8. (1) Reputo proprio 〈del medesimo uomo〉 e della medesima arte il saper sostenere una conversazione a domanda e risposta,25*e conoscer la reale essenza delle cose, e saper giudicare rettamente, e esser bravo ad arringare il popolo, e esperto degli artifici oratorii, e capace di istruire sulla natura e genesi di tutte le cose. (2) E primieramente, colui che conosce la natura di tutto [cfr. 86 C 1], come non sarà capace anche di agire rettamente in tutto? (3) In secondo luogo, colui che conosce le risorse della parola, saprà anche parlare rettamente su tutto. (4) Poiché chi si propone di parlar bene, deve parlare di ciò che sa. Ed egli saprà parlare su tutto. (5) Appunto perché egli conosce l'arte di tutti i discorsi, e non c'è discorso che non abbia per oggetto la realtà. (6) Deve poi, chi vuol parlar rettamente, conoscer bene le cose di cui vuol parlare; e con giusto metodo insegnare alla città a compiere le azioni buone, e da quelle cattive, distoglierla. (7) Se saprà far queste due cose, saprà anche le altre; poiché egli sarà esperto di tutte, dal momento che queste equivalgono a tutte; al loro momento opportuno poi, farà quel che è da fare, se occorre. (8) E se sa suonare l'aulo, sempre sarà capace di suonarlo, ove occorra far ciò. (9) E chi sa discutere una causa, convien che abbia una retta nozione del giusto; ché su questo si fondano le sentenze. Se saprà questo, saprà anche il suo contrario e tutto il resto. (10) Egli deve poi anche conoscere tutte le leggi; se dunque non ha un concetto esatto delle cose, non l'avrà neppure delle leggi. (11) Poiché conosce la legge che governa la musica solo colui che conosca anche la musica; ma chi non sappia di musica, non ne conosce neppure la legge. (12) Colui dunque che conosce l'essenza reale delle cose, è evidente che conosce tutto. (13) Così anche sa sostenere una conversazione a brevi risposte su tutto, caso mai debba rispondere a delle domande; onde conviene che egli sia informato su tutti gli argomenti. 8. [II 415. 15 App.] (1) 〈τῶ αὐτῶ〉 ἀνδρὸς καὶ τᾶς αὐτᾶς τέχνας νομίζω κατὰ βραχύ τε δύνασθαι διαλέγεσθαι, καὶ 〈τὰν〉 ἀλάθειαν τῶν πραγμάτων ἐπίστασθαι, καὶ δικάζεν ἐπίστασθαι ὀρθῶς, καὶ δαμαγορεῖν οἷόν τ' ἦμεν, καὶ λόγων τέχνας ἐπίστασθαι, καὶ περὶ φύσιος τῶν ἁπάντων ὥς τε ἔχει καὶ ὡς ἐγένετο, διδάσκεν. (2) καὶ πρῶτον μὲν ὁ περὶ φύσιος τῶν ἁπάντων εἰδώς, πῶς οὐ δυνασεῖται περὶ πάντων ὀρθῶς [II 415. 20 App.] καὶ 〈τὰν πόλιν διδάσκεν〉 πράσσεν; (3) ἔτι δὲ ὁ τὰς τέχνας τῶν λόγων εἰδὼς ἐπιστασεῖται καὶ περὶ πάντων ὀρθῶς λέγεν. (4) δεῖ γὰρ τὸν μέλλοντα ὀρθῶς λέγειν, περὶ ὧν ἐπίσταται, περὶ τούτων λέγεν. πάντ' ὦν [γὰρ] ἐπιστασεῖται. (5) πάντων μὲν γὰρ τῶν λόγων τὰς τέχνας ἐπίσταται, τοὶ δὲ λόγοι πάντες περὶ πάντων τῶν ἐ〈όντων ἐντί〉. (6) δεῖ δὲ ἐπίστασθαι τὸν μέλλοντα [II 415. 25 App.] ὀρθῶς λέγεν, περὶ ὅτων κα λέγηι, 〈τὰ πράγματα〉, καὶ τὰ μὲν ἀγαθὰ ὀρθῶς διδάσκεν [II 416. 1 App.] τὴν πόλιν πράσσεν, τὰ δὲ κακά τως κωλύειν. (7) εἰδὼς δὲ ταῦτα εἰδήσει καὶ τὰ ἅτερα τούτων˙ πάντα γὰρ ἐπιστασεῖται˙ ἔστι γὰρ ταὐτὰ τῶν πάντων τῆνα, 〈ὁ〉 δὲ ποτὶ τωὐτὸν τὰ δέοντα πράξει, αἰ χρή. (8) καὶ μὲν ἐπίσταται αὐλέν, ἀὶ δυνασεῖται αὐλέν, αἴ κα δέηι τοῦτο πράσσεν. (9) τὸν δὲ δικάζεσθαι ἐπιστάμενον [II 416. 5 App.] δεῖ τὸ δίκαιον ἐπίστασθαι ὀρθῶς˙ περὶ γὰρ τοῦτο ταὶ δίκαι. εἰδὼς δὲ τοῦτο, εἰδήσει καὶ τὸ ὑπεναντίον αὐτῶι καὶ τὰ 〈τούτων〉 ἅτερα. (10) δεῖ δὲ αὐτὸν καὶ τὼς νόμως ἐπίστασθαι πάντας˙ αἰ τοίνυν τὰ πράγματα μὴ ἐπιστασεῖται, οὐδὲ τὼς νόμως. (11) τὸν γὰρ ἐν μωσικᾶι νόμον ὡυτὸς ἐπίσταται, ὅσπερ καὶ μωσικάν, ὃς δὲ μὴ μωσικάν, οὐδὲ τὸν νόμον. (12) ὅς γα 〈μὰν〉 τὰν ἀλάθειαν τῶν πραγμάτων [II 416. 10 App.] ἐπίσταται, εὐπετὴς ὁ λόγος, ὅτι πάντα ἐπίσταται˙ (13) ὣς δὲ 〈καὶ κατὰ〉 βραχὺ 〈διαλέγεσθαι δύναται, αἴ κα〉 δέηι νιν ἐρωτώμενον ἀποκρίνεσθαι, περὶ πάντων˙ οὐκῶν δεῖ νιν πάντ' ἐπίστασθαι.