[127] Ἀρέσκει δ' αὐτοῖς μηδὲν μεταξὺ εἶναι ἀρετῆς καὶ κακίας, τῶν Περιπατητικῶν μεταξὺ ἀρετῆς καὶ κακίας εἶναι λεγόντων τὴν προκοπήν˙ ὡς γὰρ δεῖν φασιν ἢ ὀρθὸν εἶναι ξύλον ἢ στρεβλόν, οὕτως ἢ δίκαιον ἢ ἄδικον, οὔτε δὲ δικαιότερον οὔτ' ἀδικώτερον, καὶ ἐπὶ τῶν ἄλλων ὁμοίως. καὶ μὴν τὴν ἀρετὴν Χρύσιππος μὲν ἀποβλητήν, Κλεάνθης δὲ ἀναπόβλητον˙ ὁ μὲν ἀποβλητὴν διὰ μέθην καὶ μελαγχολίαν, ὁ δὲ ἀναπόβλητον διὰ βεβαίους καταλήψεις˙



καὶ αὐτὴν δι' αὑτὴν αἱρετὴν εἶναι. αἰσχυνόμεθα γοῦν ἐφ' οἷς κακῶς πράττομεν, ὡς ἂν μόνον τὸ καλὸν εἰδότες ἀγαθόν. αὐτάρκη τ' εἶναι αὐτὴν πρὸς εὐδαιμονίαν, καθά φησι Ζήνων καὶ Χρύσιππος ἐν τῷ πρώτῳ Περὶ ἀρετῶν καὶ Ἑκάτων ἐν τῷ δευτέρῳ Περὶ ἀγαθῶν
(Gomoll 3).

[127] Secondo gli Stoici, non v'è alcun grado intermedio tra la virtù e il vizio, mentre i Peripatetici tra la virtù e il vizio ammettono un graduale progresso. Gli Stoici infatti sostengono che come un legno deve essere o diritto o storto, così un uomo o è giusto o è ingiusto, né esiste un grado maggiore o minore di ingiustizia o di giustizia: così accade anche per le altre virtù. Crisippo sostiene che la virtù si può perdere, Cleante invece sostiene che non si può perdere. Per il primo essa si può perdere a causa dell'ubriachezza o d'una crisi di melancolia, per il secondo essa non si può mai perdere perché è fondata su salde cognizioni. La virtù è per se stessa degna di essere scelta. E d'altra parte noi arrossiamo se facciamo qualcosa di male poiché sappiamo che solo ciò che è bello è buono. Zenone, Crisippo nel primo libro Delle virtù e Ecatone nel secondo libro Dei beni sostengono che la virtù è sufficiente alla felicità.