[130] πρὸς δὲ τοῦτο ἀπαντήσαντος τοῦ τυράννου καὶ εἰπόντος ὡς ταύτην τὴν ἡμέραν ἔχοι σχολάζουσαν πρὸς τὸ διακούειν φιλοσόφων, ἔτι καὶ μᾶλλον αὐστηρότερον ἐνέκειτο, δεικνὺς ἐπὶ τῆς θυσίας ὡς χρὴ πάντα καιρὸν φιλοσόφων ἀκούειν˙ ἕως εἰ μή τις αὐλητὴς αὐτοὺς διεπέμψατο, κἂν ἀπώλοντο. ὅθεν χειμαζομένων ἐν τῷ πλοίῳ τὸν Ἀσκαληπιάδην φασὶν εἰπεῖν ὡς ἡ μὲν τοῦ αὐλητοῦ εὐμουσία σέσωκεν αὐτούς, ἡ δὲ τοῦ Μενεδήμου παρρησία ἀπολώλεκεν.


Ἦν δέ, φασί, καὶ ἐκκλινὴς καὶ τὰ τῆς στολῆς ἀδιάφορος, οὔτε τάξιν γοῦν τινὰ ἦν παρ' αὐτῷ βλέπειν οὔτε βάθρα κύκλῳ διέκειτο, ἀλλ' οὗ ἂν ἕκαστος ἔτυχε περιπατῶν ἢ καθήμενος ἤκουε, καὶ αὐτοῦ τοῦτον τὸν τρόπον διακειμένου.

[130] Poiché il tiranno replicò che quello era l'unico giorno che poteva dedicare all'audizione dei filosofi, Menedemo ancora più ostinatamente sostenne il suo punto di vista, dimostrando, mentre si svolgeva la festa, che in ogni tempo bisogna udire i filosofi; sì che se un flautista non li avesse separati, avrebbero probabilmente fatto una brutta fine. A questo riguardo si narra anche che mentre erano in una tempestosa navigazione Asclepiade disse che l'eccellente arte del flautista li aveva salvati, la libertà di parola di Menedemo li aveva rovinati. Dicono che egli aborrisse dalle consuete fatiche e che non si curasse dell'andamento della sua scuola. Nessun ordine era possibile vedere nella sua scuola né vi erano scanni disposti in giro, ma dove ciascuno si trovava, passeggiando o seduto, udiva la lezione e Menedemo si comportava allo stesso modo.