[130] τῇ μέντοι συμμετρήσει καὶ συμφερόντων καὶ ἀσυμφόρων βλέψει ταῦτα πάντα κρίνειν καθήκει˙ χρώμεθα γὰρ τῷ μὲν ἀγαθῷ κατά τινας χρόνους ὡς κακῷ, τῷ δὲ κακῷ τοὔμπαλιν ὡς ἀγαθῷ.

καὶ τὴν αὐτάρκειαν δὲ ἀγαθὸν μέγα νομίζομεν, οὐχ ἵνα πάντως τοῖς ὀλίγοις χρώμεθα, ἀλλ' ὅπως ἐὰν μὴ ἔχωμεν τὰ πολλά, τοῖς ὀλίγοις χρώμεθα, πεπεισμένοι γνησίως ὅτι ἥδιστα πολυτελείας ἀπολαύουσιν οἱ ἥκιστα ταύτης δεόμενοι, καὶ ὅτι τὸ μὲν φυσικὸν πᾶν εὐπόριστόν ἐστι, τὸ δὲ κενὸν δυσπόριστον. οἵ τε λιτοὶ χυλοὶ ἴσην πολυτελεῖ διαίτῃ τὴν ἡδονὴν ἐπιφέρουσιν ὅταν ἅπαν τὸ ἀλγοῦν κατ' ἔνδειαν ἐξαιρεθῇ˙

[130] Conviene dunque discriminare tutte queste cose col calcolo di ciò che è utile e la considerazione di ciò che è dannoso, 98* perché certe volte il bene è per noi un male, altre volte il male è per noi un bene.
Anche l'autarchia o il bastare a se stessi noi consideriamo un grande bene, non perché in ogni modo dobbiamo contentarci del poco, ma perché se non abbiamo il molto ci contentiamo del poco, schiettamente persuasi che tanto più soavemente si gode l'abbondanza quanto meno se ne ha bisogno, e che ogni desiderio conforme alla natura si può agevolmente soddisfare, ogni desiderio vano è di difficile attuazione. Infatti un vile sapore apporta un piacere pari a quello di una mensa sontuosa, una volta eliminata la sofferenza provocata dal bisogno.