[109] τῶν δὲ πρός τι λεγομένων ὅσα προσδεῖταί τινος ἑρμηνείας, οἷον τὸ μεῖζόν τινος καὶ τὸ θᾶττόν τινος καὶ τὸ κάλλιον καὶ τὰ τοιαῦτα˙ τό τε γὰρ μεῖζον ἐλάττονός ἐστι μεῖζον καὶ τὸ θᾶττόν τινός ἐστι 〈θᾶττον〉. τῶν ὄντων ἄρα τὰ μὲν αὐτὰ καθ' αὑτὰ λέγεται, τὰ δὲ πρός τι. ὧδε καὶ τὰ πρῶτα διῄρει κατὰ τὸν Ἀριστοτέλην.


Γέγονε δὲ καὶ ἄλλος Πλάτων φιλόσοφος Ῥόδιος, μαθητὴς Παναιτίου, καθά φησι Σέλευκος ὁ γραμματικὸς ἐν πρώτῳ Περὶ φιλοσοφίας
(FHG III. 500)˙ καὶ ἄλλος, περιπατητικός, μαθητὴς Ἀριστοτέλους˙ καὶ ἕτερος Πραξιφάνους˙ καὶ ὁ τῆς ἀρχαίας κωμῳδίας ποιητής.

[109] Le cose che si dicono in relazione ad altre hanno bisogno di spiegazione, come ciò che è più grande di qualcosa o più veloce o più bello e simili; infatti la cosa maggiore implica una minore e la cosa più veloce è più veloce di un'altra. Delle cose dunque che sono, alcune sono assolute, altre relative. Così egli distingueva anche le cose primarie, secondo Aristotele.
Visse anche un altro Platone filosofo, di Rodi, discepolo di Panezio, 218* come dice il grammatico Seleuco nel primo libro Della filosofia; un altro, peripatetico, allievo di Aristotele; ed un altro, allievo di Prassifane; 219* infine un altro, poeta della commedia arcaica.