67 A 8. SIMPLIC. phys. 28, 4 [cfr. THEOPHR. phys. opin. fr. 8; Dox. 483]. Leucippo, di Elea o di Mileto (perché su di lui c'è l'una e l'altra tradizione), parteggiando per la filosofia di Parmenide, non seguì però la stessa via di Parmenide e di Senofane nella spiegazione delle cose, ma, secondo che si ritiene comunemente,38*una via del tutto contraria. Infatti, mentre quelli concepivano l'universo come uno e immobile e non generato e limitato e non accedevano neppure a porre l'ipotesi del non essere, egli [Leucippo] mise innanzi come elementi infiniti ed in eterno movimento gli atomi ed affermò che le loro forme sono pur esse in numero infinito, sia perché nulla possiede questa forma qui a maggior ragione di quest'altra, sia perché egli osservava che generazione e cangiamento sono ininterrotti negli esseri. Inoltre egli non ammise che l'essere esistesse a maggior ragione che il non essere, e considerò l'uno e l'altro egualmente come cause delle cose che si generano. Infatti, poiché supponeva che la sostanza degli atomi fosse solida e piena, la chiamò essere e disse che si muove nel vuoto, al quale diede appunto il nome di non essere, dicendo ch'esso esiste non meno dell'essere. Analogamente anche il suo discepolo Democrito di Abdera pose come princìpi il pieno e il vuoto, ecc. CICER. ac. pr. II 37, 118 [Dox. 119]. [Tra Parmenide e Democrito] Leucippo pose come princìpi il pieno e il vuoto; Democrito su questo punto non differisce da lui, ma è molto più diffuso sulle altre questioni. 67 A 8. SIMPL. Phys. 28, 4 [aus THEOPHR. Phys. Opin. fr. 8; D. 483] Λ. δὲ ὁ Ἐλεάτης ἢ Μιλήσιος (ἀμφοτέρως γὰρ λέγεται περὶ αὐτοῦ) κοινωνήσας Παρμενίδηι [II 74. 1App.] τῆς φιλοσοφίας, οὐ τὴν αὐτὴν ἐβάδισε Παρμενίδηι καὶ Ξενοφάνει περὶ τῶν ὄντων ὁδόν, ἀλλ' ὡς δοκεῖ τὴν ἐναντίαν. ἐκείνων γὰρ ἓν καὶ ἀκίνητον καὶ ἀγένητον καὶ πεπερασμένον ποιούντων τὸ πᾶν καὶ τὸ μὴ ὂν μηδὲ ζητεῖν συγχωρούντων, οὗτος ἄπειρα καὶ ἀεὶ κινούμενα ὑπέθετο στοιχεῖα τὰς ἀτόμους καὶ τῶν ἐν αὐτοῖς σχημάτων [II 74. 5] ἄπειρον τὸ πλῆθος διὰ τὸ μηδὲν μᾶλλον τοιοῦτον ἢ τοιοῦτον εἶναι καὶ γένεσιν καὶ μεταβολὴν ἀδιάλειπτον ἐν τοῖς οὖσι θεωρῶν. ἔτι δὲ οὐδὲν μᾶλλον τὸ ὂν ἢ τὸ μὴ ὂν ὑπάρχειν, καὶ αἴτια ὁμοίως εἶναι τοῖς γινομένοις ἄμφω. τὴν γὰρ τῶν ἀτόμων οὐσίαν ναστὴν καὶ πλήρη ὑποτιθέμενος ὂν ἔλεγεν εἶναι καὶ ἐν τῶι κενῶι φέρεσθαι, ὅπερ μὴ ὂν ἐκάλει καὶ οὐκ ἔλαττον τοῦ ὄντος εἶναί φησι. παραπλησίως [II 74. 10] δὲ καὶ ὁ ἑταῖρος αὐτοῦ Δημόκριτος ὁ Ἀβδηρίτης ἀρχὰς ἔθετο τὸ πλῆρες καὶ τὸ κενόν κτλ. CIC. Acad. pr. II 37, 118 (D. 119) L. plenum et inane Democritus huic in hoc similis, uberior in ceteris.