47 A 5. PLAT. ep. 7 338 C. Quanto a me, non ignoravo che spesso i giovani si trovano in questa disposizione di spirito riguardo alla filosofia: e tuttavia mi sembrava più sicuro, per allora, di non occuparmi più di Dione e di Dionisio; sicché risposi che ero vecchio e che nessuno degli accordi era stato rispettato. Così m'inimicai entrambi. Sembra però che in seguito sia andato da Dionisio Archita, il quale, con la città di Taranto, era divenuto, prima ch'io partissi, ospite e amico di Dionisio, per opera mia... (339 A) Devo ora dire la verità, anche se poi qualcuno, udito il mio racconto, disprezzerà la mia filosofia e giudicherà intelligente il tiranno. Dionisio m'invitò per la terza volta, e mi mandò, per facilitarmi il viaggio, una trireme, con Archedemo, un familiare d'Archita, ch'egli giudicava ch'io apprezzassi sopra tutti gli altri Siculi, e altri Siculi ancora, miei conoscenti. E tutti mi ripetevano la stessa cosa, che Dionisio aveva compiuto straordinari progressi nella filosofia. Mi mandò anche una lunghissima lettera... Mi giungevano intanto anche altre lettere, di Archita e dei Tarentini: e tutte esaltavano l'amore di Dionisio per la filosofia, e tutte dicevano che, se non andavo subito, si sarebbe rotta l'amicizia, di grande importanza politica, che, per opera mia, avevano stretta con Dionisio... (340 A) Vi andai dunque, nascondendomi la verità.... ma, com'è naturale, con grandi timori e con cattivi presentimenti: e per la terza volta dovetti ringraziare Zeus salvatore... (350 A) Vennero da me, oltre ad altri, alcuni addetti d'Atene, miei concittadini, e mi dissero che mi si calunniava presso i peltasti, e che alcuni avevano dichiarato di volermi uccidere se mi prendevano. Per salvarmi, escogitai questo mezzo: feci sapere ad Archita e agli altri miei amici di Taranto in che situazione mi trovavo. Ed essi, cogliendo il pretesto di un'ambasceria, mandarono una triacontoro con Lamisco, uno di loro. Costui andò da Dionisio e lo pregò per me e gli disse ch'io volevo partire e che non mi mettesse ostacoli. Dionisio accondiscese, e mi lasciò partire dandomi il denaro per il viaggio... Arrivato in Olimpia [Ol. 105 = 360] nel Peloponneso, tra gli spettatori trovai Dione, e gli raccontai quello ch'era avvenuto. CICER. de rep. I 10, 16. Credo, o Tuberone, che tu sappia che Platone, dopo la morte di Socrate, se ne andò dapprima in Egitto per amor di conoscenza, e poi in Italia e in Sicilia per apprendere le scoperte dei Pitagorici, e che ivi stette a lungo con Archita di Taranto e con Timeo di Locri, e vi trovò i commentari di Filolao. [DEMOSTH.] erot. or. 61, 46. ... Archita di Taranto, ricevuto il governo della sua città, lo resse così bene e con tanta umanità, che la sua fama si diffuse ovunque. Da principio egli era disprezzato: poi, per essere venuto a contatto con Platone, crebbe in considerazione. 47 A 5. PLATO EP. VII p. 338 C ὅμως δ' οὖν ἀσφαλέστερόν μοι ἔδοξε χαίρειν τότε γε [vor der dritten Reise nach Syrakus 361] πολλὰ καὶ Δίωνα καὶ Διονύσιον ἐᾶν [I 422. 35] καὶ ἀπηχθόμην ἀμφοῖν ἀποκρινάμενος ὅτι γέρων τε εἴην καὶ κατὰ τὰς ὁμολογίας οὐδὲν γίγνοιτο τῶν τὰ νῦν πραττομένων. ἔοικε δὴ τὸ μετὰ τοῦτο Ἀρχύτης τε παρὰ Διονύσιον ἀφικέσθαι˙ ἐγὼ γὰρ πρὶν ἀπιέναι [einige Zeit nach 367, zweite Reise] ξενίαν καὶ φιλίαν Ἀρχύτηι καὶ τοῖς ἐν Τάραντι καὶ Διονυσίωι ποιήσας ἀπέπλεον . . . (339 A) ἔπεμψε μὲν γὰρ δὴ Διονύσιος τρίτον ἐπ' ἐμὲ τριήρη ῥαιστώνης [I 422. 40] ἕνεκα τῆς πορείας, ἔπεμψε δὲ Ἀρχέδημον, ὃν ἡγεῖτό με τῶν ἐν Σικελίαι περὶ πλείστου ποιεῖσθαι τῶν Ἀρχύτηι ξυγγεγονότων ἕνα καὶ ἄλλους γνωρίμους τῶν ἐν Σικελίαι . . . [Brief des Dionysios an Platon] ἐπιστολαὶ δὲ ἄλλαι ἐφοίτων παρά τε [I 423. 1] Ἀρχύτου καὶ τῶν ἐν Τάραντι τήν τε φιλοσοφίαν ἐγκωμιάζουσαι τὴν Διονυσίου, καὶ ὅτι, ἂν μὴ ἀφίκωμαι νῦν, τὴν πρὸς Διονύσιον αὐτοῖς γενομένην φιλίαν δι' ἐμοῦ οὐ σμικρὰν οὖσαν πρὸς τὰ πολιτικὰ παντάπασι διαβαλοίην. (340 A) πορεύομαι δὴ . . . πολλὰ δεδιὼς μαντευόμενός τε οὐ πάνυ καλῶς. (350 A) προσιόντες δέ μοι [I423. 5] ἄλλοι τε καὶ οἱ τῶν ὑπηρεσιῶν ὄντες Ἀθήνηθεν ἐμοὶ πολῖται ἀπήγγελλον ὅτι διαβεβλημένος εἴην ἐν τοῖς πελτασταῖς καί μοί τινες ἀπειλοῖεν, εἴ που λήψονταί με, διαφθερεῖν. μηχανῶμαι δή τινα τοιάνδε σωτηρίαν˙ πέμπω παρ' Ἀρχύτην καὶ τοὺς ἄλλους φίλους εἰς Τάραντα, φράζων ἐν οἷς ὢν τυγχάνω. οἱ δὲ πρόφασίν τινα πρεσβείας πορισάμενοι παρὰ τῆς πόλεως πέμπουσι τριακόντορόν τε καὶ Λαμίσκον [I 423. 10] αὑτῶν ἕνα, ὃς ἐλθὼν ἐδεῖτο Διονυσίου περὶ ἐμοῦ λέγων, ὅτι βουλοίμην ἀπιέναι καὶ μηδαμῶς ἄλλως ποιεῖν˙ ὁ δὲ ξυνωμολόγησε καὶ ἀπέπεμψεν ἐφόδια δούς . . . ἐλθὼν δὲ εἰς Πελοπόννησον εἰς Ὀλυμπίαν [Ol. 105. 360] Δίωνα καταλαβὼν θεωροῦντα ἤγγελλον τὰ γεγονότα. Hieraus alle Späteren z. B. CIC. de rep. I 10, 16 audisse te credo, Tubero, Platonem Socrate mortuo primum [I 423. 15] in Aegyptum discendi causa, post in Italiam et in Siciliam contendisse, ut Pythagorae inventa perdisceret, eumque et cum Archyta Tarentino et cum Timaeo Locro multum fuisse et Philoleo commentarios esse nanctum. [DEMOSTH.] Erotic. or. 61 § 46 . . . Ἀρχύταν τὴν Ταραντίνων πόλιν οὕτω καλῶς καὶ φιλανθρώπως διοικήσαντα καὶ κύριον αὐτῆς καταστάντα, ὥστ' εἰς ἅπαντας τὴν [I 423. 20] ἐκείνου μνήμην διενεγκεῖν˙ ὃς ἐν ἀρχῆι καταφρονούμενος ἐκ τοῦ Πλάτωνι πλησιάσαι τοσαύτην ἔλαβεν ἐπίδοσιν.