[49] Δεῖ δὲ καὶ νομίζειν ἐπεισιόντος τινὸς ἀπὸ τῶν ἔξωθεν τὰς μορφὰς ὁρᾶν ἡμᾶς καὶ διανοεῖσθαι˙ οὐ γὰρ ἂν ἐναποσφραγίσαιτο τὰ ἔξω τὴν ἑαυτῶν φύσιν τοῦ τε χρώματος καὶ τῆς μορφῆς διὰ τοῦ ἀέρος τοῦ μεταξὺ ἡμῶν τε κἀκείνων, οὐδὲ διὰ τῶν ἀκτίνων ἢ ὡνδήποτε ῥευμάτων ἀφ' ἡμῶν πρὸς ἐκεῖνα παραγινομένων, οὕτως ὡς τύπων τινῶν ἐπεισιόντων ἡμῖν ἀπὸ τῶν πραγμάτων ὁμοχρόων τε καὶ ὁμοιομόρφων κατὰ τὸ ἐναρμόττον μέγεθος εἰς τὴν ὄψιν ἢ τὴν διάνοιαν, [49] Bisogna anche tener per fermo che è per la penetrazione in noi di qualcosa dall'esterno che vediamo le figure delle cose e le facciamo oggetto del nostro pensiero. Né le cose esterne potrebbero imprimere in noi il loro proprio colore naturale e la loro forma naturale per mezzo dell'aria che è tra noi ed esse né per mezzo di raggi o correnti di qualsiasi specie che si muovono da noi ad esse così chiaramente come quando entrano in noi alcune impressioni che sono di colore e forma uguali alle cose e che nella grandezza conveniente alla nostra vista e al nostro pensiero penetrano