58 B 8. ARISTOT. metaph. A 5. 987 a 9. Ordunque, fino agli Italici e prima di essi, gli altri ne hanno parlato oscuramente, tranne in questo che, come dicemmo, hanno usato due specie di cause, pur considerando gli uni unica e gli altri duplice una di queste, quella ond'è il movimento. Nello stesso modo hanno pensato che due sono le cause i Pitagorici,6* ma essi hanno in più pensato, e in questo è la loro singolarità, che il limitato e l'infinito e l'uno non siano attributi d'altre sostanze, come il fuoco e la terra e qualunque altra cosa simile a queste, ma che lo stesso illimitato e lo stesso uno siano sostanza delle cose che da essi sono predicate: e che perciò il numero sia sostanza di tutte le cose. Tale era dunque il loro pensiero su questo: quanto poi alla causa formale, cominciarono sì a parlarne, e a definire, ma lo fecero con troppa ingenuità. In verità definivano superficialmente, e il primo termine cui s'addiceva una definizione, quello dicevano che è la sostanza della cosa: come se uno pensasse essere la stessa cosa il doppio e il due, perché il due è il primo termine cui s'addice la definizione di doppio. Ma essere due ed essere doppio sono cose diverse: se no l'uno sarebbe molte cose: e questo appunto accadeva loro di dire [cfr. anche B 5. 1002 a 8]. 58 B 8. ARISTOT. metaph. A 5. 987 a 9 μέχρι μὲν οὖν τῶν Ἰταλικῶν καὶ χωρὶς ἐκείνων [I 453. 25 App.] μορυχώτερον εἰρήκασιν οἱ ἄλλοι περὶ αὐτῶν, πλήν, ὥσπερ εἴπομεν, δυοῖν αἰτίαιν τυγχάνουσι κεχρημένοι, καὶ τούτων τὴν ἑτέραν οἱ μὲν μίαν οἱ δὲ δύο ποιοῦσι, τὴν ὅθεν ἡ κίνησις˙ οἱ δὲ Πυθαγόρειοι δύο μὲν τὰς ἀρχὰς κατὰ τὸν αὐτὸν εἰρήκασι τρόπον, τοσοῦτον δὲ προσεπέθεσαν, ὃ καὶ ἴδιόν ἐστιν αὐτῶν, ὅτι τὸ πεπερασμένον καὶ τὸ ἄπειρον καὶ τὸ ἓν οὐχ ἑτέρας τινὰς ὠιήθησαν εἶναι φύσεις, οἷον πῦρ ἢ γῆν [I 453. 30] ἤ τι τοιοῦτον ἕτερον, ἀλλ' αὐτὸ τὸ ἄπειρον καὶ αὐτὸ τὸ ἓν οὐσίαν εἶναι τούτων ὧν κατηγοροῦνται˙ διὸ καὶ ἀριθμὸν εἶναι τὴν οὐσίαν ἁπάντων. περί τε τούτων οὖν τοῦτον ἀπεφήναντο τὸν τρόπον, καὶ περὶ τοῦ τί ἐστιν ἤρξαντο μὲν λέγειν καὶ ὁρίζεσθαι, λίαν δ' ἁπλῶς ἐπραγματεύθησαν. ὡρίζοντό τε γὰρ ἐπιπολαίως, καὶ ὧι πρώτωι ὑπάρξειεν ὁ λεχθεὶς ὅρος, τοῦτ' εἶναι τὴν οὐσίαν τοῦ [I 453. 35] πράγματος ἐνόμιζον, ὥσπερ εἴ τις οἴοιτο ταὐτὸν εἶναι διπλάσιον καὶ τὴν δυάδα, διότι πρῶτον ὑπάρχει τοῖς δυσὶ τὸ διπλάσιον. ἀλλ' οὐ ταὐτὸν ἔστιν ἴσως τὸ εἶναι διπλασίωι καὶ δυάδι. εἰ δὲ μή, πολλὰ τὸ ἓν ἔσται, ὃ κἀκείνοις συνέβαινεν. Vgl. ebend. anche B 5. 1002 a 8.