[128] "εἰ γάρ," φησίν, "αὐτάρκης ἐστὶν ἡ μεγαλοψυχία πρὸς τὸ πάντων ὑπεράνω ποιεῖν, ἔστι δὲ μέρος τῆς ἀρετῆς, αὐτάρκης ἐστὶ καὶ ἡ ἀρετὴ πρὸς εὐδαιμονίαν καταφρονοῦσα καὶ τῶν δοκούντων ὀχληρῶν." ὁ μέντοι Παναίτιος καὶ Ποσειδώνιος οὐκ αὐτάρκη λέγουσι τὴν ἀρετήν, ἀλλὰ χρείαν εἶναί φασι καὶ ὑγιείας καὶ χορηγίας καὶ ἰσχύος.

Ἀρέσκει δ' αὐτοῖς καὶ διὰ παντὸς χρῆσθαι τῇ ἀρετῇ, ὡς οἱ περὶ Κλεάνθην φασίν˙ ἀναπόβλητος γάρ ἐστι καὶ πάντοτε τῇ 〈ἀρετῇ〉 ψυχῇ χρῆται οὔσῃ τελείᾳ ὁ σπουδαῖος.

φύσει τε τὸ δίκαιον εἶναι καὶ μὴ θέσει, ὡς καὶ τὸν νόμον καὶ τὸν ὀρθὸν λόγον, καθά φησι Χρύσιππος ἐν τῷ Περὶ τοῦ καλοῦ.

[128] Dice infatti Ecatone: «Se la magnanimità è sufficiente da sola a innalzarci al di sopra di tutto, ed essa è una parte della virtù, a maggior ragione la virtù sarà sufficiente alla felicità, tenendo in non cale tutto ciò che si crede possa turbarla».
Ma Panezio 156* e Posidonio sostengono tuttavia che la virtù non è sufficiente, ma che occorrono anche buona salute, abbondanza di mezzi di vita, e forza.

Cleante e i suoi seguaci affermano che bisogna fare uso perenne della virtù, perché la virtù non si può perdere e l'uomo virtuoso non rinunzia in nessun caso a servirsi della virtù, che è un'anima perfetta. 157*
Il diritto esiste per natura, non per convenzione; così anche la legge e la retta ragione, come sostiene Crisippo nell'opera Del bello.