[108] οὔτε γὰρ τάδε ἑλούμεθα ἢ ταῦτα φευξόμεθα ὅσα περὶ ἡμᾶς ἐστι˙ τὰ δ' ὅσα μή ἐστι περὶ ἡμᾶς, ἀλλὰ κατ' ἀνάγκην, οὐ δυνάμεθα φεύγειν, ὡς τὸ πεινῆν καὶ διψῆν καὶ ἀλγεῖν˙ οὐκ ἔστι γὰρ λόγῳ περιελεῖν ταῦτα.


λεγόντων δὲ τῶν δογματικῶν ὡς δυνήσεται βιοῦν ὁ σκεπτικὸς μὴ φεύγων τό, εἰ κελευσθείη, κρεουργεῖν τὸν πατέρα, φασὶν οἱ σκεπτικοὶ περὶ τῶν δογματικῶν ὡς δυνήσεται βιοῦν ζητήσεων ἀπέχων, οὐ περὶ τῶν βιωτικῶν καὶ τηρητικῶν˙ ὥστε καὶ αἱρούμεθά τι κατὰ τὴν συνήθειαν καὶ φεύγομεν καὶ νόμοις χρώμεθα. τινὲς δὲ καὶ τὴν ἀπάθειαν ἄλλοι δὲ τὴν πραότητα τέλος εἰπεῖν φασι τοὺς σκεπτικούς.

[108] Né per quel che dipende da noi, 262* questo sceglieremo o quello eviteremo; e per quel che non dipende da noi, ma è determinato dalla necessità, nulla possiamo evitare, come la fame, la sete e il dolore: sono, infatti, cose che non si possono eliminare con la semplice forza della ragione. I Dogmatici obbiettano che lo scettico potrà vivere a patto che non si opponga neppure ad eseguire l'ordine di squartare il padre. Gli Scettici controbbiettano che lo scettico potrà vivere perché si comporterà in modo tale 263* da sospendere il giudizio sulle questioni puramente dogmatiche, ma non sulle questioni inerenti alla vita e alla sua conservazione. Sì che scegliamo ed evitiamo, lasciandoci guidare dall'osservazione ordinaria della vita quotidiana e ci atteniamo alle leggi. Secondo altri, il fine degli Scettici è l'impassibilità (ἀπάθεια), secondo altri ancora la mitezza (πρᾳότης).