[94] Τό τε πεῖθον οὐχ ὑποληπτέον ἀληθὲς ὑπάρχειν˙ οὐ γὰρ πάντας τὸ αὐτὸ πείθειν οὐδὲ τοὺς αὐτοὺς συνεχές. γίνεται δὲ καὶ παρὰ τὰ ἐκτὸς ἡ πιθανότης, παρὰ τὸ ἔνδοξον τοῦ λέγοντος ἢ παρὰ τὸ φροντιστικὸν ἢ παρὰ τὸ αἱμύλον ἢ παρὰ τὸ σύνηθες ἢ παρὰ τὸ κεχαρισμένον.

Ἀνῄρουν δὲ καὶ τὸ κριτήριον λόγῳ τοιῷδε. ἤτοι κέκριται καὶ τὸ κριτήριον ἢ ἄκριτόν ἐστιν. ἀλλ' εἰ μὲν ἄκριτόν ἐστιν, ἄπιστον καθέστηκε καὶ διημάρτηκε τοῦ ἀληθοῦς καὶ τοῦ ψεύδους˙ εἰ δὲ κέκριται, ἓν τῶν κατὰ μέρος γενήσεται κρινομένων, ὥστ' ἐὰν τὸ αὐτὸ καὶ κρίνῃ καὶ κρίνηται, τὸ κεκρικὸς τὸ κριτήριον ὑφ' ἑτέρου κριθήσεται κἀκεῖνο ὑπ' ἄλλου καὶ οὕτως εἰς ἄπειρον.
[94] Inoltre non si deve ammettere che sia vero ciò che ha potenza di convinzione. Perché la stessa cosa non convince tutti né gli stessi sempre. E la capacità di persuasione dipende da circostanze esterne e dalla fama dell'oratore o dalla sua profondità di pensiero, o dalla sua cortesia o dal tono familiare o grazioso della sua oratoria.
Eliminavano anche il criterio, ragionando così. Il criterio o ha una base critica oppure non l'ha. Se non l'ha, è privo di credibilità e non è in grado di cogliere né il vero né il falso. Se il criterio ha fondamento critico, avrà il ruolo di un giudizio particolare e singolo, così che, se la stessa cosa vale come giudicante e giudicata, ciò che ha criticamente determinato il criterio 251* sarà criticato da un altro e questo a sua volta da un altro, e così via all'infinito.