[113] Ἦν δὲ καὶ ὀξὺς νοῆσαι καὶ διαμυκτηρίσαι˙ φιλογράμματός τε καὶ τοῖς ποιηταῖς μύθους γράψαι ἱκανὸς καὶ δράματα συνδιατιθέναι.



μετεδίδου δὲ τῶν τραγῳδιῶν Ἀλεξάνδρῳ καὶ Ὁμήρῳ. θορυβούμενός θ' ὑπὸ τῶν θεραπαινῶν καὶ κυνῶν ἐποίει μηδέν, σπουδάζων περὶ τὸ ἠρεμάζειν. φασὶ δὲ καὶ Ἄρατον πυθέσθαι αὐτοῦ πῶς τὴν Ὁμήρου ποίησιν ἀσφαλῆ κτήσαιτο, τὸν δὲ εἰπεῖν, "εἰ τοῖς ἀρχαίοις ἀντιγράφοις ἐντυγχάνοι καὶ μὴ τοῖς ἤδη διωρθωμένοις."
εἰκῆ τε αὐτῷ ἔκειτο τὰ ποιήματα, ἐνίοτε ἡμίβρωτα˙

[113] Fu pensatore acuto, oltre che acuto schernitore. Era inoltre appassionato cultore degli studi letterari ed era bravo nel fornire ai poeti schizzi mitologici e collaborava con loro nella giusta disposizione della struttura dei drammi. 272*
Ad Alessandro 273* ed a Omero 274* forniva generosamente materiale per le loro tragedie. 275* Quando era disturbato dalle ancelle o dai cani, non riusciva a combinare nulla; la sua massima aspirazione era vivere e lavorare in tranquillità. Si narra che Arato gli abbia chiesto come avrebbe potuto ottenere la poesia omerica nel testo genuino e che Timone gli abbia risposto: «Se ti attieni alle copie antiche e non a quelle già corrette». 276*
Le sue poesie giacevano neglette nella sua abitazione, talvolta già per metà corrose.