[91] Ἀρέσκει δ' αὐτοῖς μήτε τὸν σοφὸν πάντα ἡδέως ζῆν, μήτε πάντα φαῦλον ἐπιπόνως, ἀλλὰ κατὰ τὸ πλεῖστον. ἀρκεῖ δὲ κἂν κατὰ μίαν τις προσπίπτουσαν ἡδέως ἐπανάγῃ. τὴν φρόνησιν ἀγαθὸν μὲν εἶναι λέγουσιν, οὐ δι' ἑαυτὴν δὲ αἱρετήν, ἀλλὰ διὰ τὰ ἐξ αὐτῆς περιγινόμενα˙ τὸν φίλον τῆς χρείας ἕνεκα˙ καὶ γὰρ μέρος σώματος, μέχρις ἂν παρῇ, ἀσπάζεσθαι. τῶν ἀρετῶν ἐνίας καὶ περὶ τοὺς ἄφρονας συνίστασθαι. τὴν σωματικὴν ἄσκησιν συμβάλλεσθαι πρὸς ἀρετῆς ἀνάληψιν.

τὸν σοφὸν μήτε φθονήσειν μήτε ἐρασθήσεσθαι ἢ δεισιδαιμονήσειν˙ γίνεσθαι γὰρ ταῦτα παρὰ κενὴν δόξαν. λυπήσεσθαι μέντοι καὶ φοβήσεσθαι˙ φυσικῶς γὰρ γίνεσθαι.

[91] Essi sostengono che né ogni sapiente vive sempre piacevolmente, né ogni sciocco sempre penosamente, ma nella maggioranza dei casi è così. È sufficiente che noi godiamo di ogni singolo piacere che ci capiti. Essi affermano che la prudenza è un bene, non per se stessa desiderabile, ma per le sue conseguenze; 243* l'amicizia nasce dal bisogno 244* ché noi amiamo una parte del corpo finché l'abbiamo. Alcune virtù si trovano anche negli stolti; l'allenamento del corpo contribuisce all'acquisto della virtù. Il sapiente non proverà invidia né amore né superstizione, poiché questi sentimenti sono dovuti a vana opinione; ma proverà dolore e timore perché questi sono sentimenti naturali.