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[19] Παντὸς δὲ μᾶλλον ἀπηγόρευε μήτ' ἐρυθῖνον ἐσθίειν μήτε μελάνουρον, καρδίας τ' ἀπέχεσθαι καὶ κυάμων˙ Ἀριστοτέλης (194 Rose) δέ φησι καὶ μήτρας καὶ τρίγλης ἐνίοτε δ' αὐτὸν ἀρκεῖσθαι μέλιτι μόνῳ φασί τινες ἢ κηρίῳ ἢ ἄρτῳ, οἴνου δὲ μεθ' ἡμέραν μὴ γεύεσθαι˙ ὄψῳ τε τὰ πολλὰ λαχάνοις ἑφθοῖς τε καὶ ὠμοῖς, τοῖς δὲ θαλαττίοις σπανίως. στολὴ δ' αὐτῷ λευκή, καθαρά, καὶ στρώματα λευκὰ ἐξ ἐρίων˙ τὰ γὰρ λινᾶ οὔπω εἰς ἐκείνους ἀφῖκτο τοὺς τόπους. οὐδεπώποτε ἐγνώσθη οὔτε διαχωρῶν οὔτε ἀφροδισιάζων οὔτε μεθυσθείς.

[19] Sopra ogni cosa vietava di mangiare il pesce fragolino (eritrino) e il melanuro, prescriveva di astenersi tanto dal cuore degli animali quanto dalle fave, e, secondo Aristotele, ⁴⁷* anche dalla matrice e dalla triglia. Alcuni dicono che egli talvolta sì contentava ⁴⁸* del solo miele o del favo, o di pane, e che durante il giorno non toccava vino; spesso come companatico ⁴⁹* usava verdure cotte e crude, pesci raramente. Candida e pura era la sua veste e le coperte anch'esse candide e di lana (quelle di lino non erano ancora giunte in quei luoghi). Né mai fu visto evacuare o esercitare i piaceri d'amore né ebbro.