37 B 9 [9]. PLAT. resp. III 400 A [parla Glaucone]. Avendo indagato il problema, potrei dire che tre sono le specie, di cui sono intrecciate le basi ritmiche [scil. eguale, doppia e accresciuta di una metà], così come quattro sono le specie nei suoni [le proporzioni degli intervalli?], donde derivano tutte le armonie; non sono però in grado di dire quali sono imitazioni e di quali genere di vita. - Ma su questo, dissi io, ci potremo consigliare con Damone, quali cioè le basi ritmiche conformi a illiberalità, a superbia, a follia e ai vizi, e quali ritmi vanno riservati alle qualità contrarie. Ho l'impressione di averlo sentito, ma non mi è chiaro, chiamare composto un certo verso enoplio e discutere di un dattilo e di un eroico, ma non so bene come li strutturava e poneva eguali l'alto e il basso del tono e l'uscita in breve e lunga; e così pure di un giambo, mentre ad altro verso dava il nome di trocheo, applicandovi quantità lunghe e brevi. E di alcuni di questi biasimava o lodava, credo, i tempi del piede e gli stessi ritmi o qualche loro composto. Non sono in grado di dirlo. Ma, come dicevo, queste cose lasciamole a Damone: non è possibile in poche parole esaminarle. 37 B 9 [9]. PLAT. de rep. III 400 A ὅτι μὲν γὰρ τρί' ἄττα ἐστὶν εἴδη, ἐξ ὧν αἱ βάσεις πλέκονται (scil. τὸ ἴσον, τὸ διπλάσιον, τὸ ἡμιόλιον) ὥσπερ ἐν τοῖς φθόγγοις τέτταρα [I 384. 15 App.] (Proportionen der Intervalle?), ὅθεν αἱ πᾶσαι ἁρμονίαι, τεθεαμένος ἂν εἴποιμι˙ ποῖα δ' ὁποίου βίου μιμήματα, λέγειν οὐκ ἔχω. ἀλλὰ ταῦτα μέν, ἦν δ' ἐγώ, καὶ μετὰ Δάμωνος βουλευσόμεθα, τίνες τε ἀνελευθερίας καὶ ὕβρεως ἢ μανίας καὶ ἄλλης κακίας πρέπουσαι βάσεις, καὶ τίνας τοῖς ἐναντίοις λειπτέον ῥυθμούς. οἶμαι δέ με ἀκηκοέναι οὐ σαφῶς ἐνόπλιόν [I 384. 20] τέ τινα ὀνομάζοντος αὐτοῦ ξύνθετον καὶ δάκτυλον καὶ ἡρῶιόν γε, οὐκ οἶδα ὅπως διακοσμοῦντος καὶ ἴσον ἄνω καὶ κάτω τιθέντος, εἰς βραχύ τε καὶ μακρὸν γιγνόμενον, καί, ὡς ἐγὼ οἶμαι, ἴαμβον, καί τιν' ἄλλον τροχαῖον ὠνόμαζε, μήκη δὲ καὶ βραχύτητας προσῆπτε. καὶ τούτων τισὶν οἶμαι τὰς ἀγωγὰς τοῦ ποδὸς αὐτὸν οὐχ ἧττον ψέγειν [I 384. 25] τε καὶ ἐπαινεῖ ἢ τοὺς ῥυθμοὺς αὐτούς, ἤτοι ξυναμφότερόν τι. οὐ γὰρ ἔχω λέγειν. ἀλλὰ ταῦτα μέν, ὥσπερ εἶπον, εἰς Δάμωνα ἀναβεβλήσθω˙ διελέσθαι γὰρ οὐ σμικροῦ λόγου.