| 47 A 15. ERATOSTH. Epigramma di dedica sul problema di Delo per il raddoppiamento del cubo [EUTOC. in Archim. sphaer. et cyl. III2 112, 19]. Non cercherai né le difficili opere dei cilindri d'Archita, né d'ottenere, con le sezioni coniche, le triadi di Menecmo, né se si descrive in linee una forma ricurva, come fece il divino Eudosso. Cfr. [ERATOSTH.] [ivi III 106, 1]. Tra quelli che si dedicarono appassionatamente alla risoluzione del problema, cercando di trovare due medie proporzionali a due segmenti dati, si dice che Archita di Taranto le abbia trovate servendosi dei semicilindri, ed Eudosso delle cosiddette linee curve. Ora costoro dimostrarono disegnando, ma non riuscirono a far costruzioni sì da servirsene, tranne, parzialmente, Menecmo; e anche Menecmo, quello che fece, lo fece con difficoltà. PLUTARCH. quaest. conv. VIII 2, 1 p. 718 E. Perciò appunto Platone mosse biasimo a Eudosso e ad Archita e a Menecmo, che del raddoppiamento del solido cercavano di servirsi per costruire strumenti e meccanismi, sembrandogli che irrazionale fosse il loro sforzo per trovare, come potevano, due medie proporzionali; perché, diceva, in questo modo distruggevano e corrompevano quello che è il bene della geometria, riconducendola a cercare oggetti sensibili, e non più mirando verso l'alto, per cogliere le immagini eterne e incorporee, presso le quali il dio essendo sempre è dio3* [cfr. PLUTARCH. Marc. 14; VITRUV. IX 3, 13]. | 47 A 15. ERATOSTH. [I 427. 40 App.] Weihepigramm über das Delische Problem von der Verdoppelung des Würfels (Eutoc. in Archim. sphaer. et cyl. II. III in 112, 19 Heib.) μηδὲ σύ γ' Ἀρχύτεω δυσμήχανα ἔργα κυλίνδρων
μηδὲ Μεναιχμείους κωνοτομεῖν τριάδας
διζήσηι, μηδ' εἴ τι θεουδέος Εὐδόξοιο
[I 427. 45] καμπύλον ἐν γραμμαῖς εἶδος ἀναγράφεται. [I 428. 1] Vgl. PSEUDERATOSTH. das. III 106, 1 Heib. τῶν δὲ φιλοπόνως ἐπιδιδόντων ἑαυτοὺς καὶ ζητούντων δύο τῶν δοθεισῶν δύο μέσας λαβεῖν Ἀ. μὲν ὁ Ταραντῖνος λέγεται διὰ τῶν ἡμικυλίνδρων εὑρηκέναι, Εὔδοξος δὲ διὰ τῶν καλουμένων καμπύλων γραμμῶν. συμβέβηκε δὲ πᾶσιν αὐτοῖς ἀποδεικτικῶς γεγραφέναι, χειρουργῆσαι [I 428. 5] δὲ καὶ εἰς χρείαν πεσεῖν μὴ δύνασθαι πλὴν ἐπὶ βραχύ τι τοῦ Μεναίχμου καὶ ταῦτα δυσχερῶς. Dies ist Paraphrase des Epigramms unter Benutzung von Eratosthenes Platonikos, aus dem PLUT. Quaest. conv. VIII 2, 1 p. 718 E διὸ καὶ Πλάτων αὐτὸς ἐμέμψατο τοὺς περὶ Εὔδοξον καὶ Ἀρχύταν καὶ Μέναιχμον εἰς ὀργανικὰς καὶ μηχανικὰς κατασκευὰς τὸν τοῦ στερεοῦ διπλασιασμὸν ἀπάγειν ἐπιχειροῦντας, [I 428. 10] ὥσπερ πειρωμένους δι' ἀλόγου δύο μέσας ἀνὰ λόγον, ἧι παρείκοι, λαβεῖν˙ ἀπόλλυσθαι γὰρ οὕτω καὶ διαφθείρεσθαι τὸ γεωμετρίας ἀγαθὸν αὖθις ἐπὶ τὰ αἰσθητὰ παλινδρομούσης καὶ μὴ φερομένης ἄνω μηδ' ἀντιλαμβανομένης τῶν ἀιδίων καὶ ἀσωμάτων εἰκόνων, πρὸς αἷσπερ ὢν ὁ θεὸς ἀεὶ θεός ἐστιν. Vgl. PLUTARCH. Marc.14; VITRUV. IX 3, 13 u.a. |