[2] Ἔλεγε (DK 22 B 43) δὲ καὶ

"ὕβριν χρὴ σβεννύναι μᾶλλον ἢ πυρκαϊήν",

καὶ (DK 22 B 44)

"μάχεσθαι χρὴ τὸν δῆμον ὑπὲρ τοῦ νόμου ὅκως ὑπὲρ τείχεος."

καθάπτεται δὲ καὶ τῶν Ἐφεσίων ἐπὶ τῷ τὸν ἑταῖρον ἐκβαλεῖν Ἑρμόδωρον ἐν οἷς φησιν (DK 22 B 121),


"ἄξιον Ἐφεσίοις ἡβηδὸν ἀπάγξασθαι πᾶσι καὶ τοῖς ἀνήβοις τὴν πόλιν καταλιπεῖν, οἵτινες Ἑρμόδωρον ἄνδρα ἑωυτῶν ὀνήιστον ἐξέβαλον λέγοντες, Ἡμέων μηδὲ εἷς ὀνήιστος ἔστω˙ εἰ δέ τις τοιοῦτος, ἄλλῃ τε καὶ μετ' ἄλλων."


ἀξιούμενος δὲ καὶ νόμους θεῖναι πρὸς αὐτῶν ὑπερεῖδε διὰ τὸ ἤδη κεκρατῆσθαι τῇ πονηρᾷ πολιτείᾳ τὴν πόλιν.

[2] Era solito anche dire che

bisogna spegnere la violenza piuttosto che l'incendio

e che

il popolo deve combattere per la sua legge come per le mura della città.

Attacca violentemente gli Efesii per aver esiliato il suo amico Ermodoro. 6* Le sue parole sono queste:

Si comporterebbero bene gli Efesii se uno per uno tutti gli adulti ponessero fine ai loro giorni impiccandosi ed affidassero la città ai giovinetti impuberi, perché essi bandirono dalla città il loro uomo più degno, Ermodoro, proclamando: «Nessuno di noi sia degnissimo; ma se ve n'è uno che tale sia, se ne vada altrove a vivere con altri».

Pregato dai suoi concittadini di dare un corpo di leggi, egli rifiutò perché già la città era dominata da una cattiva costituzione.