68 A 37 a. G ARISTOT. de gen. et corr. A 2. 316 a 14. Perché c'è una grave difficoltà, se si ammette che esista un corpo e una grandezza assolutamente [all'infinito] divisibile e che questa divisione sia possibile.36* Che cosa infatti ci sarà, che sfugga alla divisione? Se il corpo infatti è assolutamente divisibile e tale divisione è possibile, esso sarebbe anche insieme interamente diviso, anche se non venisse compiuta la divisione; e se ciò fosse, nessuna divisione più sarebbe impossibile. E similmente dunque se si divida per metà; e in generale se una cosa è per natura assolutamente divisibile ed essa venga [di fatto] divisa, non ci sarà [in ciò] nulla d'impossibile, poiché neppure se si trattasse di dividerla in diecimila volte diecimila ci sarebbe nulla d'impossibile, benché forse nessuno possa fare una tale divisione.
Poiché dunque il corpo è assolutamente tale [divisibile], lo si divida. Che cosa allora resterà? una grandezza? Non è possibile, perché allora vi sarebbe qualcosa di non diviso, mentre era interamente divisibile. Ma ammesso che non resti né corpo né grandezza e tuttavia si proceda alla divisione, o il corpo consterà di punti e le parti di cui è composto saranno prive di grandezza, oppure queste parti saranno null'affatto: sicché, se risulterà o sarà composto di nulla, anche il tutto sarà null'altro che apparenza.
E similmente, se consterà di punti, non vi sarà quantità. Giacché, quando i punti si toccassero e formassero una sola grandezza e fossero tutti insieme [in un punto solo], non farebbero maggiore il tutto. Diviso infatti in due parti o più , 37*il tutto non sarà né più piccolo né più grande di prima: sicché, anche se si riuniscano tutti quanti punti, non comporranno una grandezza.
Ma anche se, nella divisione del corpo, si ottiene qualcosa come una segatura e in tal modo un corpo si allontana dalla grandezza, il problema è il medesimo, come sia divisibile ciò. Se poi non è corpo ma una forma separabile o una proprietà quella che si è distaccata dal corpo e la grandezza consiste in punti o in contatti forniti di tale proprietà, è assurdo che la grandezza derivi da cose prive di grandezza. E inoltre, dove saranno questi punti, sia che vengano concepiti immobili sia in movimento? Per due cose qualsiasi [in contatto] vi è sempre un solo contatto, e ciò vuol dire che esiste qualcosa oltre il contatto e la divisione e il punto. Se dunque si ammetterà che un corpo qualsiasi o di qualsiasi dimensione sia interamente divisibile, si arriva a tutte queste conseguenze.
Inoltre se, dopo di averlo diviso, io ricompongo il legno o altro oggetto, esso è di nuovo uno ed uguale. Dunque evidentemente ciò si verifica anche se io taglio il legno in qualsiasi punto. In potenza dunque il corpo è assolutamente divisibile. Che cosa rimane allora oltre la divisione? Se rimane infatti qualche proprietà, in qual modo il corpo si dissolve in queste proprietà e deriva da queste? e come queste possono esser separate [dal corpo]? Sicché, se è impossibile che le grandezze constino di contatti o di punti, è necessario che ci siano corpi e grandezze indivisibili.
Tuttavia anche coloro che affermano questi [indivisibili, atomi] si trovano di fronte ad una impossibilità non meno grave. Abbiamo già discusso intorno a loro negli altri libri. Ma bisogna cercare di risolvere tale questione: per cui si deve esporre ancora dal principio la difficoltà. Orbene, non è affatto assurdo che qualunque corpo sensibile sia divisibile e indivisibile in un punto qualsiasi: potrà essere infatti divisibile in potenza, indivisibile in atto. Ma che sia insieme [in ogni punto] assolutamente divisibile in potenza, parrà assurdo. Giacché se fosse possibile [dividere il corpo all'infinito], ne verrebbe la conseguenza, qualora questa divisione si effettuasse, non già che il corpo sia insieme indivisibile e divisibile in atto, ma che sia divisibile in qualsiasi punto. Ma allora non resterà più nulla e il corpo verrà ad essere dissolto nell'incorporeo. E di nuovo il corpo risulterebbe composto o di punti o addirittura di nulla. E ciò come sarà possibile?
Tuttavia è evidente che il corpo si divide in grandezze separabili e sempre minori e che si allontanano [le une dalle altre] e restano separate. Né infatti chi divide in parti potrà arrivare ad uno sminuzzamento infinito; né si riuscirà a dividere il corpo in ogni punto (perché non è possibile) ma solo fino ad un certo punto. E dunque necessario che ci siano grandezze indivisibili e invisibili, posto che ci sono generazione e distruzione, l'una per separazione e l'altra per aggregazione. Tale è dunque il ragionamento che sembra costringere (317 a) ad ammettere l'esistenza degli atomi. Ora dimostreremo che vi si nasconde, e in qual parte di esso si nasconde, un paralogismo.
68 A 37 a. G ARISTOT. de gen. et corr. A 2. 316 a 14. Ἔχει γὰρ ἀπορίαν, εἴ τις θείη σῶμά τι εἶναι καὶ μέγεθος πάντῃ διαιρετόν, καὶ τοῦτο δυνατόν. Τί γὰρ ἔσται ὅπερ τὴν διαίρεσιν διαφεύγει; εἰ γὰρ πάντῃ διαιρετόν, καὶ τοῦτο δυνατόν, κἂν ἅμα εἴη τοῦτο πάντῃ διῃρημένον, καὶ εἰ μὴ ἅμα διῄρηται˙ κἂν εἰ τοῦτο γένοιτο, οὐδὲν ἂν εἴη ἀδύνατον.
Οὐκοῦν καὶ κατὰ τὸ μέσον ὡσαύτως, καὶ ὅλως δέ, εἰ πάντῃ πέφυκε διαιρετόν, ἂν διαιρεθῇ, οὐδὲν ἔσται ἀδύνατον γεγονός, ἐπεὶ οὐδ' ἂν εἰς μυρία μυριάκις διῃρημένα ᾖ, οὐδὲν ἀδύνατον˙ καίτοι ἴσως οὐδεὶς ἂν διέλοι. Ἐπεὶ τοίνυν πάντῃ τοιοῦτόν ἐστι τὸ σῶμα, διῃρήσθω.
Τί οὖν ἔσται λοιπόν; μέγεθος; οὐ γὰρ οἷόν τε˙ ἔσται γάρ τι οὐ διῃρημένον, ἦν δὲ πάντῃ διαιρετόν. Ἀλλὰ μὴν εἰ μηδὲν ἔσται σῶμα μηδὲ μέγεθος, διαίρεσις δ' ἔσται, ἢ ἐκ στιγμῶν ἔσται, καὶ ἀμεγέθη ἐξ ὧν σύγκειται, ἢ οὐδὲν παντάπασιν, ὥστε κἂν γίνοιτο ἐκ μηδενὸς κἂν εἴη συγκείμενον, καὶ τὸ πᾶν δὴ οὐδὲν ἄλλ' ἢ φαινόμενον.
Ὁμοίως δὲ κἂν ᾖ ἐκ στιγμῶν, οὐκ ἔσται ποσόν. Ὁπότε γὰρ ἥπτοντο καὶ ἓν ἦν μέγεθος καὶ ἅμα ἦσαν, οὐδὲν ἐποίουν μεῖζον τὸ πᾶν.
Διαιρεθέντος γὰρ εἰς δύο καὶ πλείω, οὐδὲν ἔλαττον οὐδὲ μεῖζον τὸ πᾶν τοῦ πρότερον, ὥστε κἂν πᾶσαι συντεθῶσιν, οὐδὲν ποιήσουσι μέγεθος.
Ἀλλὰ μὴν καὶ εἴ τι διαιρουμένου οἷον ἔκπρισμα γίνεται τοῦ σώματος, καὶ οὕτως ἐκ τοῦ μεγέθους σῶμά τι ἀπέρχεται, ὁ αὐτὸς λόγος, ἐκεῖνο πῶς διαιρετόν.
Εἰ δὲ μὴ σῶμα ἀλλ' εἶδός τι χωριστὸν ἢ πάθος ὃ ἀπῆλθεν, καὶ ἔστι τὸ μέγεθος στιγμαὶ ἢ ἁφαὶ τοδὶ παθοῦσαι, ἄτοπον ἐκ μὴ μεγεθῶν μέγεθος εἶναι.
Ἔτι δὲ ποῦ ἔσονται, καὶ ἀκίνητοι ἢ κινούμεναι αἱ στιγμαί; ἁφή τε ἀεὶ μία δυοῖν τινων, ὡς ὄντος τινὸς παρὰ τὴν ἁφὴν καὶ τὴν διαίρεσιν καὶ τὴν στιγμήν.
Εἰ δή τις θήσεται ὁτιοῦν ἢ ὁπηλικονοῦν σῶμα εἶναι πάντῃ διαιρετόν, πάντα ταῦτα συμβαίνει. Ἔτι ἐὰν διελὼν συνθῶ τὸ ξύλον ἤ τι ἄλλο, πάλιν ἴσον τε καὶ ἕν. Οὐκοῦν οὕτως ἔχει δηλονότι κἂν τέμω τὸ ξύλον καθ' ὁτιοῦν σημεῖον. Πάντῃ ἄρα διῄρηται δυνάμει. Τί οὖν ἔστι παρὰ τὴν διαίρεσιν; εἰ γὰρ καὶ ἔστι τι πάθος, ἀλλὰ πῶς εἰς ταῦτα διαλύεται καὶ γίνεται ἐκ τούτων; ἢ πῶς χωρίζεται ταῦτα; ὥστ' εἴπερ ἀδύνατον ἐξ ἁφῶν ἢ στιγμῶν εἶναι τὰ μεγέθη, ἀνάγκη εἶναι σώματα ἀδιαίρετα καὶ μεγέθη. Οὐ μὴν ἀλλὰ καὶ ταῦτα θεμένοις οὐχ ἧττον συμβαίνει ἀδύνατα. Ἔσκεπται δὲ περὶ αὐτῶν ἐν ἑτέροις. Ἀλλὰ ταῦτα πειρατέον λύειν˙ διὸ πάλιν ἐξ ἀρχῆς τὴν ἀπορίαν λεκτέον. Τὸ μὲν οὖν ἅπαν σῶμα αἰσθητὸν εἶναι διαιρετὸν καθ' ὁτιοῦν σημεῖον καὶ ἀδιαίρετον οὐδὲν ἄτοπον˙ τὸ μὲν γὰρ δυνάμει διαιρετόν, τὸ δ' ἐντελεχείᾳ ὑπάρξει. Τὸ δ' εἶναι ἅμα πάντῃ διαιρετὸν δυνάμει ἀδύνατον δόξειεν ἂν εἶναι. Εἰ γὰρ δυνατόν, κἂν γένοιτο, οὐχ ὥστε εἶναι ἅμα ἄμφω ἐντελεχείᾳ ἀδιαίρετον καὶ διῃρημένον, ἀλλὰ διῃρημένον καθ' ὁτιοῦν σημεῖον.
Οὐδὲν ἄρα ἔσται λοιπόν, καὶ ἀσώματον ἐφθαρμένον τὸ σῶμα, καὶ γίνοιτο δ' ἂν πάλιν ἤτοι ἐκ στιγμῶν ἢ ὅλως ἐξ οὐδενός. Καὶ τοῦτο πῶς δυνατόν; ἀλλὰ μὴν ὅτι γε διαιρεῖται εἰς χωριστὰ καὶ ἀεὶ εἰς ἐλάττω μεγέθη καὶ εἰς ἀπέχοντα καὶ κεχωρισμένα, φανερόν. Οὔτε δὴ κατὰ μέρος διαιροῦντι εἴη ἂν ἄπειρος ἡ θρύψις, οὔτε ἅμα οἷόν τε διαιρεθῆναι κατὰ πᾶν σημεῖον (οὐ γὰρ δυνατόν), ἀλλὰ μέχρι του. Ἀνάγκη ἄρα ἄτομα ἐνυπάρχειν μεγέθη ἀόρατα, ἄλλως τε καὶ εἴπερ ἔσται γένεσις καὶ φθορὰ ἡ μὲν διακρίσει ἡ δὲ συγκρίσει.
(317 a) Ὁ μὲν οὖν ἀναγκάζειν δοκῶν λόγος εἶναι μεγέθη ἄτομα οὗτός ἐστιν˙ ὅτι δὲ λανθάνει παραλογιζόμενος, καὶ ᾗ λανθάνει, λέγωμεν.