44 B 14. CLEM. ALEX. strom. III 17 [II 203, 11]. Val la pena di ricordare il detto di Filolao. Il pitagorico dice così:

Anche gli antichi teologi e gli antichi vati testimoniano che per espiare qualche colpa l'anima è unita al corpo, e in questo come sepolta.

PLAT. Gorg. 493 A. Anch'io ho sentito dire una volta da un uomo sapiente che la nostra vita presente è vita di morti e il nostro corpo un sepolcro, e che quella parte dell'anima ove stanno i desideri si lascia facilmente persuadere e sconvolgere da essi. E un uomo arguto, forse un siciliano e forse un italico, costruendo una favola, gioca sulle parole e chiama otre [πίθος] questa parte dell'anima, perché si lascia persuadere [διὰ τὸ πιθανόν] e convincere: e chiama non iniziati gli stolti, e quella parte dell'anima di costoro dove sono i desideri, quella che nulla ferma e trattiene in sé, dice che è un otre forato, esprimendo con un'immagine la sua insaziabilità. E, contrariamente a quello che sostieni tu, o Callicle, egli dice che nell'Ade - e vuol dire nell'invisibile - costoro, i non iniziati, sono i più sventurati, e portano acqua a un otre forato servendosi di un arnese ugualmente forato, un setaccio. E per setaccio intende dire, come mi spiegò colui che mi raccontava, l'anima, l'anima forata degli stolti, che, cieca e dimentica, non sa trattenere nulla in sé16*. Cfr. ATHEN. IV 157 C. Euxiteo pitagorico... diceva, secondo che racconta il peripatetico Clearco [fr. 38 Wehrli] nel secondo libro delle Vite, che tutte le anime sono legate al corpo e alla vita di quaggiù per espiare, e che il dio ha loro minacciato, se non vogliono espiare fino a che lui stesso non le liberi, più tormenti e più grandi: e che è per questo che gli uomini, temendo la collera degli dèi, non si tolgono la vita e desiderano di morire in vecchiaia, persuasi che la liberazione dell'anima sarà allora conforme al volere degli dèi.

44 B 14 [B 181]. CLEM. Strom. III 17 [II 203, 11 St.] ἄξιον δὲ καὶ τῆς Φιλολάου λέξεως μνημονεῦσαι˙ λέγει ὁ Πυθαγόρειος ὧδε˙
'μαρτυρέονται . . . τέθαπται.' PLATO Gorg. 493 A ἤδη του ἔγωγε καὶ ἤκουσα τῶν σοφῶν, ὡς νῦν
[I 413. 15 App.] ἡμεῖς τέθναμεν καὶ τὸ μὲν σῶμά ἐστιν ἡμῖν σῆμα, τῆς δὲ ψυχῆς τοῦτο ἐν ὧι αἱ ἐπιθυμίαι εἰσὶ τυγχάνει ὂν οἷον ἀναπείθεσθαι καὶ μεταπίπτειν ἄνω κάτω. καὶ τοῦτο ἄρα τις μυθολογῶν κομψὸς ἀνήρ, ἴσως Σικελός τις [31 B 115ff. ?] ἢ Ἰταλικός [Philolaos ?], παράγων τῶι ὀνόματι διὰ τὸ πιθανόν τε καὶ πειστικὸν ὠνόμασε πίθον, τοὺς δὲ ἀνοήτους ἀμυήτους, τῶν δ' ἀνοήτων τοῦτο τῆς ψυχῆς οὗ αἱ ἐπιθυμίαι [I 414. 1] εἰσί, τὸ ἀκόλαστον αὐτοῦ καὶ οὐ στεγανόν, ὡς τετρημένος εἴη πίθος, διὰ τὴν ἀπληστίαν ἀπεικάσας . . . καὶ φοροῖεν εἰς τὸν τετρημένον πίθον ὕδωρ ἑτέρωι τοιούτωι τετρημένωι κοσκίνωι. τὸ δὲ κόσκινον ἄρα λέγει, ὡς ἔφη ὁ πρὸς ἐμὲ λέγων, τὴν ψυχὴν εἶναι. Cratyl. 400 C [Orpheus 1 B 3]. Vgl. ATHEN. IV 157 C [I 414. 5 App.] Εὐξίθεος ὁ Πυθαγορικός . . . ὥς φησι Κλέαρχος ὁ Περιπατητικὸς ἐν δευτέρωι Βίων [fr. 2 FHG II 303] ἔλεγεν ἐνδεδέσθαι τῶι σώματι καὶ τῶι δεῦρο βίωι τὰς ἁπάντων ψυχὰς τιμωρίας χάριν, καὶ διείπασθαι τὸν θεὸν ὡς εἰ μὴ μενοῦσιν ἐπὶ τούτοις, ἕως ἂν ἑκὼν αὐτοὺς λύσηι, πλείοσι καὶ μείζοσιν ἐμπεσοῦνται τότε λύμαις. διὸ πάντας εὐλαβουμένους τὴν τῶν κυρίων ἀνάτασιν φοβεῖσθαι τοῦ ζῆν ἑκόντας [I 414. 10 App.] ἐκβῆναι μόνον τε τὸν ἐν τῶι γήραι θάνατον ἀσπασίως προσίεσθαι, πεπεισμένους τὴν ἀπόλυσιν τῆς ψυχῆς μετὰ τῆς τῶν κυρίων γίγνεσθαι γνώμης.
μαρτυρέονται δὲ καὶ οἱ παλαιοὶ θεολόγοι τε καὶ μάντιες, ὡς διά τινας τιμωρίας ἁ ψυχὰ τῶι σώματι συνέζευκται καὶ καθάπερ ἐν σάματι τούτωι τέθαπται.