72 A 3. PLUTARCH. Alex. 52 [da Ermippo, che si richiama al racconto fatto da Strebo, lettore di Callistene, ad Aristotele: cfr. cap. 67 in princ.]. [Dopo la morte di Clito] Callistene tentava, secondo le convenienze e con dolcezza, di riprendere il suo [= di Alessandro] dolore, cercando d'insinuarsi con l'indurlo alla riflessione e circuendolo senza amarezza, mentre Anassarco, che seguiva in filosofia una via del tutto propria e che aveva acquistato fama di disprezzo e di noncuranza verso tutti quelli con cui aveva consuetudine, non appena entrato da lui, cominciò a gridargli: «Ah, questo è quell'Alessandro, verso il quale ora tutto il mondo tien rivolti gli sguardi: ed egli si getta a terra piangendo come uno schiavo che teme la legge e il biasimo degli uomini, di quelli ai quali invece conviene che sia lui stesso legge e norma del giusto, dal momento ch'egli ha vinto per comandare e per dominare e non già per essere loro servo, lasciandosi dominare da una vana opinione». «Non sai», gli diceva, «che Zeus tien sedute al suo fianco come ministre la Giustizia e la Legge, affinché tutto ciò che è compiuto da colui che comanda sia legittimo e giusto?». Con discorsi di questo tenore, Anassarco alleviò il dolore del re, ma rese il carattere di lui più orgoglioso e più insofferente delle leggi in parecchie circostanze e si insinuò straordinariamente nell'animo del re e gli rese sempre più antipatica la compagnia di Callistene, la quale del resto non gli era gradita a cagione della sua austerità. E si narra che una volta, ad un banchetto, caduto il discorso sulle stagioni e sulla temperatura sotto quel clima, Callistene condivideva l'opinione di quanti sostenevano che il clima di quei luoghi era più freddo e rigido di quello della Grecia; e, visto che Anassarco lo contraddiceva tanto per contrariarlo, gli ribatté: «Eppure, tu non puoi fare a meno di convenire che qui fa più freddo che in Grecia: infatti là passavi l'inverno con un mantello, qui invece, mentre sei a tavola, stai coperto con tre tappeti». E ciò irritò anche di più Anassarco. 72 A 3. PLUT. Alex. 52 [aus Hermippos, der sich auf den Bericht des Stroibos, Vorlesers des Kallisthenes, an Aristoteles bezieht, vgl. c. 67 Anf.] (nach dem Tode des Kleitos) Καλλισθένης μὲν ἠθικῶς ἐπειρᾶτο καὶ πράιως ὑποδυόμενος [II 236. 20] τῶι λόγωι καὶ περιιὼν ἀλύπως λαβέσθαι τοῦ πάθους, ὁ δὲ Ἀνάξαρχος ἰδίαν τινὰ πορευόμενος ἐξ ἀρχῆς ὁδὸν ἐν φιλοσοφίαι καὶ δόξαν εἰληφὼς ὑπεροψίας καὶ ὀλιγωρίας τῶν συνήθων εὐθὺς εἰσελθὼν ἀνεβόησεν˙ 'οὗτός ἐστιν Ἀλέξανδρος, εἰς ὃν ἡ οἰκουμένη νῦν ἀποβλέπει˙ ὁ δὲ ἔρριπται κλαίων ὥσπερ ἀνδράποδον ἀνθρώπων νόμον καὶ ψόγον δεδοικώς, οἷς αὐτὸν προσήκει νόμον εἶναι καὶ ὅρον τῶν [II 236. 25] δικαίων, ἐπείπερ ἄρχειν καὶ κρατεῖν νενίκηκεν, ἀλλὰ μὴ δουλεύειν ὑπὸ κενῆς δόξης κεκρατημένον. οὐκ οἶσθα, εἶπεν, ὅτι τὴν Δίκην ἔχει πάρεδρον ὁ Ζεὺς καὶ τὴν Θέμιν, ἵνα πᾶν τὸ πραχθὲν ὑπὸ τοῦ κρατοῦντος θεμιτὸν ἦι καὶ δίκαιον;' τοιούτοις τισὶ λόγοις χρησάμενος ὁ Ἀνάξαρχος τὸ μὲν πάθος ἐκούφισε τοῦ βασιλέως, τὸ δὲ ἦθος εἰς πολλὰ χαυνότερον καὶ παρανομώτερον ἐποίησεν, αὑτὸν δὲ δαιμονίως ἐνήρμοσε [II 236. 30 App.] καὶ τοῦ Καλλισθένους τὴν ὁμιλίαν οὐδὲ ἄλλως ἐπίχαριν διὰ τὸ αὐστηρὸν οὖσαν προσδιέβαλε. λέγεται δέ ποτε παρὰ δεῖπνον ὑπὲρ ὡρῶν καὶ κράσεως τοῦ περιέχοντος λόγων ὄντων τὸν Καλλισθένην μετέχοντα δόξης τοῖς λέγουσι τἀκεῖ μᾶλλον εἶναι ψυχρὰ καὶ δυσχείμερα τῶν Ἑλληνικῶν, ἐναντιουμένου τοῦ Ἀναξάρχου καὶ φιλονικοῦντος εἰπεῖν˙ 'ἀλλὰ μὴν ἀνάγκη σοι ταῦτα ἐκείνων ὁμολογεῖν ψυχρότερα˙ [II 236. 35] σὺ γὰρ ἐκεῖ μὲν ἐν τρίβωνι διεχείμαζες, ἐνταῦθα δὲ τρεῖς ἐπιβεβλημένος δάπιδας κατάκεισαι'. τὸν μὲν οὖν Ἀνάξαρχον καὶ τοῦτο προσπαρώξυνε.