualsiasi altro criterio discriminante, e ugualmente anche le nostre affezioni o sentimenti di quel momento, sì che noi abbiamo la possibilità di fare induzioni sia su ciò che aspetta conferma sia su ciò che sfugge all'àmbito dei sensi.

La chiara acquisizione di questi principi consente ormai di considerare generalmente ciò che sfugge all'àmbito dei sensi. In primo luogo nulla nasce dal non essere. Altrimenti tutto nascerebbe da tutto e nessuna cosa avrebbe bisogno di semi propri.