[139] I.
Τὸ μακάριον καὶ ἄφθαρτον οὔτε αὐτὸ πράγματα ἔχει οὔτε ἄλλῳ παρέχει, ὥστε οὔτε ὀργαῖς οὔτε χάρισι συνέχεται˙ ἐν ἀσθενεῖ γὰρ πᾶν τὸ τοιοῦτον. [ἐν ἄλλοις (fg. 355 Us.) δέ φησι τοὺς θεοὺς λόγῳ θεωρητούς, οὓς μὲν κατ' ἀριθμὸν ὑφεστῶτας, οὓς δὲ καθ' ὁμοείδειαν ἐκ τῆς συνεχοῦς ἐπιρρύσεως τῶν ὁμοίων εἰδώλων ἐπὶ τὸ αὐτὸ ἀποτετελεσμένων, ἀνθρωποειδεῖς].

II.
Ὁ θάνατος οὐδὲν πρὸς ἡμᾶς˙ τὸ γὰρ διαλυθὲν ἀναισθητεῖ˙ τὸ δ' ἀναισθητοῦν οὐδὲν πρὸς ἡμᾶς.

III.
Ὅρος τοῦ μεγέθους τῶν ἡδονῶν ἡ παντὸς τοῦ ἀλγοῦντος ὑπεξαίρεσις. ὅπου δ' ἂν τὸ ἡδόμενον ἐνῇ, καθ' ὃν ἂν χρόνον ᾖ, οὐκ ἔστι τὸ ἀλγοῦν ἢ τὸ λυπούμενον ἢ τὸ συναμφότερον.

[139] [I]
L'essere beato e incorruttibile né ha disturbi né ad altro ne arreca, sì che è immune da moti d'ira o di gratitudine: tutto ciò è in un essere debole. [Altrove Epicuro dice che gli dèi sono visibili con la mente, alcuni nella loro singola sostanza, altri nell'identità della loro specie risultante dall'incessante afflusso di immagini simili dirette a formare un'unica ed identica forma. Hanno figura umana. 109*]

[II]
Nulla è per noi la morte, ché ciò che si è dissolto è insensibile, ciò che è insensibile è nulla per noi.

[III]
Limite della grandezza dei piaceri è la rimozione di ogni dolore. Quando vi sia il piacere, per tutto il tempo in cui permane, non v'è dolore né nella carne né nell'anima né in tutt'e due.