[97] τόν τε φίλον μὴ διὰ τὰς χρείας μόνον ἀποδέχεσθαι ὧν ὑπολειπουσῶν μὴ ἐπιστρέφεσθαι, ἀλλὰ καὶ παρὰ τὴν γεγονυῖαν εὔνοιαν, ἧς ἕνεκα καὶ πόνους ὑπομενεῖν. καίτοι τιθέμενον ἡδονὴν τέλος καὶ ἀχθόμενον ἐπὶ τῷ στέρεσθαι αὐτῆς ὅμως ἑκουσίως ὑπομενεῖν διὰ τὴν πρὸς τὸν φίλον στοργήν.

Οἱ δὲ Θεοδώρειοι κληθέντες τὴν μὲν ὀνομασίαν ἔσπασαν ἀπὸ Θεοδώρου τοῦ προγεγραμμένου, καὶ δόγμασιν ἐχρήσαντο τοῖς αὐτοῦ. ἦν δ' ὁ Θεόδωρος παντάπασιν ἀναιρῶν τὰς περὶ θεῶν δόξας˙ καὶ αὐτοῦ περιετύχομεν βιβλίῳ ἐπιγεγραμμένῳ Περὶ θεῶν, οὐκ εὐκαταφρονήτῳ˙ ἐξ οὗ φασιν Ἐπίκουρον λαβόντα τὰ πλεῖστα εἰπεῖν.

[97] Non bisogna farsi l'amico solo per motivi di interesse (altrimenti, venuti meno questi motivi, bisognerebbe allontanarsene), ma anche per un sentimento di benevolenza, per cui siamo disposti ad affrontare anche disagi. Ed infatti, pur avendo come fine il piacere e pur affliggendoci se ne siamo privati, dobbiamo tuttavia sopportare volentieri per amore dell'amico.
I così detti Teodorei trassero la loro denominazione da Teodoro, già sopra menzionato, e ne seguirono la dottrina. Teodoro eliminò radicalmente le comuni credenze negli dèi e ci è occorso di leggere un suo libro Degli dèi punto spregevole. Secondo alcuni anzi questo libro fu la fonte preminente di Epicuro. 257*