[142] "οἱ στρατηγοὶ καὶ οἱ πρόβουλοι εἶπον. ἐπειδὴ βασιλεὺς Ἀντίγονος μάχῃ νικήσας τοὺς βαρβάρους παραγίνεται εἰς τὴν ἰδίαν, καὶ τὰ ἄλλα πάντα πράσσει κατὰ γνώμην, ἔδοξε τῇ βουλῇ καὶ τῷ δήμῳ . . ." Διὰ ταῦτα δὴ καὶ τὴν ἄλλην φιλίαν ὑποπτευθεὶς προδιδόναι τὴν πόλιν αὐτῷ, διαβάλλοντος Ἀριστοδήμου ὑπεξῆλθε˙

καὶ διέτριβεν ἐν Ὠρωπῷ ἐν τῷ τοῦ Ἀμφιάρεω ἱερῷ˙ ἔνθα χρυσῶν ποτηρίων ἀπολομένων, καθά φησιν Ἕρμιππος (FHG III. 44 sq.), δόγματι κοινῷ τῶν Βοιωτῶν ἐκελεύσθη μετελθεῖν. ἐντεῦθεν ἀθυμήσας λαθραίως παρεισδὺς εἰς τὴν πατρίδα καὶ τήν τε γυναῖκα καὶ τὰς θυγατέρας παραλαβὼν πρὸς Ἀντίγονον ἐλθὼν ἀθυμίᾳ τὸν βίον κατέστρεψεν.

[142] «I generali e il Consiglio dichiarano: poiché il re Antigono, dopo la vittoria sui barbari, ritorna in patria e poiché ogni altra cosa gli accade secondo il suo desiderio, il Consiglio ed il popolo hanno preso la seguente decisione». Per questo e per l'amicizia, che anche nel resto lo legava ad Antigono, fu accusato per opera di Aristodemo, di voler consegnare a lui la città e così fu costretto a svignarsela. Dimorò in Oropo nel tempio di Anfiarao. Ma poiché dal tempio sparirono alcune coppe auree, come riferisce Ermippo, 341* gli fu ordinato dai Beoti di cambiare dimora, con decisione unanime. Allora avvilito visitò furtivamente la sua patria e, presa con sé la moglie e le figlie, si rifugiò da Antigono, ove per la disperazione morì.