29 A 24. ARISTOT. phys. Δ 3. 210 b 22. L'aporia di Zenone, che «se lo spazio è qualcosa in che sarà?», può essere risolta senza difficoltà. Nulla infatti impedisce che il primo spazio sia in un altro, ma là tuttavia non come in un luogo, ma come la sanità, in quanto stato, è nelle cose calde, il caldo, in quanto affezione, nel corpo. Cosicché non è necessario andare all'infinito. ARISTOT. phys. Δ 1. 209 a 23. G Inoltre lo spazio stesso, se è uno degli enti, dove sarà? / Perché l'aporia di Zenone ha bisogno di qualche discussione. Se infatti l'essere, tutto quanto, è nello spazio, è chiaro che ci sarà uno spazio anche dello spazio, e così all'infinito. EUDEM. phys. fr. 42 [SIMPLIC. phys. 563, 17]. Allo stesso punto sembra condurre anche l'aporia di Zenone. Questi infatti ritiene che l'essere tutto quanto sia in qualche dove; ma se lo spazio è uno degli enti, dove sarà? Non certo in altro spazio e questo in un altro e così via... Contro Zenone diremo che il dove si dice in molti sensi. Se dunque egli ha pensato che gli enti siano nello spazio non pensa giusto: non infatti la sanità o il coraggio o mille altre cose si può dire che siano nello spazio, e certo neppure lo spazio, se è quel che si è detto. Se invece il dove si intende in altro senso, anche il luogo è in qualche dove: infatti il limite del corpo è in qualche dove del corpo: difatti è l'estremo24*. 29 A 24. ARISTOT. Phys. Δ 3. 210b 22 ὃ δὲ Ζ. ἠπόρει, ὅτι "εἰ ἔστι τι ὁ τόπος, ἐν τίνι ἔσται;" λύειν οὐ χαλεπόν. οὐδὲν γὰρ κωλύει ἐν ἄλλωι μὲν εἶναι τὸν πρῶτον τόπον, μὴ μέντοι ὡς ἐν τόπωι ἐκείνωι κτλ. ARISTOT. Phys. Δ 1. 209a 23 G ἔτι δὲ καὶ αὐτὸς εἰ ἔστι τι τῶν ὄντων, ποὺ ἔσται. / ἡ γὰρ Ζήνωνος ἀπορία ζητεῖ [I 253. 10 App.] τινὰ λόγον˙ εἰ γὰρ πᾶν τὸ ὂν ἐν τόπωι, δῆλον ὅτι καὶ τοῦ τόπου τόπος ἔσται, καὶ τοῦτο εἰς ἄπειρον πρόεισιν. EUDEM. Phys. fr. 42 [SIMPL. Phys. 563, 17] ἐπὶ ταὐτὸ δὲ καὶ ἡ Ζήνωνος ἀπορία φαίνεται ἄγειν. ἀξιοῖ γὰρ πᾶν τὸ ὂν ποῦ εἶναι˙ εἰ δὲ ὁ τόπος τῶν ὄντων, ποῦ ἂν εἴη; οὐκοῦν ἐν ἄλλωι τόπωι κἀκεῖνος δὴ ἐν ἄλλωι καὶ οὕτως εἰς τὸ πρόσω . . . πρὸς δὲ Ζήνωνα φήσομεν πολλαχῶς τὸ ποῦ λέγεσθαι˙ [I 253. 15 App.] εἰ μὲν οὖν ἐν τόπωι ἠξίωκεν εἶναι τὰ ὄντα, οὐ καλῶς ἀξιοῖ˙ οὔτε γὰρ ὑγείαν οὔτε ἀνδρίαν οὔτε ἄλλα μυρία φαίη τις ἂν ἐν τόπωι εἶναι˙ οὐδὲ δὴ ὁ τόπος τοιοῦτος ὢν οἷος εἴρηται. εἰ δὲ ἄλλως τὸ ποῦ, κἂν ὁ τόπος εἴη ποῦ˙ τὸ γὰρ τοῦ σώματος πέρας ἐστὶ τοῦ σώματος ποῦ˙ ἔσχατον γάρ.