72. ANASSARCO

A. VITA E DOTTRINA

72 A 1. DIOG. LAERT. IX 58-60. Anassarco di Abdera. Egli fu scolaro di Diogene di Smirne; e questi discepolo di Metrodoro di Chio, il quale diceva di non sapere neppure questa stessa cosa, di nulla sapere; e Metrodoro era stato scolaro di Nessa di Chio, ma altri dicono di Democrito. Anassarco pertanto fu in rapporti di familiarità con Alessandro Magno ed era in piena fama nella 110.a olimpiade [340-37] ed aveva un nemico nel tiranno di Cipro, Nicocreonte; e una volta in un banchetto, avendogli chiesto Alessandro che gliene sembrasse del pranzo, dicono che rispose:

O re, tutto magnificamente; vi sarebbe stato bisogno soltanto, per farlo completo, che ci fosse imbandita la testa di un certo satrapo

lanciando la frecciata all'indirizzo di Nicocreonte. (59) E questi, che gli aveva serbato vivo rancore, dopo la morte del re, in occasione che Anassarco durante un viaggio per mare fu costretto contro sua voglia a sbarcare a Cipro, lo fece prendere e mettere in un mortaio, ordinando che fosse pestato con pestoni di ferro. Ma il filosofo nulla curandosi della pena, pronunciò quelle parole veramente famose:

Pesta pure il sacco di Anassarco, tu non pesti Anassarco.

E' fama che, avendo allora Nicocreonte ordinato anche di tagliargli la lingua, egli stesso se la staccò con un morso e gliela sputò davanti. E c'è un mio epigramma su di lui, così [Anth. Pal. VII 133]:

Pestate,1*o Nicocreonte, anche di più: non è che un sacco;
pestate: Anassarco è da tempo nella dimora di Zeus.
E a te, facendoti lacerare sugli aculei, dirà tra breve
queste parole Persefone: «Va in malora, cattivo mugnaio!»

(60) Egli fu denominato Eudemònico per l'impassibilità ed il buon umore sempre dimostrati nella vita; ed era abile a indirizzare nel modo più agevole sulla via della saggezza. Così, poiché Alessandro riteneva di essere un dio, egli lo distolse da quell'idea: vedendo una volta che gli scorreva sangue da una ferita, glielo accennò con la mano e gli disse:

«Questo qui è sangue e non icore, quale appunto scorre nei numi beati».2*

E Plutarco [A 4] dice che la cosa fu raccontata da Alessandro stesso agli amici. Ma anche in altra occasione Anassarco, brindando al re, alzò il calice e disse:3*

Sarà colpito qualcuno degli dèi da mano mortale.4*

72 [59]. ANAXARCHOS
[II 235. 5 App.]

A. LEBEN UND LEHRE

72 A 1. DIOG. IX 58-60 Ἀνάξαρχος Ἀβδηρίτης. οὗτος ἤκουσε Διογένους τοῦ Σμυρναίου˙ ὁ δὲ Μητροδώρου τοῦ Χίου, ὃς ἔλεγε μηδ' αὐτὸ τοῦτ' εἰδέναι ὅτι οὐδὲν οἶδε˙ Μητρόδωρον δὲ Νεσσᾶ τοῦ Χίου, οἱ δὲ Δημοκρίτου φασὶν ἀκοῦσαι. [II 235. 10 App.] ὁ δ' οὖν Ἀνάξαρχος καὶ Ἀλεξάνδρωι συνῆν καὶ ἤκμαζε κατὰ τὴν δεκάτην καὶ ἑκατοστὴν ὀλυμπιάδα [340-337] καὶ εἶχεν ἐχθρὸν Νικοκρέοντα τὸν Κύπρου τύραννον˙ καί ποτε ἐν συμποσίωι τοῦ Ἀλεξάνδρου ἐρωτήσαντος αὐτόν, τί ἄρα δοκεῖ τὸ δεῖπνον, εἰπεῖν φασιν˙ 'ὦ βασιλεῦ, πάντα πολυτελῶς˙ ἔδει δὲ λοιπὸν κεφαλὴν σατράπου τινὸς παρατεθεῖσθαι' ἀπορρίπτων πρὸς τὸν Νικοκρέοντα. (59) ὁ δὲ [II 235. 15 App.] μνησικακήσας μετὰ τὴν τελευτὴν τοῦ βασιλέως ὅτε πλέων ἀκουσίως προσηνέχθη τῆι Κύπρωι ὁ Ἀνάξαρχος, συλλαβὼν αὐτὸν καὶ εἰς ὅλμον βαλὼν ἐκέλευσε τύπτεσθαι σιδηροῖς ὑπέροις. τὸν δὲ οὐ φροντίσαντα τῆς τιμωρίας εἰπεῖν ἐκεῖνο δὴ τὸ περιφερόμενον˙ 'πτίσσε τὸν Ἀναξάρχου θύλακον, Ἀνάξαρχον δὲ οὐ πτίσσεις'. κελεύσαντος δὲ τοῦ Νικοκρέοντος καὶ τὴν γλῶτταν αὐτοῦ ἐκτμηθῆναι, λόγος [II 235. 20 App.] ἀποτραγόντα προσπτύσαι αὐτῶι. καὶ ἔστιν ἡμῶν εἰς αὐτὸν οὕτως 〈ἔχον〉 [Anth. P. VII 133]˙

πτίσσετε, Νικοκρέων, ἔτι καὶ μάλα˙ θύλακός ἐστι˙
πτίσσετ'˙ Ἀνάξαρχος δ' ἐν Διός ἐστι πάλαι.
καὶ σὲ διαστείλασα γνάφοις ὀλίγον (?) τάδε λέξει
[II 235. 25 App.] ῥήματα Φερσεφόνη˙ 'ἔρρε μυλωθρὲ κακέ'.


(60) οὗτος διὰ τὴν ἀπάθειαν καὶ εὐκολίαν τοῦ βίου Εὐδαιμονικὸς ἐκαλεῖτο˙ καὶ ἦν ἐκ τοῦ ῥάιστου δυνατὸς σωφρονίζειν. τὸν γοῦν Ἀλέξανδρον οἰόμενον εἶναι θεὸν ἐπέστρεψεν˙ ἐπειδὴ γὰρ ἔκ τινος πληγῆς εἶδεν αὐτῶι καταρρέον αἷμα, δείξας τῆι χειρὶ πρὸς αὐτόν φησι˙ 'τουτὶ μὲν αἷμα καὶ οὐκ ἰχώρ, οἷός πέρ τε ῥέει
[II 236. 1] μακάρεσσι θεοῖσι' [E 340]. Πλούταρχος [s. Z. 37] δ' αὐτὸν Ἀλέξανδρον τοῦτο λέξαι πρὸς τοὺς φίλους φησίν. ἀλλὰ καὶ ἄλλοτε [s. II 238, 10] προπίνοντα αὐτῶι τὸν Ἀνάξαρχον δεῖξαι τὴν κύλικα καὶ εἰπεῖν˙

βεβλήσεταί τις θεῶν βροτησίαι χερί [Eur. Or. 271].