30 B 7. SIMPLIC. phys. 111, 18. Dice dunque Melisso concludendo con queste parole quanto ha detto precedentemente e introducendo gli argomenti sul movimento:
(1) In questo modo dunque è eterno e infinito e uno e uguale tutto quanto. (2) E non può perire né diventare maggiore né mutare disposizione, né soffre né prova pena. Perché se fosse soggetto a qualcuna di queste cose, non sarebbe più uno. Infatti, se si trasforma, necessariamente non è uguale, ma deve perire ciò che prima era e ciò che non è deve nascere. Ora, se in diecimila anni dovesse trasformarsi di un solo capello, in tutta la durata dei tempi deve andar distrutto totalmente. (3) Ma neppure che muti disposizione è possibile: infatti la disposizione che c'era prima non perisce e quella che non c'è non nasce. Ma dal momento che nulla né si aggiunge né perisce né diventa diverso, come potrebbe alcunché mutare disposizione? Difatti se una cosa diventasse diversa con ciò sarebbe già mutata la disposizione. (4) Neppure prova sofferenza: perché non potrebbe essere tutto se soffrisse; infatti non potrebbe esistere sempre una cosa che soffre e neppure ha una forza pari a una cosa sana. Neppure sarebbe uguale, se soffrisse; infatti soffrirebbe o perché qualcosa viene a mancare o perché qualcosa sopravviene: e in questo modo non sarebbe più uguale. (5) Neppure potrebbe ciò che è sano provar sofferenza: perché perirebbe ciò che è sano e ciò che è, e ciò che non è nascerebbe. (6) Ancora, per il provar pena vale la stessa dimostrazione che per il soffrire. (7) E non c'è vuoto alcuno: perché il vuoto non è nulla: dunque non può esistere ciò che appunto non è nulla. Neanche si muove, perché non ha luogo ove subentrare, ma è pieno. Giacché se ci fosse il vuoto subentrerebbe nel vuoto: non essendoci il vuoto non ha dove subentrare. (8) Non può essere denso o rado, perché non è possibile che il rado sia pieno allo stesso modo del denso, ma il rado, appunto perché rado, è più vuoto del pieno. (9) Questa è la distinzione che bisogna fare tra pieno e non pieno: se qualcosa fa luogo e dà ricetto, non è piena, se né fa luogo né dà ricetto, è piena. (10) Cosicché è necessario che sia pieno se il vuoto non c'è. Se dunque è pieno non si muove.
30 B 7. SIMPL. Phys. 111, 18 λέγει δ' οὖν Μ. οὕτως τὰ πρότερον εἰρημένα συμπεραινόμενος καὶ οὕτως τὰ περὶ τῆς κινήσεως ἐπάγων˙ [I 270. 15 App.] (1) "οὕτως οὖν ἀίδιόν ἐστι καὶ ἄπειρον καὶ ἓν καὶ ὅμοιον πᾶν. (2) καὶ οὔτ' ἂν ἀπόλοιτο οὔτε μεῖζον γίνοιτο οὔτε μετακοσμέοιτο οὔτε ἀλγεῖ οὔτε ἀνιᾶται˙ εἰ γάρ τι τούτων πάσχοι, οὐκ ἂν ἔτι ἓν εἴη. εἰ γὰρ ἑτεροιοῦται, ἀνάγκη τὸ ἐὸν μὴ ὁμοῖον εἶναι, ἀλλὰ [I 270. 20] ἀπόλλυσθαι τὸ πρόσθεν ἐό, τὸ δὲ οὐκ ἐὸν γίνεσθαι. [I 271. 1 App.] εἰ τοίνυν τριχὶ μιῆι μυρίοις ἔτεσιν ἑτεροῖον γίνοιτο, ὀλεῖται πᾶν ἐν τῶι παντὶ χρόνωι. (3) ἀλλ' οὐδὲ μετακοσμηθῆναι ἀνυστόν˙ ὁ γὰρ κόσμος ὁ πρόσθεν ἐὼν οὐκ ἀπόλλυται οὔτε ὁ μὴ ἐὼν γίνεται. ὅτε δὲ 271. 5 App.] μήτε προσγίνεται μηδὲν μήτε ἀπόλλυται μήτε ἑτεροιοῦται, πῶς ἂν μετακοσμηθὲν τῶν ἐόντων εἴη; εἰ μὲν γάρ τι ἐγίνετο ἑτεροῖον, ἤδη ἂν καὶ μετακοσμηθείη. (4) οὐδὲ ἀλγεῖ˙ οὐ γὰρ ἂν πᾶν εἴη ἀλγέον˙ οὐ γὰρ ἂν δύναιτο ἀεὶ εἶναι χρῆμα ἀλγέον˙ οὐδὲ ἔχει [I 271. 10 App.] ἴσην δύναμιν τῶι ὑγιεῖ˙ οὐδ' ἂν ὁμοῖον εἴη, εἰ ἀλγέοι˙ ἀπογινομένου γάρ τευ ἂν ἀλγέοι ἢ προσγινομένου, κοὐκ ἂν ἔτι ὁμοῖον εἴη. (5) οὐδ' ἂν τὸ ὑγιὲς ἀλγῆσαι [I 272. 1 App.] δύναιτο˙ ἀπὸ γὰρ ἂν ὄλοιτο τὸ ὑγιὲς καὶ τὸ ἐόν, τὸ δὲ οὐκ ἐὸν γένοιτο. (6) καὶ περὶ τοῦ ἀνιᾶσθαι ὡυτὸς λόγος τῶι ἀλγέοντι. (7) οὐδὲ κενεόν ἐστιν οὐδέν˙ τὸ γὰρ κενεὸν οὐδέν ἐστιν˙ οὐκ ἂν οὖν εἴη τό γε μηδέν. [I 272. 5] οὐδὲ κινεῖται˙ ὑποχωρῆσαι γὰρ οὐκ ἔχει οὐδαμῆι, ἀλλὰ πλέων ἐστίν. εἰ μὲν γὰρ κενεὸν ἦν, ὑπεχώρει ἂν εἰς τὸ κενόν˙ κενοῦ δὲ μὴ ἐόντος οὐκ ἔχει ὅκηι ὑποχωρήσει. (8) πυκνὸν δὲ καὶ ἀραιὸν οὐκ ἂν εἴη. τὸ γὰρ ἀραιὸν οὐκ ἀνυστὸν πλέων εἶναι ὁμοίως τῶι [I 272. 10 App.] πυκνῶι, ἀλλ' ἤδη τὸ ἀραιόν γε κενεώτερον γίνεται τοῦ πυκνοῦ. (9) κρίσιν δὲ ταύτην χρὴ ποιήσασθαι τοῦ πλέω καὶ τοῦ μὴ πλέω˙ εἰ μὲν οὖν χωρεῖ τι ἢ εἰσδέχεται, οὐ πλέων˙ εἰ δὲ μήτε χωρεῖ μήτε [I 273. 1] εἰσδέχεται, πλέων. (10) ἀνάγκη τοίνυν πλέων εἶναι, εἰ κενὸν μὴ ἔστιν. εἰ τοίνυν πλέων ἐστίν, οὐ κινεῖται.