75 B 2. PHILOD. rhet. II p. 5 C. 4, 10 [cfr. Arnim Dio (Berl. 1898), pp. 46 sgg.]. Donde non sfuggì neppure Nausifane: dice infatti che il saggio preferirà l'esercizio dell'oratoria all'attività politica. PHILOD. rhet.II p. 33 C. 22, 2. Ma stimando che tutto quanto vi è di pregevole e degno di considerazione stia nelle opinioni e nei ricordi dei molti intorno alle abilità politiche o alle virtù e perfezioni vantate a vuoto, egli presume che il ragionamento migliore porti a questi risultati. PHILOD. rhet. II p. 33 C. 37, 3. Insieme poi egli era portato ad occuparsi della legislazione. PHILOD. rhet. II p. 1 C. 11, 1. Anzi disse esplicitamente che il fisico e filosofo sarà in grado di persuadere gli ascoltatori su qualsiasi argomento: e non lasciò il filosofo [soltanto] al dubbio, ma professò di essere in grado di condurre dov'egli volesse, coi discorsi, gli ascoltatori. PHILOD. rhet. II p. 19 C. 15, 4. Giacché quando, sia pure per un anno, uno possa vivere in compagnia di un uomo tale e non soltanto per brevi momenti udire le sue lezioni, acquisterà pienamente tale facoltà e ne diverrà seguace. PHILOD. rhet. II p. 19 C. 25, 1. Egli dice infatti che l'origine della facoltà di persuadere non sta nella conoscenza empirica ma nella scienza degli affari, in modo che il fisico riesce a persuadere come lui [Nausifane, che così insegnava] gente di qualsivoglia paese. PHILOD. rhet. II p. 5 C. 14, 3. ... per uno che sia intelligente e volenteroso. PHILOD. rhet. II p. 7 C. 15, 9. [Confutazione:] Ma quale conoscenza della natura umana deve possedere il filosofo per essere in grado di persuadere mercé di questa gli ascoltatori? forse di quali o di quali altri elementi sono composti [gli uomini]? E chi riuscirebbe, con l'aiuto di queste sole conoscenze, a persuadere gli uomini delle cose di cui discorre, meglio che con...? PHILOD. rhet. II p. 8 C. 16, 2. ... il fine della vita che è in noi innato [cfr. EPIC. p. 63, 1], il quale è precisamente di godere e di non soffrire, anzi ciascun uomo è senz'altro portato a ciò e per tutti quanti gli uomini non vi è nulla né da cercare né da fuggire, sia irriflessivamente sia con ponderato ragionamento, che non sia connesso con l'aspettazione di queste conseguenze [godere o soffrire]; e, per di più, neppure gli animali si comportano altrimenti. PHILOD. rhet. II p. 9 C. 7, 2. Infatti in tal modo [il filosofo], parlando di ciò che ha la massima importanza, riuscirà a persuadere, dato che anche la moltitudine è pronta a rivolgere a un tale argomento la più grande attenzione, perché ciò che produce la persuasione è il venir a conoscere donde ci verrà l'utile. E gli uomini che, se non si ricorre a questo genere di persuasione che mira al fine supremo della vita, divengono ingrati a quelli che sono stati loro maestri, non si lascerebbero persuadere da nessuno che volesse persuaderli per altra via. PHILOD. rhet. II p. 10 C. 8, 2. Soltanto il fisico, che di questo ha scienza, col conoscere ciò che la natura richiede e col dirlo e con lo spiegare, mediante il suo dire, proprio ciò che è conforme al desiderio [degli ascoltatori], sarà in grado di persuadere. PHILOD. rhet. II p. 16 C. 22, 2. Si adoperano [i retori] a persuadere [la moltitudine] appunto di ciò che essi sanno che quella desidera e di cui non si pentirà, perché essa decide conforme al proprio vantaggio. PHILOD. rhet. II p. 17 C. 23, 1. ... essendo [l'oratore] in grado di persuaderli di tutto, anche di ciò di cui essi erano anticipatamente persuasi da sé, e capace d'impadronirsi degli animi della moltitudine quando pure siano già concordi. [Stile:] PHILOD. rhet. II p. 27 C. 18, 3. Mirabile anche, in un fisiologo, [vedere] come l'espressione sa innalzarsi ai massimi effetti col procedere semplice delle locuzioni usuali (anche adoprando ottimamente metafore per designare qualche oggetto non ben conosciuto) e non vien fuori da artificio vuoto e convenzionale ma dalla natura degli argomenti stessi e nel modo consueto. [Logica:] PHILOD. rhet. II p. 46 C. 33, 7. Poiché il saper discernere nei discorsi e ciò che consegue e ciò che si è già ammesso e da quali premesse derivano necessariamente certe conseguenze, si può conseguire in tal modo in base alla conoscenza generale dell'universo, e non è davvero da credere che si consegua in altro modo. PHILOD. rhet. II p. 47 C. 46, 8. Tali conoscenze infatti si acquistano e mediante il calcolo fisico e razionale degli elementi invisibili e mediante la riflessione analitica4* sugli oggetti presenti,5* ma non si otterranno affatto per altra via [se si vuole che esse siano] tali da avere carattere [veramente] metodico e non già carattere di esperienze personali di gente che, come essa medesima ammette, ignora la natura delle cose. [Differenza tra la filosofia e la retorica] PHILOD. rhet. p. 36 C. 24, 9. ... e ritenendo che soltanto per la forma dell'espressione il ragionamento del filosofo e quello dell'oratore politico debbono avere un po' di differenza, in quanto appunto non per il procedimento del pensiero coloro che si son dedicati alla conoscenza del vero nello studio della natura differiscono dagli oratori politici, ma soltanto per la forma dei discorsi... [Confutazione:] Ma allora che valore avrebbero il sillogismo e l'induzione, se significassero lo stesso dell'entimema e dell'esempio? PHILOD. rhet. II p. 38 c. 26, 1. Egli mostra che giovevole è sempre quel ragionamento che dalle cose manifeste e presenti argomenta intorno a quelle future; e che gli uomini politici più abili usano sempre un tal modo di argomentare intorno alle passate costituzioni, o democratica o monarchica o qualsiasi altra costituzione fosse. [Metodo dialogico e metodo espositivo nel discorso] PHILOD. rhet. II p. 43 C. 43, 1. Colui che sa adoperare il discorso lungo e continuato saprà usare ottimamente anche quello che trae il suo nome [= erotematico] dal porre quesiti [all'ascoltatore], e chi usa questo secondo userà anche il primo: infatti anche il conoscere, per il discorso continuato, fino a qual punto si deve render noto agli ascoltatori ciò che cade sotto un medesimo ordine d'idee è la stessa cosa che il saper discernere fino a qual punto nel porre quesiti non si lascerà indietro nulla e non si porterà l'interrogato troppo al di là di quel che precede per ottenere il suo consenso su una questione non ben conosciuta. [Disposizione:] PHILOD. rhet. II p. 43 C. 31, 3. Solo colui che ha una preparazione scientifica potrebbe proporre quesiti suddividendo l'argomento in parti tali da poter pretendere la risposta affermativa o negativa degli ascoltatori, non già intorno alle cose manifeste, come esse siano, ma intorno a quelle invisibili e non percepibili. Cfr. PHILOD. rhet. II p. 42 C. 30, 2. Colui che rettamente studia la natura non potrà ragionare in quella forma, della quale invece si vale assai nello scegliere secondo l'importanza i singoli argomenti del suo discorso sino a fare dei riassunti per sommi capi a profitto di coloro che sono riusciti ad acquistare chiara coscienza di queste cose. 75 B 2. Die weiteren Auszüge Philodems sind noch weniger genau: Rhet. 4, 10 [II p. 5 Sudh. vgl. Arnim Dio (Berl. 1898), S. 46 ff.] ὅθεν καὶ Ν. οὐκ ἀπέδρα˙ λέγει γὰρ προαιρήσεσθαι τὸν σοφὸν ῥητορεύειν ἢ πολιτεύεσθαι. PHILOD. Rhet. II p. 33 C. 22, 2 [II 248. 20App.] ἀλλὰ πᾶν ἡγησάμενος εἶναι τὸ τίμιον καὶ ἀξιόλογον ἐν ταῖς παρὰ τῶν πολλῶν δόξαις καὶ μνήμαις ἐπὶ πολιτικαῖς δεινότησιν ἢ ταῖς κενῶς κομπουμέναις ἀρεταῖς καὶ καλοκαγαθίαις, ἐπὶ ταῦτα ἄγειν τὸν ἄριστον προείληφε συλλογισμόν. PHILOD. Rhet. II p. 33 C. 37, 3 ἅμα δ' ἐπὶ νομοθεσίας κατεφέρετο. PHILOD. Rhet. II p. 1 C. 11, 1 ἀλλ' ἄντικρυς ἔφησεν 〈ὁτιοῦν〉 δυνήσεσθαι πείθειν τοὺς ἀκούοντας τὸν φυσικὸν καὶ σοφόν˙ καὶ τὸν σοφὸν οὐκ ἐν [II 248. 25App.] ἀμφισβητήσει κατέλιπεν, ἀλλ' ἑαυτὸν ἔφη τοῖς λόγοις ἄξειν ἔν〈θ'〉 ἂν βούληται [II 249. 1App.] τοὺς ἀκούοντας. PHILOD. Rhet. II p. 19 C. 15, 4 τοιοῦτον γὰρ κἂν 〈ἓν〉 ἔτος ἄνδρα τις ἔχηι συνζῶντα καὶ μὴ βραχεῖς χρόνους ὁμιλοῦντα, καὶ τοῦτο πλεοναζόντως δύνασθαι ἂν καὶ παρακολουθεῖν. PHILOD. Rhet. II p. 19 C. 25, 1 τὴν γὰρ αἰτίαν τῆς πειστικῆς δυνάμεως οὐκ ἐξ ἱστορίας, ἀλλ' ἀπὸ τῆς εἰδήσεως τῶν πραγμάτων παραγίνεσθαί φησιν, ὥσθ' ὁμοίως αὑτῶι [II 249. 5App.] πείθοι ἂν ὁ φυσικὸς ὁποιονοῦν ἔθνος. Diese Unterweisung erstreckt sich PHILOD. Rhet. II p. 5 C.14, 3 περὶ ἕνα τὸν εὐφυῆ καὶ πρόθυμον. PHILOD. Rhet. II p. 7 C. 15, 9 Widerlegung: ἔτι τίν' ἂν εἴδησιν ἔχων ὁ φυσικὸς τῆς τῶν ἀνθρώπων φύσεως ἀπὸ ταύτης δύναιτο πείθειν αὐτούς; ἆρά γε τὴν ἐκ τίνων ἢ ποίων στοιχείων συνεστήκασι [n. die Menschen]; καὶ τίς ἂν διὰ ταυτὶ πείθειν περὶ ὧν ἂν διεξίηι δύναιτο τοὺς ἀνθρώπους μᾶλλον [II 249. 10App.] ἢ τοῖς . . . PHILOD. Rhet. II p. 8 C. 16, 2 τὸ συγγενικὸν τέλος [das angeborene Lebensziel; vgl. EPIC. p. 63, 1 Us.] ὅπερ ἐστὶν ἥδεσθαι καὶ μὴ ἀλγεῖν, ἀλλὰ 〈εὐθὺς ἕκαστος〉 ἄνθρωπος πρὸς τοῦτο φέρεται καὶ χωρὶς τῆς τούτων προσδοκίας εἴτ' ἀλόγως εἴτε λελογισμένως οὔτε διώκειν τοῖς ὅλοις οὐδὲν οὔτε φεύγειν, μᾶλλον δ' οὐδὲ τὰ ζῶια ἄλλον ἐνδέχεται τρόπον. PHILOD. Rhet. II p. 9 C. 7, 2 καὶ γὰρ οὕτως τὰ μέγιστα λέγων [II 249. 15App.] ἂν πείθοι πολλὴν προθυμίαν καὶ τῶν πολλῶν πρὸς τοῦτο παρεχομένων, διότι πειστικόν ἐστι τὸ γινώσκειν, πόθεν ἥκει τὸ συμφέρον. ἄνευ γὰρ τῆς περὶ τούτου [n. τοῦ τέλους] πειθοῦς ἀχάριστοι γινόμενοι τοῖς προδιδάξασι, τῶν ἄλλως πειθόντων οὐκ ἂν πεισθεῖεν 〈οὐδενί〉. PHILOD. rhet. II p. 10 C. 8, 2 τὸν φυσικὸν μόνον, τοῦτο τεθεωρηκότα, τῶι γινώσκειν ὃ βούλεται ἡ φύσις καὶ λέγειν καὶ λέγοντα τὸ πρὸς τὴν βούλησιν [II 249. 20App.] 〈ἀποδιδόναι〉, δυνήσεσθαι πείθειν. PHILOD. Rhet. II p. 16 C. 22, 2 ἅπερ ἂν εἰδῶσιν βουλομένους τε καὶ μὴ μεταμελησομένους διὰ τὸ συμφερόντως βουλεύεσθαι [nämlich οἱ ῥήτορες τοὺς πολλούς]. PHILOD. Rhet. II p. 17 C. 23, 1 πάντα δυναμένου πείθειν καὶ περὶ ὧν αὐτοὶ προπεπεισμένοι δι' αὑτῶν εἰσι, ληψομένου τοὺς πολλοὺς συνομολογήσαντας. Stil: PHILOD. Rhet. II p. 27 C. 18, 3 θαυμαστέον μὲν οὖν φυσιολόγου καὶ τὴν λαλιὰν ὡς συνεστῶσαν ἄκρως [II 249. 25] κατ' εὐοδίαν τῶν ὡμιλημένων καὶ μεταφοραῖς ἐπὶ τὸ ἀγνοούμενον πρᾶγμα ἄριστα μετενηνεγμένην καὶ οὐ πλάσματι κενῶι καὶ νόμωι γεγονυῖαν ἀλλὰ τῆι τῶν πραγμάτων φύσει καὶ κατὰ τὴν συνήθειαν. Logik: PHILOD. Rhet. II p. 46 C. 33, 7 ἐπεὶ καὶ τἀκόλουθον καὶ τὸ ὁμολογούμενον ἐν τοῖς λόγοις ἐνορᾶν καὶ τίνων ληφθέντων τί συμβαίνει, ληπτέον οὕτως ὑπὸ τὴν τῶν ὅλων διάγνωσιν, ἄλλως δ' οὐ νομιστέον ἐγγίνεσθαι. PHILOD. Rhet. II p. 47 C. 46, 8 [II 249. 30App.] πάντα γὰρ τὰ τοιαῦτα ἀπὸ τῆς φυσικῆς καὶ μετὰ λόγου τῶν τε ἀδήλων σταθμήσεως καὶ τῶν ὑπαρχόντων ἐπιλογιστικῆς θεωρίας ἁλίσκετ', ἄλλως δ' οὐδαμῶς, ὥστε καὶ ὁδῶι γίνεσθαι καὶ οὐκ ἰδίαις τινῶν ἐμπειρίαις τὰ πράγμαθ', ὥς φασιν, οὐκ εἰδότων. Unterschied von Philosophie und Rhetorik: PHILOD. Rhet. p. 36 C. 24, 9 καὶ μόνον δεῖν οἰόμενος τῶι σχηματίσαι διαφέρειν σχεδὸν τόν τε τοῦ [II 249. 35App.] σοφοῦ λόγον καὶ τὸν τοῦ πολιτικοῦ ῥήτορος, ὥσπερ δὴ ταῖς διανοήσεσι μὲν οὐ διαφέροντας τοὺς τὴν ἀλήθειαν κατὰ φύσιν ἐγνωκότας τῶν πολιτικῶν ῥητόρων, σχήματι δὲ μόνον λόγων, καὶ ταῦτα πρὸς οὐδένα λόγον κατεσκευασμένων. Widerlegung: τί γὰρ ὁ συλλογισμὸς καὶ ἡ ἐπαγωγὴ δύνατ', εἰ ταὐτό τι σημαίνει τῶι ἐνθυμήματι καὶ παραδείγματι; PHILOD. Rhet. II p. 38 c. 26, 1 〈δεικνύ〉ει χρήσιμον διαλογισμὸν [II 250. 1] ὄντα ἐκ τῶν φανερῶν ἀεὶ καὶ ὑπαρχόντων περὶ τῶν μελλόντων, καὶ τοὺς πραγματικωτάτους ἀεὶ τῶν προεστώτων εἴτε δημοκρατίας εἴτε μοναρχίας εἴθ' ἧς δήποτε πολιτείας τοιούτωι τρόπωι διαλογισμοῦ χρωμένους. Katechese und Vortrag: PHILOD. Rhet. II p. 43 C. 43, 1 ὁ γὰρ μακρῶι λόγωι καὶ συνειρομένωι καλῶς χρώμενος ἄριστα χρήσεται [II 250. 5App.] καὶ τῶι διὰ ἐρωτήσεως καλουμένωι, καὶ ὁ τούτωι κἀκείνωι˙ 〈καὶ γὰρ τὸ ἐπὶ〉 τοῦ συνειρομένου γινώσκειν, μέχρι ὅσου τοῖς ἀκούσασι γνώριμον δεῖ ποιεῖν τὸ πῖπτον ὑπὸ μίαν διάνοιαν ταὐτό τί ἐστι τῶι δύνασθαι θεωρεῖν, μέχρι ὅσου προτείνων οὔτ' ἂν ἐλλείποι τις οὔθ' ὑπερβαίνοι τοῦ προάξοντος τὸν ἀποκρινόμενον ἐπὶ τὴν ἰδέαν ἀγνοουμένου πράγματος. Disposition: PHILOD. Rhet. II p. 43 C. 31, 3 κατανενοηκὼς μόνος ἂν δύναιτο [II 250. 10App.] κατὰ τηλικαῦτα διαιρῶν προτεῖναι καθ' ὅσα τὸ φῆσαι καὶ ἀποφῆσαι μὴ περὶ τῶν φανερῶν ὅπηι εἰσίν, ἀλλὰ περὶ τῶν ἀδήλων καὶ ἀδιαλήπτων, τοῖς μανθάνουσι προτατέον. Vgl. PHILOD. Rhet. II p. 42 C. 30, 2. ἀδυνατήσειν ἐν ἐκείνωι τῶι λαλήματι διαλέγεσθαι τὸν ὀρθῶς φυσιολογοῦντα, ὅτ〈ωι〉 πάνυ χρῆται κατὰ πηλίκα τινὰ διαιρ〈ῶν〉 τὰ τοῦ λόγου καθ' ἕκαστα μέχρι τοῦ ποιεῖν κεφαλαιώματά τινα κατὰ τοὺς [II 250. 15App.] τούτων ἐναργῆ ἐπιστήμην ἀπειργασμένους.