[96] Σημεῖόν τε οὐκ εἶναι˙ εἰ γάρ ἐστι, φασί, σημεῖον, ἤτοι αἰσθητόν ἐστιν ἢ νοητόν˙ αἰσθητὸν μὲν οὖν οὐκ ἔστιν, ἐπεὶ τὸ αἰσθητὸν κοινόν ἐστι, τὸ δὲ σημεῖον ἴδιον. καὶ τὸ μὲν αἰσθητὸν τῶν κατὰ διαφοράν, τὸ δὲ σημεῖον τῶν πρός τι. νοητὸν δ' οὐκ ἔστιν, ἐπεὶ τὸ νοητὸν ἤτοι φαινόμενόν ἐστι φαινομένου ἢ ἀφανὲς ἀφανοῦς ἢ ἀφανὲς φαινομένου ἢ φαινόμενον ἀφανοῦς˙

οὐδὲν δὲ τούτων ἐστιν˙ οὐκ ἄρ' ἐστὶ σημεῖον. φαινόμενον μὲν οὖν φαινομένου οὐκ ἔστιν, ἐπεὶ τὸ φαινόμενον οὐ δεῖται σημείου˙ ἀφανὲς δ' ἀφανοῦς οὐκ ἔστιν, ἐπεὶ δεῖ φαίνεσθαι τὸ ἐκκαλυπτόμενον ὑπό τινος˙
[96] Gli Scettici negano che esista un segno (σημεῖον), argomentando così: se esiste un segno, esso o è sensibile o intelligibile; ora un segno non è sensibile, perché il sensibile è un attributo comune, il segno è particolare. Il sensibile caratterizza ciò che si diversifica in sé e per sé, il segno caratterizza ciò che è relativo. Né un segno è intelligibile, perché l'intelligibile è apparizione di un fenomeno o assenza di apparizione di ciò che non è fenomenico, o assenza di apparizione di un fenomeno o apparizione di ciò che non è fenomenico. Il segno non è nulla di tutto questo, perciò non esiste. Non è apparizione di un fenomeno, perché il fenomeno non ha bisogno di un segno; non è assenza di apparizione di ciò che non è fenomenico, perché ciò che è rivelato da qualcosa deve apparire;