[58] Τό τε ἐλάχιστον τὸ ἐν τῇ αἰσθήσει δεῖ κατανοεῖν ὅτι οὔτε τοιοῦτόν ἐστιν οἷον τὸ τὰς μεταβάσεις ἔχον οὔτε πάντῃ πάντως ἀνόμοιον, ἀλλ' ἔχον μέν τινα κοινότητα τῶν μεταβατῶν, διάληψιν δὲ μερῶν οὐκ ἔχον˙

ἀλλ' ὅταν διὰ τὴν τῆς κοινότητος προσεμφέρειαν οἰηθῶμεν διαλήψεσθαί τι αὐτοῦ, τὸ μὲν ἐπιτάδε, τὸ δὲ ἐπέκεινα, τὸ ἴσον ἡμῖν δεῖ προσπίπτειν.

ἑξῆς τε θεωροῦμεν ταῦτα ἀπὸ τοῦ πρώτου καταρχόμενοι καὶ οὐκ ἐν τῷ αὐτῷ, οὐδὲ μέρεσι μερῶν ἁπτόμενα, ἀλλ' ἢ ἐν τῇ ἰδιότητι τῇ ἑαυτῶν τὰ μεγέθη καταμετροῦντα, τὰ πλείω πλεῖον καὶ τὰ ἐλάττω ἔλαττον.


Ταύτῃ τῇ ἀναλογίᾳ νομιστέον καὶ τὸ ἐν τῇ ἀτόμῳ ἐλάχιστον κεχρῆσθαι˙

[58] Bisogna inoltre considerare che il minimo percepito nella sensazione né corrisponde a ciò che ammette passaggi da parte a parte né non corrisponde ad esso in tutto e per tutto; ha bensì una certa comunanza con i corpi che ammettono passaggi da parte a parte, senza avere tuttavia distinzione di parti. Ma quando in virtù dell'analogia che risulta dalla comunanza (predetta) noi crediamo di poter distinguere qualcosa nel minimo, una cosa da una parte un'altra dall'altra, un altro minimo eguale al primo deve necessariamente colpire il nostro senso. Noi vediamo questi minimi, a cominciare dal primo, l'uno dopo l'altro, in serie e non nello stesso corpo né con le loro parti toccare le parti di un altro, bensì nella loro propria caratteristica (di unità indivisibili) assegnare una diversa misura alle grandezze, il cui numero maggiore o minore è determinato dalla misura, secondo che sia più grande o più piccola.
Si deve ammettere che questa analogia è valida anche per il minimo che è nell'atomo.