68. DEMOCRITO

A. VITA E DOTTRINA

VITA

68 A 1. DIOG. LAERT. IX 34 sgg. Democrito, figlio di Egesistrato, secondo altri invece di Atenocrito, secondo altri ancora di Damasippo, nacque ad Abdera o, stando a certuni, a Mileto.1* Egli ebbe come maestri alcuni Magi e Caldei,2* poiché il re Serse aveva lasciato dei sapienti presso il padre di lui, allorquando fu da lui ospitato (come narra anche Erodoto); e per opera loro Democrito, ancora fanciullo, fu istruito nelle dottrine teologiche ed astrologiche. Più tardi entrò in rapporti con Leucippo e, a detta di alcuni, anche con Anassagora, avendo quarant'anni meno di lui [APOLLOD. F.Gr.Hist. 244 F 36 b]. Favorino però nella Storia varia [fr. 33 F.H.G. III 582], riferisce che a proposito di Anassagora Democrito diceva che non erano sue le dottrine circa il sole e la luna, bensì antiche, e che quegli se le era semplicemente appropriate; (35) e derideva le sue dottrine sull'ordinamento del mondo e sull'intelletto, per spirito di ostilità verso di lui, perché [Anassagora] non lo aveva accolto tra i suoi discepoli. Come mai, dunque, secondo alcuni sarebbe stato scolaro di Anassagora?
Demetrio negli Omonimi e Antistene [F.H.G. III 183 n.] nelle Successioni dei filosofi narrano che egli viaggiò a lungo, recandosi in Egitto dai sacerdoti (per apprendere la geometria), dai Caldei in Persia e andò pure al Mar Rosso. Alcuni narrano3*che egli praticò i Ginnosofisti nell'India e che si recò pure in Etiopia. Era l'ultimo di tre fratelli; e, quando si trattò di dividere le sostanze paterne, riferiscono i più che egli volle per sé la parte minore, quella che consisteva in denaro liquido, di cui aveva necessità a cagione dei suoi viaggi, proprio come avevano accortamente supposto i suoi fratelli. (36) Demetrio, però, fa ammontare la parte di lui a più di cento talenti; e dice che li spese tutti. Racconta, poi, che era così amante dello studio che, presa per sé una casetta nel giardino che circondava la casa, se ne stava chiuso là dentro; e, una volta che suo padre aveva portato là un bue per un sacrificio e ve lo aveva legato, passò parecchio tempo senza ch'egli se ne accorgesse [cfr. A 15], finché il padre lo fece alzare a motivo del sacrificio e gli raccontò anche la faccenda del bue. Consta pure - dice [Demetrio]- che egli andò ad Atene e, tenendo in non cale la fama, non si curò affatto di essere conosciuto; e conobbe Socrate, senza che quegli sapesse chi era [B 116]. «Andai - sono sue parole - ad Atene e nessuno mi conobbe».
(37) (Se veramente Gli amanti sono di Platone, dice Trasillo, egli sarebbe l'interlocutore non nominato, diverso dai seguaci di Enopide e di Anassagora, che in conversazione con Socrate discute intorno alla filosofia, dicendo che per lui il filosofo somiglia al lottatore del pentatlo [Amat. 135 e 136 B]. Ed era egli veramente in filosofia lottatore di pentatlo: studiava infatti le questioni fisiche e quelle morali, ma anche la matematica e gli argomenti di cultura generale ed aveva completa esperienza delle arti.) È suo anche quel detto: «Il discorso è l'ombra dell'azione» [B 145]. Demetrio Falereo, poi, nella sua Apologia di Socrate [F.Gr.Hist. 228 F 41 II 970] dice che egli non si recò neppure ad Atene. 4*E ciò è anche più notevole, se è vero che egli disdegnò una tale città perché non voleva da una località trarre la sua fama e preferiva anzi dar lui fama ad una località. (38) (Quale egli fu si ricava anche dai suoi scritti. Sembra, dice Trasillo, che egli sia stato grande ammiratore dei Pitagorici, anzi fa menzione dello stesso Pitagora, parlandone con ammirazione nell'opera che s'intitola dal nome di lui.5*E parrebbe che Democrito avesse tratto da Pitagora tutte le proprie dottrine e che ne fosse stato anche scolaro, se la cronologia non facesse ostacolo. Che in ogni modo però egli sia stato alla scuola di qualcuno dei Pitagorici, ci è attestato da Glauco di Reggio, vissuto nella stessa epoca di Democrito. E anche Apollodoro di Cizico, dice che frequentò Filolao.)
Si esercitava pure, riferisce Antistene [F.H.G. III 173 n.], a mettere alla prova in maniere singolari le immaginazioni, vivendo in certi periodi in luoghi deserti e perfino soggiornando tra le tombe. (39) Ritornato dai suoi viaggi, prosegue [Antistene], viveva in estrema miseria, poiché aveva dato fondo a tutte le sue sostanze; e fu sostenuto nell'indigenza dal fratello Damaso. Acquistò poi rinomanza per aver predetto in alcuni casi il futuro [cfr. A 17, 18, 19]; e da allora fu dai più circondato di una fama quasi divina. E siccome era legge, narra Antistene, che chi avesse scialacquata la sostanza paterna non avesse diritto all'onore della sepoltura in patria, come Democrito ebbe visto il pericolo, per non essere chiamato a render conto dinanzi a taluni che erano invidiosi e dediti alla delazione, lesse dinanzi a loro la Grande Cosmologia, che è il più notevole tra tutti quanti i suoi scritti; e fu onorato con la ricompensa di cinquecento talenti; non solo, ma gli fu reso onore con statue di bronzo; e quando morì, in età di più che cent'anni, fu seppellito a pubbliche spese. (40) Demetrio, invece, dice che furono i suoi familiari a leggere la Grande Cosmologia,6*e che il libro fu ricompensato soltanto con cento talenti. E lo stesso dice Ippoboto.7*

Aristosseno nei Commentari storici [fr. 83 F.H.G. II 290] narra che Platone voleva dar fuoco a tutte le opere di Democrito, quante aveva potuto procurarsene, ma ne fu distolto dai pitagorici Amicla e Clinia [cfr. cap. 54, 2] che gli fecero osservare che non c'era frutto, perché quei libri eran già nelle mani di moltissimi. E si capisce: infatti lo stesso Platone, che fa menzione di quasi tutti gli antichi filosofi, non ricorda mai il nome di Democrito, neppure là dove proprio dovrebbe polemizzare con lui, ben sapendo che si sarebbe cimentato col migliore dei filosofi; e basta ricordare l'elogio fattone da Timone [fr. 46 Diels], che suona così:

Come Democrito il gran saggio, signore della parola,
io riconosco tra i migliori acutissimo nel conversare.

(41) Quanto ai tempi in cui visse, come dice egli stesso nella Piccola Cosmologia [B 5], era giovane quando Anassagora era vecchio, avendo egli quarant'anni meno di lui; e dice di aver composto la Piccola Cosmologia 730 anni dopo la distruzione di Troia. Egli sarebbe nato, secondo che dice Apollodoro nelle Cronache [F.Gr.Hist. 244 F 36 a] nella 80.a olimpiade [460-57]; secondo Trasillo, che ne parla nello scritto intitolato Introduzione alla lettura delle opere di Democrito, nel terzo anno della 70.a olimpiade [470-69], essendo [Democrito]- egli dice - di un anno più vecchio di Socrate. Sarebbe vissuto dunque ai tempi di Archelao discepolo di Anassagora; contemporaneo pure di Enopide, che egli infatti nomina [cap. 41, 3]. (42) Fa anche menzione della dottrina dell'uno, professata da Parmenide e Zenone, che egli nomina come filosofi che godevano ancora fama grandissima al tempo suo; e ricorda Protagora di Abdera, che per consenso comune è contemporaneo di Socrate.
Racconta Atenodoro nell'ottavo libro delle sue Discussioni [Peripatoi] che una volta si era recato da lui Ippocrate; Democrito fa portare del latte, lo guarda e dice che è latte di una capra primipara e nera di pelo; onde Ippocrate ebbe ad ammirare la sua acutezza. E un'altra ancora: Ippocrate era accompagnato da una ragazza, e Democrito il primo giorno la salutò così: «Ciao, fanciulla»; il giorno seguente, invece: «Ciao, donna»; e infatti la ragazza durante la notte era stata deflorata.
(43) Secondo la narrazione di Ermippo [fr. 29 F.H.G. III 43; cfr. A 28], la morte di Democrito avvenne così. Arrivato a tarda vecchiezza, egli era sul finire, e intanto la sorella si affliggeva perché sarebbe morto durante la festa delle Tesmoforie ed essa non avrebbe potuto compiere il suo dovere verso la dea [Demetra]; ma egli la tranquillò e la pregò di portargli tutti i giorni dei pani caldi. Egli, ogni giorno, si limitava ad accostarli alle nari; e così riuscì a sostenersi per tutta la durata della festa; passati che furono i giorni della solennità (che erano tre), egli spirò senza dar alcun segno di dolore, come narra Ipparco, in età di 109 anni.
E noi nel Pammetro gli abbiamo dedicato questi versi:

E chi fu tanto sapiente, chi lasciò un'opera sì grande,
come Democrito che di niuna dottrina mancò?
Per tre giorni trattenne in casa la Morte presente per lui,
e offrendole solo il caldo odore dei pani la ospitò!

Tale fu la sua vita.


(44) Le sue dottrine sono queste: principi di tutte le cose sono gli atomi e il vuoto, e tutto il resto è opinione soggettiva; vi sono infiniti mondi,8* i quali sono generati e corruttibili; nulla viene dal non essere, nulla può perire e dissolversi nel non essere.9* E gli atomi sono infiniti sotto il rispetto della grandezza e del numero, e si muovono nell'universo aggirandosi vorticosamente e in tal modo generano tutti i composti, fuoco, acqua, aria, terra; poiché anche questi sono dei complessi di certi particolari atomi: i quali invece10* non sono né scomponibili11* né alterabili appunto per la loro solidità. Il sole e la luna sono pure composti di tali atomi, [di quelli cioè] lisci e rotondi;12* e ugualmente l'anima, che è tutt'uno con l'intelletto. Noi vediamo per effetto degli idoli [cfr. 67 A 29, 30, 31] che penetrano nei nostri occhi. (45) Tutto si produce conforme a necessità, poiché la causa della formazione di tutte le cose è quel movimento vorticoso che egli chiama appunto necessità. Il fine supremo della vita è la tranquillità dell'animo [εὐθυμία], che non è la medesima cosa del piacere, come credevano certuni che avevano frainteso, bensì quello stato in cui l'animo è calmo ed equilibrato, non turbato da paura alcuna o da superstizioso timore degli dèi o da qualsiasi altra passione. A tale stato dell'anima egli dà il nome di benessere [εὐεστώ] e parecchie altre denominazioni [B 3]. Le qualità sensibili sono puramente soggettive [νόμῳ], in realtà [φύσει] esistono solo atomi e vuoto [cfr. B 9]. E queste sono le sue dottrine. I suoi libri ecc. [§ § 46-49 = A 33].
(49) Vi sono stati sei Democriti: primo questo nostro, secondo il musico di Chio contemporaneo di questo, terzo lo scultore, di cui fa menzione Antigono [p. 10 Wilamowitz], quarto quello che scrisse intorno al tempio di Efeso e anche alla città di Samotracia [F.H.G. IV 383, 384], quinto il chiaro e fiorito poeta di epigrammi, sesto quello di Pergamo, 〈famoso〉 per i suoi libri di retorica.

68 [55]. DEMOKRITOS

A. LEBEN UND LEHRE

LEBEN

68 A 1. DIOG. IX 34 ff. [II 81. 10 App.] Δημόκριτος Ἡγησιστράτου, οἱ δὲ Ἀθηνοκρίτου, τινὲς Δαμασίππου Ἀβδηρίτης ἤ, ὡς ἔνιοι, Μιλήσιος [vgl. 67 A 1 § 30; A 33 ]. οὗτος μάγων τινῶν διήκουσε καὶ Χαλδαίων, Ξέρξου τοῦ βασιλέως τῶι πατρὶ αὐτοῦ ἐπιστάτας καταλιπόντος, ἡνίκα ἐξενίσθη παρ' αὐτῶι, καθά φησι καὶ Ἡρόδοτος˙ παρ' ὧν τά τε περὶ θεολογίας καὶ ἀστρολογίας ἔμαθεν ἔτι παῖς ὤν. ὕστερον δὲ [II 81. 15] Λευκίππωι παρέβαλε καὶ Ἀναξαγόραι κατά τινας, ἔτεσιν ὢν αὐτοῦ νεώτερος τετταράκοντα [FGrHist. 244 F 36 b II 1030]. Φαβωρῖνος δέ φησιν ἐν Παντοδαπῆι ἱστορίαι [fr. 33 F.H.G. III 582] λέγειν Δημόκριτον περὶ Ἀναξαγόρου, ὡς οὐκ εἴησαν αὐτοῦ αἱ δόξαι αἵ τε περὶ ἡλίου καὶ σελήνης, ἀλλ' ἀρχαῖαι, τὸν δὲ ὑφηιρῆσθαι˙ (35) διασύρειν τε αὐτοῦ τὰ περὶ τῆς διακοσμήσεως καὶ τοῦ νοῦ, ἐχθρῶς ἔχοντα [II 81. 20]πρὸς αὐτόν, ὅτι δὴ μὴ προσήκατο αὐτόν. πῶς οὖν κατά τινας ἀκήκοεν αὐτοῦ;
φησὶ δὲ Δημήτριος ἐν Ὁμωνύμοις καὶ Ἀντισθένης ἐν Διαδοχαῖς [F.H.G. III 183 n.] ἀποδημῆσαι αὐτὸν καὶ εἰς Αἴγυπτον πρὸς τοὺς ἱερέας γεωμετρίαν μαθησόμενον καὶ πρὸς Χαλδαίους εἰς τὴν Περσίδα καὶ εἰς τὴν Ἐρυθρὰν θάλασσαν γενέσθαι. τοῖς τε Γυμνοσοφισταῖς φασί τινες συμμῖξαι αὐτὸν ἐν Ἰνδίαι καὶ εἰς Αἰθιοπίαν
[II 81. 25 App.] ἐλθεῖν. τρίτον τε ὄντα ἀδελφὸν νείμασθαι τὴν οὐσίαν˙ καὶ οἱ μὲν πλείους φασὶ τὴν ἐλάττω μοῖραν ἑλέσθαι τὴν ἐν ἀργυρίωι, χρείαν ἔχοντα ἀποδημῆσαι, τοῦτο κἀκείνων δολίως ὑποπτευσάντων˙ (36) ὁ δὲ Δημήτριος ὑπὲρ ἑκατὸν τάλαντά φησιν εἶναι αὐτῶι τὸ μέρος, ἃ πάντα καταναλῶσαι. λέγει δὲ ὅτι τοσοῦτον ἦν [II 82. 1 App.] φιλόπονος, ὥστε τοῦ περικήπου δωμάτιόν τι ἀποτεμόμενος κατάκλειστος ἦν˙ καί ποτε τοῦ πατρὸς αὐτοῦ πρὸς θυσίαν βοῦν ἀγαγόντος καὶ αὐτόθι προσδήσαντος [vgl. A 15; II 86, 31], ἱκανὸν χρόνον μὴ γνῶναι, ἕως αὐτὸν ἐκεῖνος διαναστήσας προφάσει τῆς θυσίας καὶ τὰ περὶ τὸν βοῦν διηγήσατο. 'δοκεῖ δέ, φησί, καὶ [II 82. 5 App.] Ἀθήναζε ἐλθεῖν καὶ μὴ σπουδάσαι γνωσθῆναι δόξης καταφρονῶν. καὶ εἰδέναι μὲν Σωκράτη, ἀγνοεῖσθαι δὲ ὑπ' αὐτοῦ˙ 'ἦλθον γάρ, φησίν, εἰς Ἀθήνας καὶ οὔτις με ἔγνωκεν [B 116].'

(37) ('εἴπερ οἱ Ἀντερασταὶ Πλάτωνός εἰσι, φησὶ Θρασύλος, οὗτος ἂν εἴη ὁ παραγενόμενος ἀνώνυμος, τῶν περὶ Οἰνοπίδην καὶ Ἀναξαγόραν ἕτερος, [II 82. 10 App.] ἐν τῆι πρὸς Σωκράτην ὁμιλίαι διαλεγόμενος περὶ φιλοσοφίας, ὧι φησίν, ὡς πεντάθλωι ἔοικεν ὁ φιλόσοφος [Anterast. p. 136 A; vgl. c. 41, 2]. καὶ ἦν ὡς ἀληθῶς ἐν φιλοσοφίαι πένταθλος˙ τὰ γὰρ φυσικὰ καὶ τὰ ἠθικὰ 〈ἤσκητο〉, ἀλλὰ καὶ τὰ μαθηματικὰ καὶ τοὺς ἐγκυκλίους λόγους, καὶ περὶ τεχνῶν πᾶσαν εἶχεν ἐμπειρίαν') τούτου ἐστὶ καὶ τὸ 'λόγος ἔργου σκιή' [B 145]. Δημήτριος δὲ ὁ Φαληρεὺς [II 82. 15 App.] ἐν τῆι Σωκράτους ἀπολογίαι [F.Gr.Hist. 228 F 41 II 970] μηδὲ ἐλθεῖν φησιν αὐτὸν εἰς Ἀθήνας. τοῦτο δὲ καὶ μεῖζον, εἴγε τοσαύτης πόλεως ὑπερεφρόνησεν, οὐκ ἐκ τόπου δόξαν λαβεῖν βουλόμενος, ἀλλὰ τόπωι δόξαν περιθεῖναι προελόμενος. (38) (δῆλον δὲ κἀκ τῶν συγγραμμάτων οἷος ἦν. δοκεῖ δέ, φησὶν ὁ Θρασύλος, ζηλωτὴς γεγονέναι τῶν Πυθαγορικῶν˙ ἀλλὰ καὶ αὐτοῦ Πυθαγόρου μέμνηται, θαυμάζων [II 82. 20] αὐτὸν ἐν τῶι ὁμωνύμωι συγγράμματι [s. B 0a Schriftentitel I 1]. πάντα δὲ δοκεῖν παρὰ τούτου λαβεῖν καὶ αὐτοῦ δ' ἂν ἀκηκοέναι, εἰ μὴ τὰ τῶν χρόνων ἐμάχετο. πάντως μέντοι τῶν Πυθαγορικῶν τινος ἀκοῦσαί φησιν αὐτὸν Γλαῦκος ὁ Ῥηγῖνος, κατὰ τοὺς αὐτοὺς χρόνους αὐτῶι γεγονώς. φησὶ δὲ καὶ Ἀπολλόδωρος ὁ Κυζικηνὸς Φιλολάωι αὐτὸν συγγεγονέναι).
[II 82. 25 App.] ἤσκει δέ, φησὶν ὁ Ἀντισθένης [F.H.G. III 173 n.], καὶ ποικίλως δοκιμάζειν τὰς φαντασίας, ἐρημάζων ἐνίοτε καὶ τοῖς τάφοις ἐνδιατρίβων. (39) ἐλθόντα δή φησιν αὐτὸν ἐκ τῆς ἀποδημίας ταπεινότατα διάγειν, ἅτε πᾶσαν τὴν οὐσίαν καταναλωκότα˙ τρέφεσθαί τε διὰ τὴν ἀπορίαν ἀπὸ τἀδελφοῦ Δαμάσου. ὡς δὲ προειπών τινα τῶν μελλόντων εὐδοκίμησε, λοιπὸν ἐνθέου δόξης παρὰ τοῖς πλείστοις ἠξιώθη. [II 82. 30 App.] νόμου δὲ ὄντος τὸν ἀναλώσαντα τὴν πατρώιαν οὐσίαν μὴ ἀξιοῦσθαι ταφῆς ἐν τῆι πατρίδι, φησὶν ὁ Ἀντισθένης, συνέντα, μὴ ὑπεύθυνος γενηθείη πρός τινων φθονούντων καὶ συκοφαντούντων, ἀναγνῶναι αὐτοῖς τὸν Μέγαν διάκοσμον, ὃς ἁπάντων αὐτοῦ τῶν συγγραμμάτων προέχει˙ καὶ πεντακοσίοις ταλάντοις τιμηθῆναι˙ μὴ μόνον δέ, ἀλλὰ καὶ χαλκαῖς εἰκόσι˙ καὶ τελευτήσαντα δημοσίαι ταφῆναι. [II 82. 35 App.] βιώσαντα ὑπὲρ τὰ ἑκατὸν ἔτη. (40) ὁ δὲ Δημήτριος τοὺς συγγενέας αὐτοῦ φησιν ἀναγνῶναι τὸν Μέγαν διάκοσμον, ὃν μόνον ἑκατὸν ταλάντων τιμηθῆναι. ταὐτά δὲ καὶ Ἱππόβοτός φησιν.
Ἀριστόξενος δ' ἐν τοῖς ἱστορικοῖς ὑπομνήμασί
[fr. 83 F.H.G.II 290] φησι Πλάτωνα θελῆσαι συμφλέξαι τὰ Δημοκρίτου συγγράμματα, ὁπόσα ἐδυνήθη συναγαγεῖν.
[II 83. 1 App.] Ἀμύκλαν δὲ καὶ Κλεινίαν τοὺς Πυθαγορικοὺς [c. 54, 2] κωλῦσαι αὐτόν, ὡς οὐδὲν ὄφελος˙ παρὰ πολλοῖς γὰρ εἶναι ἤδη τὰ βιβλία. καὶ δῆλον δέ˙ πάντων γὰρ σχεδὸν τῶν ἀρχαίων μεμνημένος ὁ Πλάτων οὐδαμοῦ Δημοκρίτου διαμνημονεύει, ἀλλ' οὐδ' ἔνθα ἀντειπεῖν τι αὐτῶι δέοι, δῆλον 〈ὅτι〉 εἰδὼς ὡς πρὸς τὸν ἄριστον αὐτῶι τῶν φιλοσόφων [II 83. 5 App.] 〈ὁ ἀγὼν〉 ἔσοιτο˙ ὅν γε καὶ Τίμων τοῦτον ἐπαινέσας τὸν τρόπον ἔχει [fr. 46 D.]˙

οἷον Δημόκριτόν τε περίφρονα, ποιμένα μύθων,
ἀμφίνοον λεσχῆνα μετὰ πρώτοισιν ἀνέγνων.

(41) γέγονε δὲ τοῖς χρόνοις, ὡς αὐτός φησιν ἐν τῶι Μικρῶι διακόσμωι [68 B5], νέος κατὰ πρεσβύτην Ἀναξαγόραν, ἔτεσιν αὐτοῦ νεώτερος τετταράκοντα. [II 83. 10 App.] συντετάχθαι δέ φησι τὸν Μικρὸν διάκοσμον ἔτεσιν ὕστερον τῆς Ἰλίου ἁλώσεως τριάκοντα καὶ ἑπτακοσίοις. γεγόνοι δ' ἄν, ὡς μὲν Ἀπολλόδωρος ἐν Χρονικοῖς [FGrHist. 244 F 36 II 1030]. κατὰ τὴν ὀγδοηκοστὴν ὀλυμπιάδα [460-457], ὡς δὲ Θρασύλος ἐν τῶι ἐπιγραφομένωι Τὰ πρὸ τῆς ἀναγνώσεως τῶν Δημοκρίτου βιβλίων, κατὰ τὸ τρίτον ἔτος τῆς ἑβδόμης καὶ ἑβδομηκοστῆς ὀλυμπιάδος [470-69], ἐνιαυτῶι, [II 83. 15 App.] φησί, πρεσβύτερος ὢν Σωκράτους. εἴη ἂν οὖν κατ' Ἀρχέλαον τὸν Ἀναξαγόρου μαθητὴν καὶ τοὺς περὶ Οἰνοπίδην˙ καὶ γὰρ τούτου μέμνηται [c. 41, 3]. (42) μέμνηται δὲ καὶ περὶ τῆς τοῦ ἑνὸς δόξης τῶν περὶ Παρμενίδην καὶ Ζήνωνα ὡς κατ' αὐτὸν μάλιστα διαβεβοημένων, καὶ Πρωταγόρου τοῦ Ἀβδηρίτου, ὃς ὁμολογεῖται κατὰ Σωκράτην γεγονέναι. [II 83. 20 App.]
φησὶ δ' Ἀθηνόδωρος [Zeller IIIa 6302] ἐν η̅ Περιπάτων, ἐλθόντος Ἱπποκράτους πρὸς αὐτόν, κελεῦσαι κομισθῆναι γάλα˙ καὶ θεασάμενον τὸ γάλα εἰπεῖν εἶναι αἰγὸς πρωτοτόκου καὶ μελαίνης˙ ὅθεν τὴν ἀκρίβειαν αὐτοῦ θαυμάσαι τὸν Ἱπποκράτην. ἀλλὰ καὶ κόρης ἀκολουθούσης τῶι Ἱπποκράτει τῆι μὲν πρώτηι ἡμέραι ἀσπάσασθαι οὕτω 'χαῖρε κόρη', τῆι δ' ἐχομένηι 'χαῖρε γύναι'. καὶ ἦν ἡ κόρη τῆς
[II 83. 25 App.] νυκτὸς διεφθαρμένη.

(43) τελευτῆσαι δὲ τὸν Δημόκριτόν φησιν Ἕρμιππος [fr. 29 F.H.G. III 43; vgl. Anm. zu A 28] τοῦτον τὸν τρόπον. ἤδη ὑπέργηρων ὄντα πρὸς τῶι καταστρέφειν εἶναι. τὴν οὖν ἀδελφὴν λυπεῖσθαι ὅτι ἐν τῆι τῶν θεσμοφόρων ἑορτῆι μέλλοι τεθνήξεσθαι καὶ τῆι θεῶι τὸ καθῆκον αὐτὴ οὐ ποιήσειν˙ τὸν δὲ θαρρεῖν εἰπεῖν καὶ κελεῦσαι [II 84. 1 App.] αὑτῶι προσφέρειν ἄρτους θερμοὺς ὁσημέραι. τούτους δὴ ταῖς ῥισὶ προσφέρων διεκράτησεν αὑτὸν τὴν ἑορτήν˙ ἐπειδὴ δὲ παρῆλθον αἱ ἡμέραι (τρεῖς δ' ἦσαν). ἀλυπότατα τὸν βίον προήκατο, ὥς φησιν ὁ Ἵππαρχος, ἐννέα πρὸς τοῖς ἑκατὸν ἔτη βιούς. ἡμεῖς τε εἰς αὐτὸν ἐν τῆι Παμμέτρωι τοῦτον ἐποιήσαμεν τὸν τρόπον˙

[II 84. 5 App.] καὶ τίς ἔφυ σοφὸς ὧδε, τίς ἔργον ἔρεξε τοσοῦτον.
ὅσσον ὁ παντοδαὴς ἤνυσε Δημόκριτος;
ὃς Θάνατον παρεόντα τρί' ἤματα δώμασιν ἔσχεν
καὶ θερμοῖς ἄρτων ἄσθμασιν ἐξένισεν.

τοιοῦτος μὲν ὁ βίος τἀνδρός.
(44)
[II 84. 10 App.] δοκεῖ δὲ αὐτῶι τάδε˙ ἀρχὰς εἶναι τῶν ὅλων ἀτόμους καὶ κενόν, τὰ δ' ἄλλα πάντα νενομίσθαι. ἀπείρους τε εἶναι κόσμους καὶ γενητοὺς καὶ φθαρτούς. μηδέν τε ἐκ τοῦ μὴ ὄντος γίνεσθαι μηδὲ εἰς τὸ μὴ ὂν φθείρεσθαι. καὶ τὰς ἀτόμους δὲ ἀπείρους εἶναι κατὰ μέγεθος καὶ πλῆθος, φέρεσθαι δ' ἐν τῶι ὅλωι δινουμένας, καὶ οὕτω πάντα τὰ συγκρίματα γεννᾶν, πῦρ, ὕδωρ, ἀέρα, γῆν˙ εἶναι γὰρ καὶ ταῦτα ἐξ [II 84. 15 App.] ἀτόμων τινῶν συστήματα˙ ἅπερ εἶναι ἀπαθῆ καὶ ἀναλλοίωτα διὰ τὴν στερρότητα. τόν τε ἥλιον καὶ τὴν σελήνην ἐκ τοιούτων λείων καὶ περιφερῶν ὄγκων συγκεκρίσθαι, καὶ τὴν ψυχὴν ὁμοίως˙ ἣν καὶ νοῦν ταὐτὸν εἶναι. ὁρᾶν δ' ἡμᾶς κατ' εἰδώλων ἐμπτώσεις. (45) πάντα τε κατ' ἀνάγκην γίνεσθαι, τῆς δίνης αἰτίας οὔσης τῆς γενέσεως πάντων, ἣν ἀνάγκην λέγει. τέλος δ' εἶναι τὴν εὐθυμίαν, [II 84. 20App.] οὐ τὴν αὐτὴν οὖσαν τῆι ἡδονῆι, ὡς ἔνιοι παρακούσαντες ἐξεδέξαντο, ἀλλὰ καθ' ἣν γαληνῶς καὶ εὐσταθῶς ἡ ψυχὴ διάγει, ὑπὸ μηδενὸς ταραττομένη φόβου ἢ δεισιδαιμονίας ἢ ἄλλου τινὸς πάθους. καλεῖ δ' αὐτὴν καὶ εὐεστὼ καὶ πολλοῖς ἄλλοις ὀνόμασι [B 3]. ποιότητας δὲ νόμωι εἶναι, φύσει δ' ἄτομα καὶ κενόν [B 125]. καὶ ταῦτα μὲν αὐτῶι ἐδόκει. τὰ δὲ βιβλία αὐτοῦ κτλ. §§ 46-49 = 68 A 33.
(49)
[II 84. 25 App.] γεγόνασι δὲ Δημόκριτοι ἕξ˙ πρῶτος αὐτὸς οὗτος, δεύτερος Χῖος μουσικὸς κατὰ τὸν αὐτὸν χρόνον, τρίτος ἀνδριαντοποιός, οὗ μέμνηται Ἀντίγονος [S. 10 Wilamowitz], τέταρτος περὶ τοῦ ἱεροῦ τοῦ ἐν Ἐφέσωι γεγραφὼς καὶ τῆς πόλεως καὶ Σαμοθράικης [F.H.G. IV 383, 384], πέμπτος ποιητὴς ἐπιγραμμάτων σαφὴς καὶ ἀνθηρός, ἕκτος Περγαμηνὸς ἀπὸ ῥητορικῶν λόγων 〈εὐδοκιμήσας〉.