[21] οὐ μὴν ἡσύχαζεν ὁ Διονύσιος˙ μαθὼν δὲ ἐπέστειλε Πλάτωνι μὴ κακῶς ἀγορεύειν αὐτόν. καὶ ὃς ἀντεπέστειλε μὴ τοσαύτην αὐτῷ σχολὴν εἶναι ὥστε Διονυσίου μεμνῆσθαι. Δεύτερον πρὸς τὸν νεώτερον ἧκε Διονύσιον αἰτῶν γῆν καὶ ἀνθρώπους τοὺς κατὰ τὴν πολιτείαν αὐτοῦ ζησομένους˙ ὁ δὲ καίπερ ὑποσχόμενος οὐκ ἐποίησεν.

ἔνιοι δέ φασι καὶ κινδυνεῦσαι αὐτὸν ὡς ἀναπείθοντα Δίωνα καὶ Θεοδόταν ἐπὶ τῇ τῆς νήσου ἐλευθερίᾳ˙ ὅτε καὶ Ἀρχύτας αὐτὸν ὁ Πυθαγορικὸς γράψας ἐπιστολὴν πρὸς Διονύσιον παρῃτήσατο καὶ διεσώσατο εἰς Ἀθήνας. ἔστι δὲ ἡ ἐπιστολὴ ἥδε
(Hercher 132)˙

" Ἀρχύτας Διονυσίῳ ὑγιαίνειν.
[21] Dionisio non s'acquetava; appresa la sorte di Platone gli scrisse raccomandandogli di non parlare male di lui. E Platone replicò di non aver tempo di ricordarsi di Dionisio. Una seconda volta egli venne da Dionisio il Giovine, per chiedere terra ed uomini che vivessero a norma della sua costituzione: il tiranno promise, ma non mantenne la promessa.
Secondo alcuni, Platone corse anche pericolo di morte, poiché cercò d'indurre Dione e Teodota 55* a liberare l'isola: fu allora che il pitagorico Archita indirizzò a Dionisio una lettera e lo pregò vivamente: fu egli a salvarlo ed a rimandarlo in Atene. La lettera è la seguente:

Archita saluta Dionisio.