68 C 6. [HIPPOCR.] 23, 1-11 [IX 392]. Democrito ad Ippocrate sulla natura dell'uomo.

(1) Conviene che tutti gli uomini, o Ippocrate, conoscano l'arte medica (giacché non soltanto è bello conoscerla, ma anche utile per la vita) e principalmente coloro che son divenuti provetti nella cultura e nel ragionamento: perché io ritengo la scienza medica sorella ed inseparabile compagna della filosofia. (2) Infatti «la filosofia sottrae l'animo al dominio delle passioni, come la medicina libera il corpo dalle malattie» [cfr. B 31]. E l'intelletto si sviluppa quando c'è la salute: di questa dunque è bene che siano previdenti custodi quelli che hanno senno, pensando che, quando lo stato del corpo è sofferente, l'intelletto non riesce neppure a infondere zelo per l'esercizio della virtù: infatti la malattia che s'impadronisce di noi offusca fortemente l'animo, facendo partecipare anche la mente alle sofferenze del corpo. (3) Ora, la descrizione del fisico dell'uomo corrisponde appunto a tale concezione. Il cervello è posto a custodia della sommità del corpo, della quale gli è affidata la sicurezza: esso è contenuto entro membrane nervose, protette da specie particolari di ossa duplici, adatte all'uopo, che racchiudono il cervello, signore e custode dell'intelletto, adornando la cute [sovrastante] con acconcio rivestimento di capelli. (4) Quanto agli occhi, la facoltà visiva, posta al sicuro entro molte tuniche e in uno stabile equilibrio di umidità, ha la sua sede nella cavità posta sotto la fronte; e la causa del vedere, la sensibilissima pupilla, è in situazione favorevole sotto la protezione dell'intreccio delle ciglia. Le due narici poi, che hanno la funzione di discernere gli odori, pongono un distacco alla vicinanza degli occhi. (5) Le labbra, formando col loro molle contatto la chiusura della bocca, producono e regolano il senso e la esatta pronuncia delle parole. L'osso del mento termina alquanto appuntito ed è connesso alla mascella mediante le ossa zigomatiche. Poi l'artefice di quest'opera vi aperse le orecchie quali recipienti atti ad accogliere i discorsi; e, se l'animo che ad esse sovrasta non è ben saldo, diviene servo dell'irragionevolezza. La lingua, madre della favella, messaggera dell'animo, portinaia del gusto, è difesa dalle forti barriere dei denti. (6) La trachea e la faringe, congiunte, si accompagnano: l'una immette 〈l'aria〉 nelle vie respiratorie, l'altra invia il cibo sino al fondo del ventre spingendo fortemente. Il cuore, dalla forma di cono, è il re [di tutto questo regno]: esso è la fonte dell'ira; ed è cinto dal torace117* che lo ripara da ogni minaccia. Nei polmoni le frequenti anfrattuosità, che vengono percorse dall'aria, fanno uscire il fiato che è causa della voce. (7) Ma quel che fornisce il sangue e lo trasforma in nutrimento, coi lobi che circondano a più riprese la vena cava, è il fegato, da cui traggono origine i desideri. La bile è verde ed ha la sua sede nel fegato; essa, se si spande fuori, corrompe il corpo umano. Di faccia al fegato, poi, giace la milza, pericolosa ed inutile ospite del corpo umano, non destinata ad alcuna funzione speciale. (8) Sta in mezzo a questi visceri, presiedendo ai loro movimenti, lo stomaco, che tutto riceve entro di sé; eppoi si distende regolando la digestione. Contenuti nel ventre, ove si agitano in servizio dell'insieme, si avvolgono gli intestini, con la funzione di ricevere e di espellere. (9) I due reni, situati al di sopra delle anche e rivestiti di grasso, sono per natura non estranei alla escrezione delle urine. Signore di tutto il ventre, il cosiddetto peritoneo avvolge tutto l'intestino, eccettuata solamente la milza. (10) Procedendo, si trova la vescica, che è di struttura nervosa : essa, situata allo sbocco delle anche, per mezzo del suo complicato sistema di vasi è la causa [diretta] della escrezione delle urine. Sta vicina a questa la generatrice delle creature, quella che (tremendamente dolorosa) è la causa delle innumerevoli doglie della donna, cioè la matrice, in posizione ben riparata: a chiuderne l'ingresso emerge dall'interno delle cosce una carne che viene stretta dai [suoi] nervi e proviene dalla sovrabbondanza di materia del ventre, cosa questa provvidenziale per il parto. (11) Sono poi sospesi al corpo, occupando una loro sede all'esterno, i testicoli, che servono per la procreazione dei figli e che sono rivestiti di molteplici tuniche; il membro virile, poi, [composto di] un intreccio di vene e di nervi e che compie l'escrezione dell'urina, è stato prodotto dalla natura come strumento della copulazione e nell'età della giovinezza si circonda di fitti peli. (12) Le gambe e le braccia e le estremità da esse dipendenti, avendo in sé raccolto il governo di ogni [azione da compiersi in] servigio [del corpo], compiono con prontezza i servigi comandati dai nervi. La incorporea natura, poi, creò nel nostro interno le più varie specie di visceri, i quali, quando la morte s'impadronisce [del corpo], tosto cessano dalla loro funzione.

68 C 6. HIPPOCR. 23, 1ff. [IX 392 L.] Δημόκριτος Ἱπποκράτει περὶ φύσιος ἀνθρώπου.
(1) χρὴ πάντας ἀνθρώπους ἰητρικὴν τέχνην ἐπίστασθαι, ὦ Ἱππόκρατες, (καλὸν γὰρ ἅμα καὶ ξυμφέρον ἐς τὸν βίον), τουτέων δὲ μάλιστα τοὺς παιδείας καὶ λόγων
[II 227. 10 App.] ἴδριας γεγενημένους. ἱ((στορίην σοφίης γὰρ δοκέω ἰητρικῆς ἀδελφὴν καὶ ξύνοικον˙ (2) 'σοφίη μὲν γὰρ ψυχὴν ἀναρύεται παθέων, ἰητρικὴ δὲ νούσους σωμάτων ἀφαιρέεται' [vgl. B 31]. αὔξεται δὲ νόος παρεούσης ὑγείης, ἣν καλὸν προνοέειν τοὺς ἐσθλὰ φρονέοντας˙ ἕξεως δὲ σωματικῆς ἀλγεούσης, οὐδὲ προθυμίην ἄγει νόος ἐς μελέτην ἀρετῆς˙ νοῦσος γὰρ παρεοῦσα δεινῶς ψυχὴν ἀμαυροῖ, φρόνησιν ἐς συμπαθείην [II 227. 15 App.] ἄγουσα. (3) φύσιος δὲ ἀνθρωπίνης ὑπογραφὴ θεωρίην ἔχει τοιήνδε˙ ὁ μὲν ἐγκέφαλος φρουρέει τὴν ἄκρην τοῦ σώματος, ἀσφάλειαν ἐμπεπιστευμένος, ὑμέσι νευρώδεσιν συνεισκατοικέων, ὑπὲρ ὧν ὀστέων διπλῶν φύσιες ἀναγκαίῃ ἀρηρυῖαι δεσπότην φύλακα διανοίης καλύπτουσιν ἐγκέφαλον, τριχῶν εὐκοσμία χρῶτα κοσμεῦσαι. (4) τὸ δὲ τῶν ὀμμάτων ὁρητικὸν ἐν πολυχίτωνι φωλεῦον [II 227. 20 App.] ὑγροῦ εὐσταθείηι ὑπομετώποι κολασίῃ συνίδρυται˙ θεωρίης δὲ αἴτιον˙ ἀκριβὴς [δὲ] κόρη φύλακα ταρσὸν εὐκαιρίηι ὑπομένει. διπλοῖ δὲ ῥώθωνες, ὀσφρήσιος ἐπιγνώμονες, διορίζουσιν ὀφθαλμῶν γειτνίην. (5) μαλακὴ δὲ χειλέων ἁφὴ στόματι περιπτυσσομένη, ῥημάτων αἴσθησιν ἀκριβῆ τε διάρθρωσιν παρέσχηκε κυβερνωμένη. γένειον δὲ ἀκροτελὲς καὶ χελύνειον γόμφοις συνηρμοσμένον. ἐνδοχεῖα [II 227. 25 App.] δὲ μύθων ὦτα δημιουργὸς ἀνέῳγεν, οἷς ἐπεὼν ὁ θυμὸς οὐκ ἀσφαλὴς διήκονος ἀλογιστίης γίνεται. λαλιῆς μήτηρ γλῶσσα, ψυχῆς ἄγγελος, πυλωρεῦσα τὴν γεῦσιν, ὀχυροῖς ὀδόντων θριγκοῖσι πεφρούρηται. (6) βρόγχος δὲ καὶ φάρυγξ ἡρμοσμένοι ἀλλήλοις γειτνιῶσιν˙ ὁ μὲν γὰρ ἐς κέλευθον πνεύματος, ὁ δὲ ἐς βυθὸν κοιλίης τροφὴν προπέμπει λάβρον ὠθεύμενος. κωνοειδὴς δὲ καρδίη βασιλὶς, ὀργῆς τιθηνὸς, [II 227. 30 App.] πρὸς πᾶσαν ἐπιβουλὴν ἐνδέδυκε θώρακα. θαμιναὶ δὲ πνευμόνων σήραγγες ἠέρι διαδύμεναι, φωνῆς αἴτιον πνεῦμα τίκτουσιν. (7) τὸ δὲ χορηγὸν αἵματος καὶ μεταβάλλον εἰς τροφὴν, σὺν λοβοῖς πολλάκις κοίλῃ περίπλοοις, ἔσται ἧπαρ [II 228. 1 App.] ἐπιθυμίης αἴτιον˙ χλωρὴ δὲ χολὴ, πρὸς ἥπατι μένουσα, καὶ διαφθορὴ σώματος ἀνθρωπηΐου ὑπερβλύσασα γίνεται. βλαβερὸς δὲ σώματος ἀνθρωπίνου καὶ ἀνωφελὴς ἔνοικος, σπλὴν ἀπέναντι εὕδει πρᾶγμα μηδὲν αἰτούμενος. (8) μέση δὲ τουτέων χορηγεῖ πανδέκτειρα κοιλίη, καὶ εὐνάζεται διοικέουσα τὴν πέψιν. ἔνοχα [II 228. 5] δὲ κοιλίης, συνθέσιος δημιουργίῃ συνδονεύμενα, εἱλεῖται περὶ κοιλίην ἔντερα, λήψιος καὶ ἀποκρίσεως αἴτια. (9) δίδυμοι δὲ νεφροὶ ἰσχίοισιν ἐνιδρυσμένοι καὶ ἠμφιεσμένοι δημῷ, οὔρων ἐκκρίσιος οὐκ ἀλλότριοι πεφύκασιν. κύριος δὲ ἁπάσης κοιλίης ὁ καλούμενος ἐπίπλους γαστέρα πᾶσαν ἐμπεριείληφε, μόνου σπληνὸς ἄτερ. (10) ἐξῆς νευρώδης κύστις ἰσχίῳ στόμα ἐνιδρυσμένη, συμπεπλεγμένων [II 228. 10 App.] ἀγγείων, οὔρων ἐκκρίσιος αἰτίη γίνεται. ἡ δὲ γειτνιῶσα ταύτῃ μήτηρ βρεφέων, ἡ δεινὸν ἄλγος, τῶν ἐν γυναικὶ μόχθων μυρίων παραιτίη, μήτρη πεφώλευκεν˙ ἡ πυλωρὸς μυχοῖς ἰσχίων βράσασα σὰρξ σφίγγεται νεύροισιν, ἐκ δὲ πλήθους ἐκχέουσα γαστρὸς φύσιος, ἐκ τόκου προνοίης. (11) ἐκ δὲ σώματος κρεμαστοὶ ἐκτὸς οἰκίην νέμονται ἔκγονοι κτίσται ὄρχεις, πουλυχίτωνες ἐόντες˙ εὔνοον ἥβῃ, ἀπὸ φλεβέων [II 228. 15 App.] τε καὶ νεύρων πλέγμα, οὔρων ἔκχυσιν ποιεύμενον, συνουσίης ὑπουργὸν, φύσιος ὕπο δεδημιούργηται, θριξὶν ἥβης πυκαζομένον. (12) σκέλη δὲ καὶ βραχίονες καὶ τὰ προσηρτημένα τουτέοισιν ἄκρα, διηκονίης πᾶσαν ἀρχὴν συνηθροισμένα ἔχοντα, νεύρων [τε] ἀσφαλῆ λειτουργίην τελέουσιν. ἡ δὲ ἀσώματος ἐν μυχοῖς φύσις ἐξέτευξε παντάμορφα σπλάγχνων γένη, ἃ δὴ θάνατος ἐπισταθεὶς [II 228. 20] ὠκέως ἔπαυσε λειτουργίης.