[22] Λέγεται παρεγγυᾶν αὐτὸν ἑκάστοτε τοῖς μαθηταῖς τάδε λέγειν εἰς τὸν οἶκον εἰσιοῦσι,

πῆ παρέβην; τί δ' ἔρεξα; τί μοι δέον οὐκ ἐτελέσθη;


σφάγιά τε θεοῖς προσφέρειν κωλύειν, μόνον δὲ τὸν ἀναίμακτον βωμὸν προσκυνεῖν. μηδ' ὀμνύναι θεούς˙ ἀσκεῖν γὰρ αὑτὸν δεῖν ἀξιόπιστον παρέχειν. τούς τε πρεσβυτέρους τιμᾶν, τὸ προηγούμενον τῷ χρόνῳ τιμιώτερον ἡγουμένους˙ ὡς ἐν κόσμῳ μὲν ἀνατολὴν δύσεως, ἐν βίῳ δ' ἀρχὴν τελευτῆς, ἐν ζωῇ δὲ γένεσιν φθορᾶς.

[22] Si dice che egli ingiungesse ai discepoli ogni volta che entravano in casa di pronunziare questo verso:

Quale errore commisi? Quali azioni? A quale dovere venni meno?

Proibiva di offrire vittime agli dèi, consentiva di venerare soltanto l'altare puro di sangue. Né bisogna giurare per gli dèi; bisogna, infatti, cercare di rendere se stesso degno di fede. Bisogna onorare gli anziani, perché ciò che cronologicamente vien prima merita maggior onore; come nel mondo l'alba precede il tramonto, così nella vita umana il principio precede la fine, e nella vita organica la nascita precede la morte.