[59] μικρότητι γὰρ ἐκεῖνο δῆλον ὡς διαφέρει τοῦ κατὰ τὴν αἴσθησιν θεωρουμένου, ἀναλογίᾳ δὲ τῇ αὐτῇ κέχρηται. ἐπείπερ καὶ ὅτι μέγεθος ἔχει ἡ ἄτομος κατὰ τὴν ἐνταῦθα ἀναλογίαν κατηγορήσαμεν, μικρόν τι μόνον μακρὰν ἐκβαλόντες.


ἔτι τε τὰ ἐλάχιστα καὶ ἀμιγῆ πέρατα δεῖ νομίζειν τῶν μηκῶν τὸ καταμέτρημα ἐξ αὑτῶν πρώτων τοῖς μείζοσι καὶ ἐλάττοσι παρασκευάζοντα τῇ διὰ λόγου θεωρίᾳ ἐπὶ τῶν ἀοράτων. ἡ γὰρ κοινότης ἡ ὑπάρχουσα αὐτοῖς πρὸς τὰ ἀμετάβολα ἱκανὴ τὸ μέχρι τούτου συντελέσαι˙ συμφόρησιν δὲ ἐκ τούτων κίνησιν ἐχόντων οὐχ οἷόν τε γενέσθαι.
[59] È chiaro infatti che esso in piccolezza differisce dal minimo percepito dal nostro senso, ma segue la stessa analogia. E secondo l'analogia delle cose che cadono nell'àmbito del nostro senso abbiamo dichiarato che l'atomo ha grandezza, solo che abbiamo prolungato una grandezza infinitesima.
Ed ancora, con un procedimento logico riservato al campo dell'invisibile, bisogna intendere le parti dell'atomo minime e immuni da mescolanza come termini estremi delle lunghezze, che primi da se stessi forniscono l'unità di misura alle lunghezze maggiori e minori. E infatti la comunanza che esiste tra le parti minime e le parti indivisibili e immutabili autorizza la conclusione finora perseguìta. Ma non è possibile un'aggregazione delle parti minime dell'atomo, quasi avessero la facoltà di movimento.