28 A 2414*. ARISTOT. phys. A 8. 191 a 24. G Infatti i primi che si diedero alla filosofia ricercando la verità e la natura degli enti deviarono, per così dire, per un'altra strada spinti dall'imperizia. Dissero che nulla nell'essere né nasce né perisce, perché credevano necessario che ciò che nasce debba nascere o dall'essere o dal non essere, e invece non è possibile né l'uno né l'altro caso. Infatti non è l'essere che nasce (perché è di già) e dal non essere nulla può nascere: difatti bisogna che vi sia un soggetto. Impostata così la questione, aggravando le conseguenze, dissero che neppure esiste il molteplice, ma soltanto l'essere in sé. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 27. Ora, coloro che primissimi si diedero a questa indagine e dissero che il sostrato è uno, non si preoccuparono minimamente del problema; ma alcuni dei sostenitori dell'unità, sopraffatti per così dire da questa ricerca, dicono che l'uno e la natura tutta è immobile, non solo quanto al nascere e perire (questa è infatti una concezione antica e che tutti i primitivi condividono), ma anche riguardo ad ogni altra trasformazione: e questo è loro proprio. Tra coloro dunque che sostengono che il tutto è uno a nessuno venne fatto di scorgere una causa di tal genere, eccezion fatta di Parmenide, e a costui in tanto in quanto non solo pone l'unità, ma insieme in certo modo due cause. ARISTOT. metaph. A 5. 986 b 8. Altri trattarono del tutto come fosse una natura unica, non però tutti allo stesso modo né quanto alla correttezza del ragionamento né quanto alla natura di questa unità. Parlare di costoro non si addice alla presente indagine sulle cause, perché non è che essi, come alcuni dei fisiologi, pur ponendo come uno l'essere, tuttavia generino le cose dall'uno come da materia, ma l'intendono in altro modo: quelli infatti aggiungono il movimento facendo in certo modo nascere il tutto, costoro dicono che il tutto è immobile. Nondimeno c'è da osservare qualcosa che ha connessione con l'attuale indagine. / Infatti pare che Parmenide sia pervenuto all'unità secondo il logo, G Melisso all'unità secondo la materia; perciò il primo dice che è finita, il secondo infinita. Senofane che prima di loro ha sostenuto la tesi dell'unità (si dice infatti che Parmenide sia stato suo scolaro)... Costoro dunque, come dicemmo, sono da lasciar da parte ai fini della nostra presente ricerca. Due di essi poi del tutto in quanto sono un po' troppo rozzi, e cioè Senofane e Melisso. / Parmenide invece pare che parli in qualche modo con maggiore penetrazione. Giudicando infatti che il non essere che è altro dall'essere non sia nulla, di necessità ritiene che l'essere sia uno e nient'altro (di questo abbiamo parlato con maggiore chiarezza nella Fisica). Costretto poi a seguire i fenomeni e ritenendo che l'uno è secondo il logo, ma che secondo l'opinione è molteplice, ecco che viene a porre due cause e due princìpi, il caldo e il freddo, come a dire fuoco e terra. Di questi due princìpi, l'uno, cioè il caldo, lo pone dalla parte dell'essere, l'altro dalla parte del non essere. G ARISTOT. phys. A 5. 188 a 19. Tutti pongono come princìpi i contrari: sia quelli che dicono il tutto uno e non mosso (infatti anche Parmenide pone come princìpi il caldo e il freddo, chiamandoli fuoco e terra) sia... ARISTOT. de gen. et corr. A 3. 318 b 6. Come Parmenide che pone una dualità, dicendo che esiste l'essere e il non essere. / ARISTOT. metaph. Γ 5. 1010 a 1. Ricercarono la verità intorno agli enti, ma ritennero che gli enti fossero solo le cose sensibili. 28 A 24. ARISTOT. phys. A 8. 191 a 24. G Ὅτι δὲ μοναχῶς οὕτω λύεται καὶ ἡ τῶν ἀρχαίων ἀπορία, λέγωμεν μετὰ ταῦτα. ζητοῦντες γὰρ οἱ κατὰ φιλοσοφίαν πρῶτοι τὴν ἀλήθειαν καὶ τὴν φύσιν τῶν ὄντων ἐξετράπησαν οἷον ὁδόν τινα ἄλλην ἀπωσθέντες ὑπὸ ἀπειρίας, καί φασιν οὔτε γίγνεσθαι τῶν ὄντων οὐδὲν οὔτε φθείρεσθαι διὰ τὸ ἀναγκαῖον μὲν εἶναι γίγνεσθαι τὸ γιγνόμενον ἢ ἐξ ὄντος ἢ ἐκ μὴ ὄντος, ἐκ δὲ τούτων ἀμφοτέρων ἀδύνατον εἶναι˙ οὔτε γὰρ τὸ ὂν γίγνεσθαι (εἶναι γὰρ ἤδη) ἔκ τε μὴ ὄντος οὐδὲν ἂν γενέσθαι˙ ὑποκεῖσθαι γάρ τι δεῖν. καὶ οὕτω δὴ τὸ ἐφεξῆς συμβαῖνον αὔξοντες οὐδ' εἶναι πολλά φασιν ἀλλὰ μόνον αὐτὸ τὸ ὄν. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 27. οἱ μὲν οὖν πάμπαν ἐξ ἀρχῆς ἁψάμενοι τῆς μεθόδου τῆς τοιαύτης καὶ ἓν φάσκοντες εἶναι τὸ ὑποκείμενον οὐθὲν ἐδυσχέραναν ἑαυτοῖς, ἀλλ' ἔνιοί γε τῶν ἓν λεγόντων, ὥσπερ ἡττηθέντες ὑπὸ ταύτης τῆς ζητήσεως, τὸ ἓν ἀκίνητόν φασιν εἶναι καὶ τὴν φύσιν ὅλην οὐ μόνον κατὰ γένεσιν καὶ φθοράν (τοῦτο μὲν γὰρ ἀρχαῖόν τε καὶ πάντες ὡμολόγησαν) ἀλλὰ καὶ κατὰ τὴν ἄλλην μετα βολὴν πᾶσαν˙ καὶ τοῦτο αὐτῶν ἴδιόν ἐστιν. τῶν μὲν οὖν ἓν φασκόντων εἶναι τὸ πᾶν οὐθενὶ συνέβη τὴν τοιαύτην συνιδεῖν αἰτίαν πλὴν εἰ ἄρα Παρμενίδῃ, καὶ τούτῳ κατὰ τοσοῦτον ὅσον οὐ μόνον ἓν ἀλλὰ καὶ δύο πως τίθησιν αἰτίας εἶναι˙ ARISTOT. metaph. A 5. 986 b 8. εἰσὶ δέ τινες οἳ περὶ τοῦ παντὸς ὡς μιᾶς οὔσης φύσεως ἀπεφήναντο, τρόπον δὲ οὐ τὸν αὐτὸν πάντες οὔτε τοῦ καλῶς οὔτε τοῦ κατὰ τὴν φύσιν. εἰς μὲν οὖν τὴν νῦν σκέψιν τῶν αἰτίων οὐδαμῶς συναρμόττει περὶ αὐτῶν ὁ λόγος (οὐ γὰρ ὥσπερ ἔνιοι τῶν φυσιολόγων ἓν ὑποθέμενοι τὸ ὂν ὅμως γεννῶσιν ὡς ἐξ ὕλης τοῦ ἑνός, ἀλλ' ἕτερον τρόπον οὗτοι λέγουσιν˙ ἐκεῖνοι μὲν γὰρ προστιθέασι κίνησιν, γεννῶντές γε τὸ πᾶν, οὗτοι δὲ ἀκίνητον εἶναί φασιν)˙ οὐ μὴν ἀλλὰ τοσοῦτόν γε οἰκεῖόν ἐστι τῇ νῦν σκέψει. / Παρμενίδης μὲν γὰρ ἔοικε τοῦ κατὰ τὸν λόγον ἑνὸς ἅπτεσθαι, G Μέλισσος δὲ τοῦ κατὰ τὴν ὕλην (διὸ καὶ ὁ μὲν πεπερασμένον ὁ δ' ἄπειρόν φησιν εἶναι αὐτό)˙ Ξενοφάνης δὲ πρῶτος τούτων ἑνίσας (ὁ γὰρ Παρμενίδης τούτου λέγεται γενέσθαι μαθητής) οὐθὲν διεσαφήνισεν, οὐδὲ τῆς φύσεως τούτων οὐδετέρας ἔοικε θιγεῖν, ἀλλ' εἰς τὸν ὅλον οὐρανὸν ἀποβλέψας τὸ ἓν εἶναί φησι τὸν θεόν. οὗτοι μὲν οὖν, καθάπερ εἴπομεν, ἀφετέοι πρὸς τὴν νῦν ζήτησιν, οἱ μὲν δύο καὶ πάμπαν ὡς ὄντες μικρὸν ἀγροικότεροι, Ξενοφάνης καὶ Μέλισσος˙ / Παρμενίδης δὲ μᾶλλον βλέπων ἔοικέ που λέγειν. παρὰ γὰρ τὸ ὂν τὸ μὴ ὂν οὐδὲν ἀξιῶν εἶναι, ἐξ ἀνάγκης ἓν οἴεται εἶναι τὸ ὄν καὶ ἄλλο οὐδέν (περὶ οὗ σαφέστερον ἐν τοῖς περὶ φύσεως εἰρήκαμεν), ἀναγκαζόμενος δ' ἀκολουθεῖν τοῖς φαινομένοις καὶ τὸ ἓν μὲν κατὰ τὸν λόγον, πλείω δὲ κατὰ τὴν αἴσθησιν ὑπολαμβάνων εἶναι, δύο τὰς αἰτίας καὶ δύο τὰς ἀρχὰς πάλιν τίθησι, θερμὸν καὶ ψυχρόν, οἷον πῦρ καὶ γῆν λέγων. τούτων δὲ κατὰ μὲν τὸ ὂν τὸ θερμὸν τάττει, θάτερον δὲ κατὰ τὸ μὴ ὄν [vgl. Alex. z. d. St. p. 45, 2]. G ARISTOT. phys. A 5. 188 a 19. Πάντες δὴ τἀναντία ἀρχὰς ποιοῦσιν οἵ τε λέγοντες ὅτι ἓν τὸ πᾶν καὶ μὴ κινούμενον (καὶ γὰρ Παρμενίδης θερμὸν καὶ ψυχρὸν ἀρχὰς ποιεῖ, ταῦτα δὲ προσαγορεύει πῦρ καὶ γῆν) καὶ οἱ μανὸν καὶ πυκνόν ... ARISTOT. de gen. et corr. A 3. 318 b 6. ὥσπερ Παρμενίδης λέγει δύο, τὸ ὂν καὶ τὸ μὴ ὂν εἶναι φάσκων πῦρ καὶ γῆν. [vgl. Alex. z. d. St. p. 45,2]. /ARISTOT. Metaph. Γ 5. 1010a 1 περὶ τῶν ὄντων μὲν τὴν ἀλήθειαν ἐσκόπουν, τὰ δ' ὄντα ὑπέλαβον εἶναι τὰ αἰσθητὰ μόνον˙