24 A 10. AËT. IV 13, 12 [Dox. 404]. Alcmeone dice che vediamo mediante la parte trasparente. CHALCID. in Tim. c. 237 p. 279. Dobbiamo mostrare come è fatto l'occhio, sul quale, con moltissimi altri, hanno rivelato molte cose mirabili Alcmeone crotoniate, esperto di questioni fisiche e il primo che sezionò animali viventi, Callistene, scolaro d'Aristotele, ed Erofilo. Dicono che ci sono due sentieri che partono dal cervello, dove è la principalissima sede percettiva dell'anima, e giungono alle cavità degli occhi ove è contenuto lo spirito naturale. Questi due sentieri, che hanno medesima radice e partono da un medesimo punto, procedono per un po', nella parte più interna della fronte, appaiati, poi si separano in una specie di bivio, e giungono alle cavità degli occhi, dove si protendono gli obliqui viottoli delle sopracciglia; e lì, curvandosi, dove le membrane accolgono l'umidità naturale, riempiono i globi protetti dalle palpebre, e appunto da questo loro curvarsi prendono il nome di orbite. Che i sentieri per i quali passa la luce partano da una medesima sede, è dimostrato principalmente dal taglio: ma lo si arguisce anche da questo, che i due occhi si muovono insieme, e mai l'uno senza l'altro. Notarono poi anche che gli occhi sono circondati da quattro membrane o tuniche di diverso spessore. Quanto poi alle differenze tra queste membrane e alle loro proprietà, per conoscerle ci vorrebbe più fatica che non comporti la materia qui proposta. Cfr. HIPPOCR. de loc. in hom. 2 [VI 278], de carn. 17 [VIII 606]. Molte sono queste membrane davanti alla parte dell'occhio che vede; e sono anch'esse, come quelle, trasparenti. Per questa parte trasparente si riflette la luce e tutto quello ch'è lucente: per questo riflettersi l'uomo vede. ARISTOT. de gen. anim. B 6. 744 a 8. Dall'umidità ch'è intorno al cervello si separa la parte più pura per le vie che dagli occhi portano alla meninge circondante il cervello. 24 A 10. AËT. IV 13, 12 (D. 404) [I 212. 20 App.] Ἀ. κατὰ τὴν τοῦ διαφανοῦς ἀντίληψιν (τὴν ὅρασιν γίνεσθαι). CHALCID. in Tim. p. 279 Wrob. demonstranda igitur oculi natura est, de qua cum plerique alii tum Alcmaeo Crotoniensis in physicis exercitatus quique primus exsectionem adgredi est ausus, et Callisthenes, Aristotelis auditor, et Herophilus multa et praeclara in lucem protulerunt: [I 212. 25 App.] duas esse angustas semitas, quae a cerebri sede, in qua est sita potestas animae summa ac principalis, ad oculorum cavernas meent naturalem spiritum continentes. quae cum ex uno initio eademque radice progressae aliquantisper coniunctae sint in frontis intimis, separatae bivii specie perveniunt ad oculorum concavas sedes, qua superciliorum obliqui tramites [I 212. 30] porriguntur, sinuataeque illic tunicarum gremio naturalem umorem recipiente globos complent munitos tegmine palpebrarum, ex quo appellantur orbes. porro quod ex una sede progrediantur luciferae semitae, docet quidem sectio principaliter; nihilo minus tamen intelligitur ex eo quoque, quod uterque oculus moveatur una nec alter sine altero moveri queat. oculi porro [I 212. 35] ipsius continentiam in quattuor membranis seu tunicis notaverunt disparili soliditate. quarum differentiam proprietatemque si quis persequi velit, maiorem proposita materia suscipiet laborem. Vgl. HIPP. de loc. in hom. 2 (VI 278 L.), de carn. 17 (VIII 606 L.) πολλὰ δὲ ταῦτ' ἐστὶ τὰ δέρματα πρὸ τοῦ [I 213. 1] ὁρέοντος διαφανέα ὁκοῖόν περ αὐτό ἐστιν˙ τούτωι γὰρ τῶι διαφανεῖ ἀνταυγεῖ τὸ φῶς καὶ τὰ λαμπρὰ πάντα. τούτωι οὖν ὁρῆι τῶι ἀνταυγέοντι. ARIST. de gen. anim. B 6. 744a 8 ἀπὸ τῆς περὶ τὸν ἐγκέφαλον ὑγρότητος ἀποκρίνεται τὸ καθαρώτατον διὰ τῶν πόρων, οἳ φαίνονται φέροντες ἀπ' αὐτῶν πρὸς τὴν μήνιγγα [I 213. 5] τὴν περὶ τὸν ἐγκέφαλον.