[180] Οὕτω δ' ἐπίδοξος ἐν τοῖς διαλεκτικοῖς ἐγένετο, ὥστε δοκεῖν τοὺς πλείους ὅτι εἰ παρὰ θεοῖς ἦν ἡ διαλεκτική, οὐκ ἂν ἄλλη ἦν ἢ ἡ Χρυσίππειος. πλεονάσας δὲ τοῖς πράγμασι τὴν λέξιν οὐ κατώρθωσε. πονικώτατός τε παρ' ὁντινοῦν γέγονεν, ὡς δῆλον ἐκ τῶν συγγραμμάτων αὐτοῦ˙ τὸν ἀριθμὸν γὰρ ὑπὲρ πέντε καὶ ἑπτακόσιά ἐστιν. ἐπλήθυνε δ' αὐτὰ πολλάκις ὑπὲρ τοῦ αὐτοῦ δόγματος ἐπιχειρῶν καὶ πᾶν τὸ ὑποπεσὸν γράφων καὶ διορθούμενος πλεονάκις πλείστῃ τε τῶν μαρτυριῶν παραθέσει χρώμενος˙ ὥστε καὶ ἐπειδή ποτ' ἔν τινι τῶν συγγραμμάτων παρ' ὀλίγον τὴν Εὐριπίδου Μήδειαν ὅλην παρετίθετο καί τις μετὰ χεῖρας εἶχε τὸ βιβλίον, πρὸς τὸν πυθόμενον τί ἄρα ἔχοι, ἔφη "Χρυσίππου Μήδειαν." [180] Acquistò tale rinomanza nella dialettica che i più credevano che se gli dèi avessero avuto bisogno della dialettica, non altra dialettica che quella di Crisippo avrebbero adottata. Era ricco di argomenti, ma il suo stile era imperfetto. Laborioso quant'altri mai, come risulta dall'elenco dei suoi scritti: questi infatti superano il numero di settecentocinque. Ne aumentava il numero, trattando ripetutamente lo stesso argomento, scrivendo tutto ciò che gli capitava, apportando molte correzioni e citando moltissime testimonianze. A tal proposito si narra che poiché in una sua opera aveva citato quasi interamente la Medea di Euripide, un tale che aveva tra le mani il libro, interrogato che cosa leggesse, rispose: «La Medea di Crisippo».