[89] ἡ δὲ τοῦ ἀλγοῦντος ὑπεξαίρεσις, ὡς εἴρηται παρ' Ἐπικούρῳ, δοκεῖ αὐτοῖς μὴ εἶναι ἡδονή˙ οὐδὲ ἡ ἀηδονία ἀλγηδών. ἐν κινήσει γὰρ εἶναι ἀμφότερα, μὴ οὔσης τῆς ἀπονίας ἢ τῆς ἀηδονίας κινήσεως, ἐπεὶ ἡ ἀπονία οἱονεὶ καθεύδοντός ἐστι κατάστασις.


δύνασθαι δέ φασι καὶ τὴν ἡδονήν τινας μὴ αἱρεῖσθαι κατὰ διαστροφήν˙ οὐ πάσας μέντοι τὰς ψυχικὰς ἡδονὰς καὶ ἀλγηδόνας ἐπὶ σωματικαῖς ἡδοναῖς καὶ ἀλγηδόσι γίνεσθαι. καὶ γὰρ ἐπὶ ψιλῇ τῇ τῆς πατρίδος εὐημερίᾳ ὥσπερ τῇ ἰδίᾳ χαρὰν ἐγγίνεσθαι. ἀλλὰ μὴν οὐδὲ κατὰ μνήμην τῶν ἀγαθῶν ἢ προσδοκίαν ἡδονήν φασιν ἀποτελεῖσθαι˙ ὅπερ ἤρεσκεν Ἐπικούρῳ
(Usener 453).

[89] La rimozione del dolore, che è difesa da Epicuro, 240* sembra a loro che non sia piacere, e neppure l'assenza di piacere è dolore. Piacere e dolore sono in movimento, poiché né l'assenza di dolore né l'assenza di piacere è movimento, ché anzi l'assenza di dolore è quasi come lo stato del dormiente. Essi affermano che alcuni non possono conseguire il piacere perché hanno le menti pervertite, perché non tutti i piaceri e dolori dell'anima sono determinati da piaceri e dolori fisici. E invero la gioia ci può derivare dalla pura e semplice prosperità della patria, come se fosse la nostra. E tuttavia essi negano che il piacere possa essere determinato dal ricordo o dall'aspettativa dei beni: questa fu la teoria di Epicuro. 241*