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[144] διὸ καί ποτε παρὰ πότον ὁ Μενέδημος ἐλέγξας αὐτὸν ἐν λόγοις τά τε ἄλλα ἔφη καὶ δὴ καί, "φιλόσοφος μέντοι οὗτος, ἀνὴρ δὲ καὶ τῶν ὄντων καὶ τῶν γενησομένων κάκιστος."
Ἐτελεύτα δὲ κατὰ τὸν Ἡρακλείδην τέταρτον καὶ ἑβδομηκοστὸν ἔτος βιούς. καὶ εἰς αὐτὸν ἡμῶν ἐστιν οὕτως ἔχον (App. Anth. V. 40)˙ ἔκλυον, Μενέδημε, τεὸν μόρον, ὡς ἑκὼν ἀπέσβης
ἐν ἡμέρῃσιν ἑπτὰ μηδὲν ἐσθίων.
κᾆτ' ἔργον ἔρεξας Ἐρετρικόν, ἀλλ' ὅμως ἄνανδρον˙
ἀψυχίη γὰρ ἡγεμὼν ἔπειγέ σε. Καὶ οὗτοι μὲν οἱ Σωκρατικοὶ καὶ οἱ ἀπ' αὐτῶν, μετιτέον δὲ ἐπὶ Πλάτωνα τὸν τῆς Ἀκαδημείας κατάρξαντα, καὶ τοὺς ἀπ' αὐτοῦ, ὁπόσοι γεγόνασιν ἐλλόγιμοι. | [144] Perciò una volta in un convito Menedemo contraddisse alle argomentazioni di Perseo e tra l'altro così disse di lui: Come filosofo è tale, ma come uomo è il peggiore di quanti sono e di quanti saranno. Secondo Eraclide, morì all'età di settantaquattro anni. Anche per lui vi è un nostro epigramma: 345* Udii, o Menedemo, il tuo destino: ti spegnesti volontariamente, non toccando cibo per sette giorni. Certo il tuo gesto fu degno di un Eretriese, ma non di un uomo, ché la disperazione fu la guida al tuo destino.
Questi furono i Socratici e i loro successori. Ora, dobbiamo passare a Platone, fondatore dell'Academia ed ai suoi successori, quanti almeno hanno acquistato fama. |