[91] οὐδὲ γὰρ τὸ τέτταρα εἶναι τὰ στοιχεῖα ἐκ τοῦ τέτταρα εἶναι τὰ στοιχεῖα βεβαιωτέον. πρὸς τῷ, καὶ τῶν κατὰ μέρος ἀποδείξεων ἀπιστουμένων ἄπιστον εἶναι καὶ τὴν γενικὴν ἀπόδειξιν. ἵνα τε γνῶμεν ὅτι ἔστιν ἀπόδειξις, κριτηρίου δεῖ˙ καὶ ὅτι ἔστι κριτήριον, ἀποδείξεως δεῖ˙ ὅθεν ἑκάτερα ἀκατάληπτα ἀναπεμπόμενα ἐπ' ἄλληλα. πῶς ἂν οὖν καταλαμβάνοιτο τὰ ἄδηλα τῆς ἀποδείξεως ἀγνοουμένης; ζητεῖται δ' οὐκ εἰ φαίνεται τοιαῦτα, ἀλλ' εἰ καθ' ὑπόστασιν οὕτως ἔχει.



Εὐήθεις δὲ τοὺς δογματικοὺς ἀπέφαινον. τὸ γὰρ ἐξ ὑποθέσεως περαινόμενον οὐ σκέψεως ἀλλὰ θέσεως ἔχει λόγον.
τοιούτῳ δὲ λόγῳ καὶ ὑπὲρ ἀδυνάτων ἔστιν ἐπιχειρεῖν.

[91] Né bisogna confermare l'esistenza dei quattro elementi col fatto che esistono i quattro elementi. Inoltre, se le dimostrazioni particolari sono indegne di fede, necessariamente anche la dimostrazione generale deve essere respinta come non valida. Per riconoscere la validità di una dimostrazione, essa ha bisogno di un criterio; e per riconoscere la validità di un criterio, esso ha bisogno di una dimostrazione; poiché, dunque, l'una si rimanda all'altra e viceversa, né l'una né l'altra sono conoscibili. Se si ignora la dimostrazione, in che modo si può apprendere ciò che è oscuro e incerto? La questione, dunque, non è se le cose appaiono tali, ma se sono realmente così nella loro sostanza.
Gli Scettici chiamano stolti i filosofi dogmatici, perché ciò che si evince per via di ipotesi non ha il significato di una vera e propria indagine
(σκέψις), ma di mero assunto (θέσις).
Con un siffatto procedimento si possono dimostrare anche cose impossibili.