DOTTRINA

11 A 12. ARISTOT. metaph. A 3. 983 b 6 sgg. La maggior parte di coloro che per primi filosofarono ritennero che i soli princìpi di tutte le cose fossero quelli di specie materiale, perché ciò da cui tutte le cose hanno l'essere, da cui originariamente derivano e in cui alla fine si risolvono, pur rimanendo la sostanza ma cambiando nelle sue qualità, questo essi dicono che è l'elemento, questo il principio delle cose e perciò ritengono che niente si produce e niente si distrugge, poiché una sostanza siffatta si conserva sempre... ARISTOT. metaph. 13. 983 b 17. Ci dev'essere una qualche sostanza, o una più di una, da cui le altre cose vengono all'esistenza, mentre essa permane. Ma riguardo al numero e alla forma di tale principio non dicono tutti lo stesso: Talete, il fondatore di tale forma di filosofia, dice che è l'acqua (e perciò sosteneva che anche la terra è sull'acqua): egli ha tratto forse tale supposizione vedendo che il nutrimento di tutte le cose è umido, che il caldo stesso deriva da questa e di questa vive (e ciò da cui le cose derivano è il loro principio): di qui, dunque, egli ha tratto tale supposizione e dal fatto che i semi di tutte le cose hanno natura umida - e l'acqua è il principio naturale delle cose umide. Ci sono alcuni secondo i quali anche gli antichissimi, molto anteriori all'attuale generazione e che per primi teologizzarono, ebbero le stesse idee sulla natura: infatti cantarono che Oceano e Tetide sono gli autori della generazione [delle cose]11* e che il giuramento degli dèi è su quell'acqua chiamata Stige dai poeti:12* ora, ciò che è più antico merita più stima, e il giuramento è la cosa che merita più stima. Se dunque questa visione della natura sia in verità antica e primitiva potrebbe essere dubbio, ma Talete senz'altro si dice che abbia descritto la prima causa in questo modo (nessuno riterrebbe Ippone degno di essere annoverato tra questi per la poca consistenza del suo pensiero).

LEHRE

11 A 12. ARISTOT. Metaph. A 3. 983 b 6 τῶν δὴ πρῶτον φιλοσοφησάντων οἱ [I 76. 35 App.] πλεῖστοι τὰς ἐν ὕλης εἴδει μόνας ὠιήθησαν ἀρχὰς εἶναι πάντων˙ ἐξ οὗ γὰρ ἔστιν ἅπαντα τὰ ὄντα καὶ ἐξ οὗ γίγνεται πρώτου καὶ εἰς ὃ φθείρεται τελευταῖον, τῆς μὲν οὐσίας ὑπομενούσης τοῖς δὲ πάθεσι μεταβαλλούσης, τοῦτο στοιχεῖον καὶ ταύτην ἀρχήν φασιν εἶναι τῶν ὄντων, καὶ διὰ τοῦτο οὔτε γίγνεσθαι οὐδὲν οἴονται οὔτ' ἀπόλλυσθαι, ὡς τῆς τοιαύτης φύσεως ἀεὶ σωιζομένης . . . ARISTOT. metaph. 13. 983 b 17. δεῖ γὰρ εἶναί τινα φύσιν [I 76. 40] ἢ μίαν ἢ πλείους μιᾶς, ἐξ ὧν γίγνεται τἆλλα σωιζομένης ἐκείνης. τὸ μέντοι πλῆθος [I 77. 1 App.] καὶ τὸ εἶδος τῆς τοιαύτης ἀρχῆς οὐ τὸ αὐτὸ πάντες λέγουσιν, ἀλλὰ Θαλῆς μὲν ὁ τῆς τοιαύτης ἀρχηγὸς φιλοσοφίας ὕδωρ εἶναί φησιν (διὸ καὶ τὴν γῆν ἐφ' ὕδατος ἀπεφαίνετο εἶναι), λαβὼν ἴσως τὴν ὑπόληψιν ταύτην ἐκ τοῦ πάντων ὁρᾶν τὴν τροφὴν ὑγρὰν οὖσαν καὶ αὐτὸ τὸ θερμὸν ἐκ τούτου γιγνόμενον καὶ τούτωι ζῶν [I 77. 5 App.] (τὸ δ' ἐξ οὗ γίγνεται, τοῦτ' ἐστὶν ἀρχὴ πάντων), διά τε δὴ τοῦτο τὴν ὑπόληψιν λαβὼν ταύτην καὶ διὰ τὸ πάντων τὰ σπέρματα τὴν φύσιν ὑγρὰν ἔχειν˙ τὸ δ' ὕδωρ ἀρχὴ τῆς φύσεώς ἐστι τοῖς ὑγροῖς. εἰσὶ δέ τινες οἳ καὶ τοὺς παμπαλαίους καὶ πολὺ πρὸ τῆς νῦν γενέσεως καὶ πρώτους θεολογήσαντας οὕτως οἴονται περὶ τῆς φύσεως ὑπολαβεῖν˙ Ὠκεανόν τε γὰρ καὶ Τηθὺν ἐποίησαν τῆς γενέσεως πατέρας [Hom. Ξ 201] [I 77.10 App.] καὶ τὸν ὅρκον τῶν θεῶν ὕδωρ, τὴν καλουμένην ὑπ' αὐτῶν Στύγα τῶν ποιητῶν [O 37 u. a.]˙ τιμιώτατον μὲν γὰρ τὸ πρεσβύτατον, ὅρκος δὲ τὸ τιμιώτατόν ἐστιν. Vgl. 1 B 10.