[114] ὥστε καὶ Ζωπύρῳ τῷ ῥήτορι ἀναγινώσκοντά τι ἐπιτυλίττειν καὶ κατὰ τὸ ἐπελθὸν διεξιέναι˙ ἐλθόντα τ' ἐφ' ἡμισείας, οὕτως εὑρεῖν τὸ ἀπόσπασμα τέως ἀγνοοῦντα. τοσοῦτον ἦν ἀδιάφορος. ἀλλὰ καὶ εὔρους, ὡς μηδ' ἀριστᾶν συγχρονεῖν.



φασὶ δ' αὐτὸν Ἀρκεσίλαον θεασάμενον διὰ τῶν Κερκώπων ἰόντα, εἰπεῖν, "τί σὺ δεῦρο, ἔνθαπερ ἡμεῖς οἱ ἐλεύθεροι;" συνεχές τε ἐπιλέγειν εἰώθει πρὸς τοὺς τὰς αἰσθήσεις μετ' ἐπιμαρτυροῦντος τοῦ νοῦ ἐγκρίνοντας,


συνῆλθεν ἀτταγᾶς τε καὶ νουμήνιος.

εἰώθει δὲ καὶ παίζειν τοιαῦτα. πρὸς οὖν τὸν θαυμάζοντα πάντα ἔφη, "τί δ' οὐ θαυμάζεις ὅτι τρεῖς ὄντες τέτταρας ἔχομεν ὀφθαλμούς;" ἦν δ' αὐτός τε ἑτερόφθαλμος καὶ ὁ Διοσκουρίδης μαθητὴς αὐτοῦ, καὶ ὁ πρὸς ὃν ἔλεγεν ὑγιής.

[114] Così accadde che leggendole al retore Zopiro, 277* egli svolgeva il volume e, cominciando da un passo qualsiasi, recitava quel che gli capitava sottocchio, ma quando era giunto alla metà scopriva il pezzo di cui fino allora aveva perduto la traccia. Tanta era la sua distrazione. Ed era così dedito alla tranquillità dello studio che non consentiva neppure di andare a pranzo. 278*
Si narra che una volta vide Arcesilao attraversare la piazza dei Cercopi (in Atene) e lo apostrofò: «Come? Tu qui dove siamo noi, uomini liberi?» 279* Contro coloro che ammettevano la validità delle sensazioni confermate dalla ragione, era solito citare continuamente il verso:

Attaga qui s'incontrò con Numenio. 280*

Questo modo di scherzare gli era consueto, come risulta anche dai seguenti aneddoti. Ad un tale che si meravigliava di tutto, diceva: «Perché non ti meravigli che noi pur essendo tre abbiamo quattro occhi?» E infatti Timone aveva un occhio solo, e così pure il suo discepolo Dioscuride, mentre il suo interlocutore era normale.