[20] Διογένης Ἱκεσίου τραπεζίτου Σινωπεύς. φησὶ δὲ Διοκλῆς, δημοσίαν αὐτοῦ τὴν τράπεζαν ἔχοντος τοῦ πατρὸς καὶ παραχαράξαντος τὸ νόμισμα, φυγεῖν. Εὐβουλίδης δ' ἐν τῷ Περὶ Διογένους αὐτόν φησι Διογένην τοῦτο πρᾶξαι καὶ συναλᾶσθαι τῷ πατρί. οὐ μὴν ἀλλὰ καὶ αὐτὸς περὶ αὑτοῦ φησιν ἐν τῷ Πορδάλῳ ὡς παραχαράξαι τὸ νόμισμα.

ἔνιοι δ' ἐπιμελητὴν γενόμενον ἀναπεισθῆναι ὑπὸ τῶν τεχνιτῶν καὶ ἐλθόντα εἰς Δελφοὺς ἢ εἰς τὸ Δήλιον ἐν τῇ πατρίδι Ἀπόλλωνος πυνθάνεσθαι εἰ ταῦτα πράξει ἅπερ ἀναπείθεται˙ τοῦ δὲ συγχωρήσαντος τὸ πολιτικὸν νόμισμα, οὐ συνείς, τὸ κέρμα ἐκιβδήλευσε καὶ

φωραθείς, ὡς μέν τινες, ἐφυγαδεύθη, ὡς δέ τινες, ἑκὼν ὑπεξῆλθε φοβηθείς.

Diogene, figlio del banchiere Icesio, nacque a Sinope. Diocle attesta che egli andò in esilio, perché suo padre che aveva un banco pubblico aveva alterato ⁴²* la moneta corrente. Ma Eubulide ⁴³* nel suo libro su Diogene afferma che Diogene stesso volle fare ciò e che andò ramingo assieme al padre. Diogene stesso tuttavia nel Pordalo ⁴⁴* afferma di aver battuto moneta falsa. ⁴⁵*
Narrano alcuni che essendo sovrintendente vi fu indotto dagli operai e, venuto a Delfi o all'oracolo di Delo nella patria di Apollo, chiese se dovesse fare ciò a cui volevano indurlo. Il dio gli consentì di mutare le istituzioni politiche (τὸ πολιτικὸν νόμισμα), ma egli non capi e falsificò la moneta.
Scoperto, secondo alcuni, fu mandato in esilio, ⁴⁶* secondo altri, spontaneamente, temendo il peggio, se la svignò.