PARAFRASI DEI FRAMMENTI 1, 2, 6, 7
30 B 11 [10]. G SIMPLIC. phys. 103, 13. Vediamo ora il ragionamento di Melisso al quale precedentemente si oppone [ARISTOT. phys. A 3. 186 a 4]. Melisso infatti, utilizzando le argomentazioni dei fisici intorno alla generazione e corruzione, così comincia il suo scritto:

1. Se nulla esiste, di esso che cosa potrebbe essere detto come se fosse alcunché? Se poi qualcosa esiste, è o nato o sempre esistente. Ma se è, è nato o dall'essere o dal non essere; ma né dal non essere è possibile che sia nato qualcosa (né altra cosa che non sia, né tanto meno ciò che assolutamente è), né dall'essere. In questo modo infatti sarebbe e non nascerebbe. Dunque l'essere è non nato: dunque è sempre esistente. Neppure potrà, l'essere, andare distrutto: perché non è possibile né che l'essere trapassi nel non essere (anche questo infatti è accettato dai fisici), né all'essere. Infatti in questo caso di nuovo permarrebbe e non perirebbe. Dunque l'essere né è nato né andrà distrutto; allora sempre era e sempre sarà. 2. Ma dal momento che ciò che è nato ha un principio, ciò che non è nato non l'ha: ma l'essere non è nato: dunque non ha principio. Inoltre, ciò che perisce ha un termine, ma se c'è qualcosa di imperituro non ha termine. L'essere, dunque, che è imperituro, non ha termine. Ma ciò che non ha né principio né termine viene a essere infinito. Dunque l'essere è infinito. 6. Se è infinito è uno. Perché se fosse due essi non potrebbero essere infiniti, ma si limiterebbero reciprocamente. Ma l'essere è infinito: dunque l'essere non è molteplice: dunque l'essere è uno. 7. (1) Poi, se è uno è anche immobile: infatti l'uno è sempre simile a se stesso. (2) Ma ciò che è simile non può perire né può diventare maggiore né può mutare disposizione, né soffre né prova pena. Infatti se fosse soggetto a qualcuna di queste cose non sarebbe più uno. Difatti ciò che è mosso di un moto qualsiasi trapassa da qualche cosa e in qualcosa di diverso. Invece non c'è nient'altro oltre l'essere; dunque esso non si muoverà. (7) Anche con un altro ragionamento; non vi è nulla di vuoto nell'essere: infatti il vuoto non è nulla: dunque ciò che appunto è nulla non può esistere: dunque l'essere non si muove: non ha infatti ove subentrare non essendoci il vuoto. (8) Ma neppure è possibile che si contragga in se stesso; in questo modo infatti sarebbe in certe parti più rado e in certe altre più denso; ma questo è impossibile: è infatti impossibile che il rado sia pieno allo stesso modo del denso. Invece il rado, appunto perché tale, è più vuoto del denso: ma il vuoto non esiste. Se l'essere sia pieno o no lo decide il fatto di accogliere o meno qualcosa d'altro: se infatti non lo accoglie è pieno, se invece lo accoglie non è pieno. Se dunque non esiste il vuoto è necessario che sia pieno. Se è così non si muove, non già perché non sia possibile il movimento nel pieno quale lo attribuiamo ai corpi, ma perché tutto l'essere non può né essere mosso all'essere (non vi è infatti alcuna cosa oltre di lui), né al non essere: il non essere infatti non esiste.

Queste citazioni sono sufficienti per la critica di Aristotele. Le sue proposizioni, a volerle compendiare, sono: l'essere non è nato; ciò che non è nato non ha principio, dal momento che ha principio ciò che è nato; ciò che non ha principio è infinito; ciò che è infinito non può essere secondo con un altro, ma è uno; ma l'uno e infinito è immobile.

PARAPHRASE DER FRAGMENTE 1, 2, 6, 7
30 B 11 [10]. G SIMPL. Phys. 103, 13 Νῦν δὲ τὸν Μελίσσου λόγον ἴδωμεν, πρὸς ὃν πρότερον ὑπαντᾳ [ARIST. Phys. A 3. 186 a 4]. τοῖς γὰρ τῶν φυσικῶν ἀξιώμασι χρησάμενος ὁ Μέλισσος περὶ γενέσεως καὶ φθορᾶς ἄρχεται τοῦ συγγράμματος οὕτως.

[I 268. 15 App.] 1. 'εἰ μὲν μηδὲν ἔστι, περὶ τούτου τί ἂν λέγοιτο ὡς ὄντος τινός; εἰ δέ τι ἐστίν, ἤτοι γινόμενόν ἐστιν ἢ ἀεὶ ὄν. ἀλλ' εἰ γενόμενον, ἤτοι ἐξ ὄντος ἢ ἐξ οὐκ ὄντος˙ ἀλλ' οὔτε ἐκ μὴ ὄντος οἷόν τε γενέσθαι τι (οὔτε ἄλλο μὲν οὐδὲν ὄν, πολλῷ δὲ μᾶλλον τὸ ἁπλῶς ὄν) οὔτε ἐκ τοῦ ὄντος. εἴη γὰρ ἂν οὕτως καὶ οὐ γίνοιτο. οὐκ ἄρα γινόμενόν ἐστι τὸ ὄν. ἀεὶ ὂν ἄρα ἐστίν, οὔτε φθαρήσεται τὸ ὄν. οὔτε γὰρ εἰς τὸ μὴ ὂν [I 268. 20] οἷόν τε τὸ ὂν μεταβάλλειν (συγχωρεῖται γὰρ καὶ τοῦτο ὑπὸ τῶν φυσικῶν) οὔτε εἰς ὄν. μένοι γὰρ ἂν πάλιν οὕτω γε καὶ οὐ φθείροιτο. οὔτε ἄρα γέγονε τὸ ὂν οὔτε φθαρήσεται˙ ἀεὶ ἄρα ἦν τε καὶ ἔσται. 2. ἀλλ' ἐπειδὴ τὸ γενόμενον ἀρχὴν ἔχει, τὸ μὴ γενόμενον ἀρχὴν οὐκ ἔχει, τὸ δὲ ὂν οὐ γέγονεν, οὐκ ἂν ἔχοι ἀρχήν. ἔτι δὲ τὸ φθειρόμενον τελευτὴν ἔχει. εἰ δέ τί ἐστιν ἄφθαρτον, τελευτὴν οὐκ ἔχει. τὸ ὂν ἄρα ἄφθαρτον ὂν τελευτὴν οὐκ ἔχει. τὸ δὲ μήτε ἀρχὴν ἔχον μήτε τελευτὴν ἄπειρον [I 268. 20] τυγχάνει ὄν. ἄπειρον ἄρα τὸ ὄν. 6. εἰ δὲ ἄπειρον, ἕν. εἰ γὰρ δύο εἴη, οὐκ ἂν δύναιτο ἄπειρα εἶναι, ἀλλ' ἔχοι ἂν πέρατα πρὸς ἄλληλα. ἄπειρον δὲ τὸ ὄν˙ οὐκ ἄρα πλείω τὰ ὄντα˙ ἓν ἄρα τὸ ὄν.
7. (1) ἀλλὰ μὴν εἰ ἕν, καὶ ἀκίνητον. τὸ γὰρ ἓν ὅμοιον ἀεὶ ἑαυτῷ˙ (2) τὸ δὲ ὅμοιον οὔτ' ἂν ἀπόλοιτο οὔτ' ἂν μεῖζον γίνοιτο
[I 270. 25] οὔτε μετακοσμέοιτο οὔτε ἀλγεῖ οὔτε ἀνιᾶται. εἰ γάρ τι τούτων πάσχοι, οὐκ ἂν ἓν εἴη. τὸ γρ ἡντιναοῦν κίνησιν κινούμενον ἔκ τινος καὶ εἰς ἕτερόν τι μεταβάλλει. οὐθὲν δὲ ἦν ἕτερον παρὰ τὸ ὄν, οὐκ ἄρα τοῦτο κινήσεται. (7) καὶ κατ' ἄλλον δὲ τρόπον οὐδὲν κενόν ἐστι τοῦ ὄντος. τὸ γὰρ κενὸν οὐδέν ἐστιν. οὐκ ἂν οὖν εἴη τό γε μηδέν. οὐ κινεῖται οὖν τὸ ὄν. [I 272. 15] ὑποχωρῆσαι γὰρ οὐκ ἔχει οὐδαμῇ κενοῦ μὴ ὄντος. (8) ἀλλ' οὐδὲ εἰς ἑαυτὸ συσταλῆναι δυνατόν. εἴη γὰρ ἂν οὕτως ἀραιότερον αὑτοῦ καὶ πυκνότερον. τοῦτο δὲ ἀδύνατον. τὸ γὰρ ἀραιὸν ἀδύνατον ὁμοίως πλῆρες εἶναι τῷ πυκνῷ. ἀλλ' ἤδη τὸ ἀραιόν γε κενότερον γίνεται τοῦ πυκνοῦ˙ τὸ δὲ κενὸν οὐκ ἔστιν. εἰ δὲ πλῆρές ἐστι τὸ ὂν ἢ μή, κρίνειν χρὴ τῷ εἰσδέχεσθαί τι αὐτὸ ἄλλο [I 272. 20] ἢ μή˙ εἰ γὰρ μὴ εἰσδέχεται, πλῆρες. εἰ δὲ εἰσδέχοιτό τι, οὐ πλῆρες. εἰ οὖν μὴ ἔστι κενόν, ἀνάγκη πλῆρες εἶναι˙ εἰ δὲ τοῦτο, μὴ κινεῖσθαι, οὐχ ὅτι μὴ δυνατὸν διὰ πλήρους κινεῖσθαι, ὡς ἐπὶ τῶν σωμάτων λέγομεν, ἀλλ' ὅτι πᾶν τὸ ὂν οὔτε εἰς ὂν δύναται κινηθῆναι (οὐ γὰρ ἔστι τι παρ' αὐτὸ) οὔτε εἰς τὸ μὴ ὄν˙ οὐ γὰρ ἔστι τὸ μὴ ὄν."
[I 273. 15] ταῦτα μὲν οὖν ἀρκεῖ τῶν Μελίσσου ὡς πρὸς τὴν Ἀριστοτέλους ἀντίρρησιν˙ τὰ δὲ λήμματα αὐτοῦ ὡς συνελόντι φάναι τοιαῦτα˙ "τὸ ὂν οὐ γέγονε˙ τὸ μὴ γενόμενον ἀρχὴν οὐκ ἔχει, ἐπειδὴ τὸ γενόμενον ἀρχὴν ἔχει˙ τὸ μὴ ἔχον ἀρχὴν ἄπειρον˙ τὸ ἄπειρον μεθ' ἑτέρου δεύτερον οὐκ ἂν εἴη, ἀλλ' ἕν˙ τὸ δὲ ἓν καὶ ἄπειρον ἀκίνητόν ἐστιν'.